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"Propaganda e guerra psicologica sono concetti distinti, anche se non separabili. La funzione della guerra psicologica è di far crollare il morale del nemico, provocargli uno stato confusionale tale da abbassare le sue difese e la sua volontà di resistenza all’aggressione. La guerra psicologica ha raggiunto il suo scopo, quando l’aggressore viene percepito come un salvatore."

Comidad (2009)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 29/01/2009 @ 01:42:48, in Commentario 2009, linkato 1754 volte)
La firma dell’accordo con il governo per il nuovo modello contrattuale da parte di CISL e UIL, è stata salutata con toni trionfalistici, in quanto rappresenterebbe la fine del potere di veto della CGIL. In realtà il potere di veto della CGIL, ammesso che sia mai esistito, era già finito negli anni ’80, all’epoca del governo Craxi, con il taglio della scala mobile, che ebbe l’approvazione delle sole CISL e UIL. Con il secondo governo Berlusconi vi fu il cosiddetto “Patto per l’Italia”, anche questo con CISL e UIL e senza la CGIL. Da questo punto di vista non ci sono vere novità, semmai era inusitato che un segretario generale della UIL potesse celebrare una divisione tra organizzazioni sindacali come l’alba di una nuova e luminosa era.
Toni di così sfrenato compiacimento per l’emarginazione della CGIL non si erano usati neppure negli anni più aspri della guerra fredda, quando CISL e UIL indicavano, seppure con affettazione e ipocrisia, la divisione sindacale come un doloroso stato di necessità. La differenza con allora è che l’Unione Sovietica rappresentava sì una minaccia esagerata e strumentalizzata, ma costituiva comunque un avversario di una certa consistenza, con cui fare i conti, e che certo non si poteva controllare esclusivamente in base ai tempi ed alle scadenze della propaganda ufficiale. Il nemico attuale, il terrorismo, è invece una costruzione giudiziario-mediatica puramente fittizia, rispetto alla quale la propaganda ufficiale non deve subire nessun adattamento dettato da effettivi rapporti di forza.
Non è un caso che all’accordo sul nuovo modello contrattuale sia stata fatta corrispondere la sceneggiata del professor Pietro Ichino al processo contro le presunte nuove Brigate Rosse, dove si è costituito parte civile pur senza averne nessun titolo.
I titoli dei giornali hanno riportato la notizia di minacce rivolte dagli imputati al professore, con il seguito delle solite reazioni indignate da parte di esponenti politici, primo fra tutti Walter Veltroni, segretario del partito per il quale Ichino è stato eletto parlamentare.
Sennonché, leggendo gli articoli, si scopre che da parte degli imputati non vi sono state né minacce né insulti, ma solo ordinate manifestazioni di dissenso; anzi è stata avanzata da uno di loro un’obiezione che consiste in una oggettiva constatazione, e cioè che Ichino ha costruito le sue fortune criminalizzando i lavoratori. Procedendo nella lettura degli articoli si scopre poi che, in realtà, Ichino si è minacciato da solo, dato che la frase riportata dai titoli dei giornali con tanta enfasi - “Chi tocca lo Statuto dei Lavoratori muore” -, non è stata pronunciata da nessuno dei cosiddetti brigatisti, ma proprio dallo stesso Ichino.
A paragone con l’attuale situazione giudiziaria in Italia, c’è ormai di che far passare persino Torquemada per un garantista, poiché assistiamo al sequestro di cittadini che sono non solo processati per accuse che non si è in grado di provare, ma che vengono anche esposti alla gogna, e per opinioni neppure espresse da loro. La violazione dei diritti e della dignità degli imputati, come tutta la messinscena giudiziaria, avevano quindi un preciso scopo, cioè associare nella mente dell’opinione pubblica lo Statuto dei Lavoratori al terrorismo, per cui è terrorista o loro complice chiunque difenda lo Statuto dei Lavoratori. L’intimidazione nei confronti della CGIL non poteva esser più palese, e sono già cominciati i ricatti da parte di Veltroni per indurla ad accettare l’accordo; cosa che non dovrebbe risultare difficile, data la storica incapacità del gruppo dirigente della CGIL di reggere a questo tipo di accerchiamenti.
Non sorprende perciò che il segretario generale della UIL possa esibire tanta sicumera, dato che, in caso di bisogno, non ha altro da fare che imitare Ichino, cioè minacciarsi da sé, per poter immediatamente raccogliere una messe di solidarietà e di elogi. I segretari generali della UIL sono personaggi anonimi, di cui nessuno sa o si ricorda il nome o la faccia, ma, con qualche auto-minaccia terroristica, anche per loro ci potrà essere un panegirico sulla prima pagina di “La Repubblica”, un panegirico pari a quello che si è meritato Ichino.
Anche per il segretario della UIL sarà riservata una scorta, dato che la scorta oggi non costituisce più un semplice status symbol, ma un vero segno di santità, come le stimmate di Padre Pio. Come le stimmate, però, anche la scorta fa soffrire chi può esibirla, ed infatti Ichino ha intrattenuto la stampa narrando del dolore che questa condizione di scortato gli comporta.
Ichino ha le sue ragioni, poiché lo Stato, in effetti, gli ha dato la scorta non per proteggerlo, ma per tenerlo in ostaggio, pronto a sacrificarlo se ciò dovesse servire ad esasperare la pseudo-emergenza terroristica. Uno Stato così affamato di terrorismo - che costituisce per esso l’alibi/pretesto/giustificazione universale ed onnicomprensiva per ogni suo crimine affaristico -, può essere tentato di sacrificare i suoi servi. D’altra parte inconvenienti del genere fanno parte del gioco e dei privilegi che Ichino ha accettato, quando ha assunto il ruolo ufficiale di pubblico accusatore del pubblico impiego al fine di privatizzarlo. Altri invece vengono sacrificati senza aver accettato nessun gioco e senza accedere a nessun privilegio.
 
Di comidad (del 22/01/2009 @ 01:47:23, in Commentario 2009, linkato 1270 volte)
La lettera del presidente della Repubblica Napolitano al presidente brasiliano Lula, in cui esprimeva “stupore e rammarico” per la decisione del governo brasiliano di concedere a Cesare Battisti lo status di rifugiato politico, non deve ingannare per l’apparente pacatezza dei toni. La lettera rientra infatti in una linea di drammatizzazione artificiosa degli eventi di cui spesso Napolitano ha dato esempio, e non a caso la lettera stessa ha fornito l’appiglio per dichiarazioni arroganti e minacciose verso il Brasile di alcun esponenti governativi della ex-AN e della Lega Nord.
La scompostezza delle reazioni ricorda un caso avvenuto esattamente dieci anni fa, in cui l’Italia si trovò però a ruoli invertiti. Nel 1999 il governo di allora, presieduto da D’Alema, dovette affrontare le proteste minacciose del governo turco di fronte alla prospettiva che l’Italia concedesse asilo politico al guerrigliero kurdo Abdullah Ocalan. La reazione aggressiva del governo turco aveva però motivazioni comprensibili, per quanto ignobili. La questione kurda non soltanto rappresenta una minaccia alla stessa legittimità dello Stato Turco, ma mette in evidenza anche una serie di contraddizioni della politica del sedicente Occidente nei confronti del cosiddetto terrorismo.
Ocalan era definito “terrorista” dai media euro-americani poiché agiva all’interno del territorio turco, ma se avesse operato appena qualche chilometro più in là, oltre il confine con l’Iraq, allora la propaganda “occidentale” lo avrebbe considerato un eroico combattente della libertà contro la tirannia genocida di Saddam Hussein. Contro l’evidenza, il governo turco fece ricorso a tutta la sua arroganza per riportare l’Italia ai suoi obblighi di alleato. D’Alema dovette quindi sottostare ancora una volta alla disciplina della NATO, e costringere Ocalan ad espatriare per farsi arrestare in Kenia.
Nella vicenda odierna, se c’era qualcuno che aveva interesse a mantenere la vicenda nell’ambito di un basso profilo, questo era invece proprio il governo italiano. Era prevedibile infatti che il “fumus persecutionis” che emana dalle accuse di terrorismo della magistratura italiana contro Battisti, avrebbe potuto spingere il governo brasiliano a cogliere la palla al balzo per assumere, a basso costo, l’alone di difensore dei deboli. Lula deve quotidianamente sopportare il confronto con le audaci prese di posizione del suo omologo venezuelano, Chavez, e perciò difficilmente avrebbe potuto giustificare un atteggiamento accondiscendente nei confronti di un’Italia che oggi viene identificata nel mondo con l’immagine avvilente di Berlusconi.
Napolitano ha colto invece, per l’ennesima volta, l’occasione per attestarsi a portabandiera dei luoghi comuni più reazionari, questi stessi luoghi comuni che la destra agita in continuazione per creare un clima di incombente regolamento di conti con la sinistra. I cosiddetti “anni di piombo” vengono presentati come l’effetto dell’azione folle di settori della sinistra, con i quali la sinistra nel suo complesso risulterebbe moralmente complice, se non altro per le comuni radici culturali.
Curiosamente, tale dottrina trova i suoi maggiori teorici proprio a “sinistra” e non solo in quella “moderata“ di Napolitano, ma anche in quella “radicale”. È stata infatti Rossana Rossanda ad escogitare la formula secondo cui il terrorismo farebbe parte dell’ “album di famiglia” della sinistra, ed è stata la stessa Rossanda a darsi da fare per screditare ogni ipotesi di uso del lotta-armatismo da parte dello Stato. Una ricostruzione del genere può essere sostenuta solo a condizione di accettare l’immagine irrealistica di uno Stato docile, inerme e passivo di fronte ad un attacco terroristico forte del suo fanatismo.
Ne vengono fuori dei paradossi incredibili: da un lato si celebra la figura del commissario Calabresi come esempio luminoso di servitore dello Stato, dall’altro lato si vuol far credere che quattro spiantati di Lotta Continua - che egli conosceva benissimo - gli facessero la posta sotto casa per settimane senza che se ne accorgesse. Quindi si fa fare la figura del cialtrone a lui, ed anche ai suoi colleghi che non lo avrebbero protetto, nonostante che si pretenda che in quel periodo vi fosse un clima minaccioso verso Calabresi.
Terroristi che si inventano una guerra che non c’era, e vanno a colpire alla cieca: è questa la versione dei fatti di quegli anni sostenuta da Nanni Moretti nel 1995, in una conferenza stampa per presentare un film sulle vittime del terrorismo da lui prodotto e interpretato, “La Seconda Volta”. Una “sinistra” che accredita l’idea che al suo interno sia potuto sorgere un tale gratuito concentrato di malvagità/stupidità, sta fornendo alla destra non solo un utile delirio propagandistico, ma anche l’alibi di doversi difendere da una minaccia costante di guerra civile.
Il problema è che la ex-sinistra cerca la sua ragion d’essere nel farsi perdonare di essere stata sinistra, diventando così più realista del re, più forcaiola e razzista della destra, perciò costituisce davvero una minaccia.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


09/10/2024 @ 23:21:58
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