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"L'elettoralismo risulta così euforizzante perché è una forma di pornografia, attiene cioè al desiderio puro, magari con quella dose di squallore che serve a conferire un alone di realismo alla rappresentazione. Ma i desideri, i programmi e le promesse elettorali non sono la realtà, che è invece scandita dalle emergenze. L'emergenza determina un fatto compiuto che azzera ogni impegno precedente, ed a cui ogni altra istanza va sacrificata, come ad un Moloc. Carl Schmitt diceva che è sovrano chi può decidere sullo stato di eccezione. Ma nella democrazia occidentale vige uno stato di emergenza cronica, cioè uno stato di eccezione permanente, l'eccezione diventa la regola."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 27/09/2007 @ 23:15:44, in Commentario 2007, linkato 1346 volte)
Il tentativo israeliano di genocidio nei confronti della popolazione di Gaza viene operato nel complice silenzio dei media ufficiali, un silenzio messo in maggior rilievo dal fatto che su internet circola una massa di informazioni a riguardo. La maggior parte di queste informazioni proviene dall'interno della stessa Israele, come espressione di un'opposizione crescente alla politica del genocidio.
Certamente tutto questo è consentito dal fatto che internet ha rotto il monopolio dei media ufficiali, ma sarebbe un errore ridurre il tutto ad una questione di nuove frontiere della democrazia telematica. Internet è un grande moltiplicatore, ma l'esperienza dimostra che può essere utilizzato anche per moltiplicare la mistificazione, come nel caso di Roberto Saviano, nel quale un ben orchestrato "tamtam" sulla rete ha determinato un'illusione di spontaneità, che ha impedito a molti di accorgersi che "Gomorra" era un'operazione-best seller gestita da una casa editrice delle dimensioni di Mondadori.
Quindi, senza misconoscere l'importanza di internet nell'informazione alternativa, occorre vedere che c'è qualcos'altro. In Israele, ad esempio, è sempre esistito un dissenso interno contro la politica criminale dei vari governi, ma sta di fatto che oggi questo dissenso non vive più nell'isolamento morale di una volta, ma riscuote una diversa attenzione. Anche le persone più intossicate dalla propaganda non possono sottrarsi dal fare i confronti più ovvi. Prima della colonizzazione statunitense, il sionismo non si limitava ad esagerare e mistificare la minaccia araba, ma puntava anche sulla solidarietà interna, in modo che il senso comunitario ed il senso di accerchiamento si alimentassero a vicenda. Ora qualsiasi israeliano può invece osservare come nella povertà e precarietà in cui sono ridotte, le popolazioni arabe riescono a trattare i loro anziani molto meglio di quanto non faccia lo Stato israeliano con i propri pensionati. Negli ultimi anni Gaza è divenuta per Israele anche un imbarazzante modello di welfare, che stride con il modo in cui ormai la società israeliana tratta i propri poveri e i propri svantaggiati.
La propaganda ufficiale sul terrorismo si è trovata spesso di fronte a questi sconcertanti confronti con la realtà. Mentre il Libano era bombardato da Israele, i cittadini americani erano bombardati da una propaganda sulla malvagità di Hezbollah, ma anche qui i paragoni sono stati poi inevitabili. Hezbollah ha usato il denaro iraniano per aiutare le vittime delle bombe israeliane e finanziare la ricostruzione; ma, mentre quelle bombe ancora cadevano, Rumsfeld si era rifiutato di rimpatriare a spese del governo i turisti americani rimasti intrappolati in Libano - come invece stavano facendo tutti i governi europei -, e ha offerto a quei turisti in pericolo la possibilità di farsi prestare a interesse i soldi necessari per fuggire, ovviamente a tassi da strozzo.
Il punto è che nessuna fantasia propagandistica sulla malvagità dei terroristi, riesce ad eguagliare ciò che fa oggi il gruppo dirigente statunitense. In questi ultimi tempi è nata una linea editoriale tendente a screditare e ridicolizzare le tesi "complottiste" sull'11 settembre, ma qualsiasi confutazione tecnica e qualsiasi psichiatrizzazione del cosiddetto "complottismo" deve arrendersi di fronte all'evidenza del fatto che il governo statunitense è pronto a considerare la propria popolazione come una qualsiasi altra "entità ostile".
Molti abitanti di New Orleans sono convinti che sia stato il governo, e non l'uragano Kathrina, a far saltare le dighe e provocare l'inondazione della città, e ciò non in base a considerazioni tecniche - che possono essere rigirate come si vuole -, ma per il modo in cui il governo si è comportato dopo la sciagura. Chi è stato capace di tenere un comportamento così affaristico-criminale dopo l'inondazione, poteva compiere crimini analoghi anche prima.
I complotti possono esser anche improbabili, ma comunque non sono impossibili quando dietro vi sia la potenza di un governo, e soltanto un anticomplottismo dogmatico e pregiudiziale può impedire di pensare che dei palesi criminali si siano comportati da criminali.
La dottrina "Neocons" ha enfatizzato la potenza della propaganda, sino a pensare che il colonialismo statunitense potesse rimpiazzare il nemico vero - l'URSS - , con un nemico fittizio: l'Islam. La potenza della propaganda è enorme ed è in grado di creare anche nemici fittizi, ma comunque a patto di comportarsi come che se questi nemici esistessero davvero. Nessun governo che credesse seriamente all'esistenza del pericolo islamico, potrebbe mai comportarsi come sta facendo il governo statunitense ora.
Quando nel 1964 il presidente Johnson decise di intensificare la presenza militare americana in Vietnam, al tempo stesso fu costretto a concedere qualcosa nel senso della legislazione antisegregazionista e dello Stato sociale. Johnson sapeva di dover affrontare un nemico vero e ciò gli consigliava prudenza. L'imprudenza e l'impudenza di Bush indicano invece che egli non teme realmente il nemico, perché questo nemico - il terrorismo islamico "globale" - non esiste.
Anche qui c'è una sorta di propaganda di supporto, che tende a spiegare tutte le incongruenze con l'imbecillità di Bush e del suo entourage. Che Bush e molti dei suoi collaboratori siano degli imbecilli, è senz'altro possibile, ma l'idea che il gruppo dirigente statunitense sia composto solo da deficienti, costituisce una sorta di razzismo rovesciato e molto puerile.
27 settembre 2007
 
Di comidad (del 20/09/2007 @ 23:24:29, in Commentario 2007, linkato 1312 volte)
Il fatto che il gruppo dirigente della FIOM si sia dissociato dall'accordo governo-confederazioni sul "welfare", costituisce una svolta rilevante, che però va correttamente inquadrata. Sarebbe infatti ingenuo spiegare la scelta dei sindacalisti FIOM in base allo schema consueto della "pressione della base". La coscienza di classe del dirigente sindacale non è quella dell'operaio, e neppure quella del rappresentante di operai, ma è quella del ceto medio. Il dirigente sindacale vede se stesso come un "quadro" o come un funzionario, e in questa prospettiva investe in termini di carriera, perciò non esita a scontrarsi con la sua base e a tradirla se ritiene che i propri interessi siano in gioco.
Nel 1980 alla FIAT di Torino la spaccatura tra la dirigenza sindacale e la base operaia assunse toni drammatici, proprio perché la Marcia dei Quarantamila e l'offensiva propagandistica del padronato sui "ceti emergenti" costituirono un appello agli interessi di classe dei dirigenti sindacali. La Marcia dei Quarantamila fu in realtà una mistificazione, non aveva nessun valore emblematico dell'emergere di un nuovo ceto di quadri, e infatti la cassa integrazione alla FIAT colpì non solo operai, ma anche quadri intermedi.
Eppure la mistificazione funzionò poiché in quell'epoca c'erano ancora le condizioni per far credere che si preparasse una nuova stagione di protagonismo dei ceti medi. Molti burocrati sindacali poterono diventare burocrati di Stato, ed in genere il sindacato si è accreditato come veicolo di carrierismo nella pubblica amministrazione. Ma dopo trenta anni di neoliberismo, il ceto medio ha preso consapevolezza di essere a sua volta sotto attacco, e di trovarsi alle soglie della pauperizzazione e della esclusione sociale. Ad esempio, oggi i sindacati vengono chiamati a sottoscrivere e promuovere una privatizzazione della previdenza sociale che di fatto preclude ogni accesso di carriera nella previdenza pubblica per i dirigenti sindacali. Oggi l'INPS è diretto da ex sindacalisti, perciò se la previdenza pubblica viene meno, il carrierismo sindacale perde una delle sue mete principali.
L'aspetto più paradossale è che i dirigenti sindacali vengono chiamati dal governo a sottoscrivere accordi che vengono giustificati con la necessità di contenere la spesa pubblica, quando essi ormai sanno che sono proprio quegli accordi ad avere aggravato la voragine dei conti pubblici. Le privatizzazioni si sono in effetti rivelate molto più costose del previsto, perciò un servizio che costava dieci, oggi costa cento o mille, ciò a causa della catena degli appalti, subappalti e sub-subappalti a ditte private.
Oggi il "welfare" costituisce la grande menzogna, si fa credere che spesa pubblica e spesa sociale si identifichino, quando invece attualmente la spesa pubblica è egemonizzata soprattutto dai ceti affaristici organizzati nella Confindustria.
I dirigenti confederali sono pronti a proseguire sulla strada delle privatizzazioni perché tendono ad identificarsi direttamente con il ceto politico, ma i dirigenti delle singole federazioni capiscono bene che non ci sono posti di deputato, presidente di Regione o di sindaco per tutti.
In questo periodo la resistenza operaia può quindi avvantaggiarsi di conflitti interni al sistema di dominio e può trovare una sponda in parte della dirigenza sindacale, e soprattutto del ceto medio minacciato dal neoliberismo. Bisognerà però verificare la capacità dei dirigenti FIOM di reggere all'offensiva intimidatoria che li investirà. Il comitato centrale della FIOM è già stato accusato di atteggiamento conservatore e antistorico, il che prepara ovviamente provocazioni e accuse più gravi, soprattutto quella di complicità col terrorismo, che finisce per colpire, prima o poi, tutti i non allineati.
20 settembre 2007
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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