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"Un'idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea."

Oscar Wilde
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 10/05/2007 @ 23:14:59, in Commentario 2007, linkato 1373 volte)
Il Presidente della Repubblica Francese neoeletto ha entusiasmato i suoi sostenitori richiamando il ruolo storico della Francia nella difesa dei Diritti dell'Uomo. In particolare Sarkozy ha promesso un impegno per la difesa delle donne oppresse nel mondo. In ciò potrebbe sembrare che il nuovo Presidente francese si stia accodando alla propaganda americana, in realtà sta rivendicando una sorta di diritto d'autore.
Anche se i vari colonialismi sono in competizione tra loro, il colonialismo dal punto di vista ideologico costituisce storicamente un fenomeno unico.
La propaganda colonialistica francese ha sempre svolto un ruolo di sostegno al colonialismo "occidentale" in genere, spesso dando una mano preziosa al colonialismo degli altri. Mentre lo scrittore inglese Rudyard Kipling si faceva ridere dietro già ai suoi tempi con la storiella del "fardello dell'uomo bianco", era invece un autore francese con la fama di progressista, Jules Verne, ad offrire al mondo una immagine gradevole ed accettabile del colonialismo britannico.
Nel romanzo "Il giro del mondo in ottanta giorni", Verne manda il suo protagonista, il gentiluomo inglese Phileas Fogg, a salvare una vedova indiana destinata al rogo. Fogg si trova lì per puro caso, per una scommessa con degli amici, non ha manifestato alcuna intenzione di fare il colonialista, sono state le circostanze ed il suo senso di umanità ad obbligarlo.
Come ai tempi di Verne, il vero colonialismo si fa per caso, ed anche la missione civilizzatrice che il colonialismo svolge, non la assume per arroganza, ma a causa di eventi che gliene danno l'investitura. In questi ultimi anni la propaganda colonialistica americana ha preteso di fare a meno dell'apporto del talento propagandistico del colonialismo francese, con il risultato che l'immagine degli Stati Uniti è giunta al livello più basso della sua storia.
Bush ha dimenticato che l'America Terra della Libertà non è altro che una invenzione della propaganda francese. Persino la statua della Libertà che domina il porto di New York fu un regalo della Francia rivoluzionaria ai neonati Stati Uniti.
Durante la Prima Guerra Mondiale, fu inoltre la propaganda francese a convincere il mondo che gli Stati Uniti intervenivano nella guerra per puro idealismo. Ma la dipendenza del mito americano dalla propaganda francese costituisce un dato anche recente. Negli anni '80 il Presidente americano Ronald Reagan poté presentare l'Unione Sovietica come l'Impero del Male soltanto grazie al terreno che gli era stato preparato dai cosiddetti Nuovi Filosofi francesi, che avevano trasformato l'anticomunismo in un dato culturale non solo accettabile, ma persino alla moda.
In quegli anni i propagandisti del KGB si affannavano a spiegare che i soldati sovietici si trovavano in Afghanistan per salvare le donne afgane dal burka, ma ciò non commosse nessuno proprio a causa del filtro che fu opposto dalla propaganda anticomunista francese. Le prime clamorose conversioni di comunisti di prestigio all'anticomunismo avvennero in Francia, come, ad esempio, l'attore e cantante Yves Montand.
Del resto un personaggio impresentabile come Reagan fu digerito in Europa, e persino considerato un grande Presidente, proprio in conseguenza della mediazione operata da molti intellettuali francesi.
Quindi, se le parole dell'attuale Presidente francese sono davvero programmatiche e non di semplice circostanza, allora dobbiamo aspettarci di qui a poco un rilancio dell'immagine americana, ed un nuovo filo-americanismo che sostituisca quello attuale che è tanto screditato.
10 maggio 2007
 
Di comidad (del 03/05/2007 @ 23:12:36, in Commentario 2007, linkato 1224 volte)
Tutto può essere trasformato in emergenza, soprattutto ciò che è normale e prevedibile. È ciò che sta accadendo ora con l'allarme per le secche del Po, che sarebbero il segnale di una siccità catastrofica che incomberebbe sul Nord Italia, una siccità che costituirebbe solo un aspetto della planetaria emergenza idrica. Lo sbocco pratico di tutta questa emergenza già è noto: la trasformazione dell'acqua in merce dal prezzo crescente, la cui gestione va affidata ad imprese private o, meglio ancora, multinazionali. Le cicliche secche del Po vengono così strumentalizzate in questa prospettiva affaristica.
Nonostante l'esistenza di un fiume così lungo, l'Italia non ha mai avuto una vera marina fluviale, e ciò perché la lunghezza del Po è puramente illusoria, data la presenza di secche che impediscono una navigazione regolare. Come era spiegato una volta sui libri di scuola elementare, pare che sia proprio questa alternanza tra secche e inondazioni che ha consentito ai detriti alpini trasportati dal Po di formare nel corso di milioni di anni la Pianura Padana, laddove prima era una golfo. Ma questa funzione geologica ha anche impedito storicamente al Po di essere utilizzato come via di comunicazione.
Il progetto di rendere il Po navigabile è stato però affacciato negli ultimi secoli e, particolarmente, dall'unità d'Italia in poi. Un Po navigabile consentirebbe di collegarlo all'Adriatico, quindi di spostare la gran parte del traffico merci dalle strade al mare, e sarebbe anche l'occasione per un riassetto idrogeologico su grande scala. Sarebbe un'idea molto ecologica, il progetto per una comunità ed una generazione che affrontino il rapporto con il territorio in termini prospettici, ma appunto per questo un progetto poco interessante per l'affarismo.
Spesso gli ambientalisti cadono nella trappola della propaganda emergenziale, perché vi vedono comunque un modo per educare l'opinione pubblica ad avere una sensibilità ambientale. In realtà l'ecologismo emergenziale è il contrario dell'ecologia, cioè del rapporto con le specificità dei vari ecosistemi. Ogni ambientalista dovrebbe essere diffidente verso i ricatti emergenziali e le annesse suggestioni religiose (ad esempio il mito di "Gaia"), che fanno perdere il senso delle distinzioni e delle specificità dei problemi ecologici. Questa diffidenza è necessaria perché la propaganda affaristica può utilizzare la stessa astrattezza comunicativa per imporre una volta il ricatto della emergenza ecologica, così come un'altra volta il ricatto dell'emergenza progresso.
Chi, ad esempio, si oppone alla TAV viene additato come nemico della modernizzazione, gli viene rinfacciata la diffusione dei treni ad alta velocità in altri Paesi come la Francia, e così via. In questa propaganda astratta, è ancora una volta la specificità dell'ecosistema italiano che viene messa da parte.
Che senso potrebbe mai avere l'affrontare i costi per un'alta velocità che, a causa della conformazione orografica italiana, potrebbe esprimersi solo su tratti brevissimi? Che senso ha paragonare Paesi che hanno vaste estensioni pianeggianti con Paesi, come l'Italia, che hanno un territorio composto al settanta per cento di montagne?
Ha senso soltanto in una prospettiva affaristica e colonialistica.
È evidente che esistono anche produzioni, come l'energia nucleare, per le quali non c'è eco-compatibilità che tenga, ma ciò dimostra appunto che l'ecologia non può costituire una dottrina politica in sé, poiché esistono questioni e conflitti che attengono direttamente la gerarchia sociale.
La propaganda affaristica presenta tutte le diversità in termini di superiorità o di inferiorità, quindi di razzismo e colonialismo. Sì può essere solo superiori o inferiori rispetto a un altro, non semplicemente diversi, perché è sulla gerarchizzazione che può insediarsi lo sfruttamento.
Ogni volta che ci viene prospettata una nuova emergenza, occorre riandare con la memoria alle emergenze che l'hanno preceduta. Che fine ha fatto, ad esempio, l'emergenza dell'influenza aviaria, durante la quale vennero trattati come terroristi coloro che allevavano galline sui balconi?
Quell'emergenza ebbe addirittura avalli ufficiali molto prestigiosi, come quelli dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che, purtroppo, in quell'occasione si è dimostrata ancora una volta uno strumento delle multinazionali farmaceutiche.
3 maggio 2007
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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