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"L'elettoralismo risulta così euforizzante perché è una forma di pornografia, attiene cioè al desiderio puro, magari con quella dose di squallore che serve a conferire un alone di realismo alla rappresentazione. Ma i desideri, i programmi e le promesse elettorali non sono la realtà, che è invece scandita dalle emergenze. L'emergenza determina un fatto compiuto che azzera ogni impegno precedente, ed a cui ogni altra istanza va sacrificata, come ad un Moloc. Carl Schmitt diceva che è sovrano chi può decidere sullo stato di eccezione. Ma nella democrazia occidentale vige uno stato di emergenza cronica, cioè uno stato di eccezione permanente, l'eccezione diventa la regola."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 23/02/2012 @ 01:32:10, in Commentario 2012, linkato 2402 volte)
Il ministro Fornero continua sulla linea delle provocazioni propagandistiche già seguita dal suo predecessore Sacconi. Il nuovo ministro del Lavoro e del Welfare vuole addirittura accreditarsi sui media come icona femminista, ed è riuscita ad aprire una disputa su una di quelle questioni che possono cambiarti la vita: se si debba dire "la Fornero", o "Fornero", oppure "il Fornero". Nel frattempo il ministro "femminista" lancia altri siluri contro l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ed è significativo che nessun commentatore abbia notato come l'affossare il licenziamento per giusta causa esporrebbe ancora di più le donne a ricatti sessuali sul luogo di lavoro.
La propaganda del ministro Fornero non si limita a giocare sul futile, ma esplora arditamente i territori del demenziale, parlando dell'articolo 18 come un "tabù". Non solo icona femminista, anche campionessa del libero pensiero. Ma l'articolo 18 concerne la dignità umana, e la dignità umana non è un precetto che ci sia stato calato dal cielo, bensì una convenzione umana, cioè un tabù. Ognuno si sceglie i suoi tabù: c'è chi preferisce la dignità umana, e chi invece il pareggio di bilancio.
D'altra parte, il futile seduce solo i futili, ed il demenziale affascina solo i dementi (vedi Veltroni). Non è questa perciò la propaganda più insidiosa, semmai quella che adopera strumentalmente frammenti di verità. Persino un Tremonti si può far bello di qualche sprazzo di verità, e dirci ogni tanto che i banchieri fanno le rapine e che i politici, ed anche i mitici "imprenditori", in realtà sono nella loro gran parte dei lobbisti delle banche. Ma una verità incompleta può essere fuorviante quanto una menzogna. Non esiste infatti un potere della finanza in quanto tale, una finanza che sia separabile o distinguibile dal potere militare.
Allorché si giungesse ad una "riforma" del diritto del lavoro, sarebbe finalmente evidente a tutti il motivo per il quale il lobbismo delle banche impone l'instabilità istituzionalizzata del posto di lavoro. Infatti le formule del tipo "flexsecurity" fanno sì che il lavoratore abbia come unico riferimento stabile una carta di credito obbligatoria, per la quale devono passare sia il salario che le indennità di disoccupazione. Quindi lo Stato potrebbe appaltare alle banche questo "servizio". Un Welfare a beneficio delle banche.
Ma le banche avrebbero il potere di imporre la "riforma" del diritto del lavoro, se questa "riforma" non fosse già stata decisa in sede NATO?
Ce lo rivelano infatti sul sito del Consiglio Atlantico, l'organo direttivo della NATO: per salvare l'Europa, l'Italia deve sfidare la propria storia, quindi attuare tagli di bilancio e "riformare" lavoro e pensioni.
Anche le pensioni italiane sono infatti nel mirino della NATO, che ci fa sapere che, in base ad uno studio di Deutsche Bank, il sistema previdenziale italiano oggi costerebbe il 16% del PIL. Inutile precisare che Deutsche Bank co-presiede il Business and Economics Advisors Group del Consiglio Atlantico (di cui fa parte anche Mario Monti), ed inoltre è direttamente interessata al business della previdenza privata. Quindi se la suonano e se la cantano tutta fra di loro. [1]
Parlare di banche senza riferimenti all'intreccio militar-finanziario, cioè senza nominare la NATO, può diventare anche questo un diversivo. L'articolo 2 del Patto Atlantico parla esplicitamente di integrazione economica tra i membri dell'alleanza; inoltre, per quanto concerne la direzione economica, la Nato non si affida semplicemente al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale, all'Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO) ed all'Unione Europea, ma integra queste istituzioni all'interno della propria organizzazione. Insomma, la NATO come tempio del lobbismo delle banche. La NATO dispone inoltre di specifici organismi di direzione economico-finanziaria: non solo il Business and Economics Advisors Group del Consiglio Atlantico, ma anche il Committee on Economics and Security. [2]
La NATO non soltanto riconosce il disastro economico-finanziario in corso, ma ci sguazza, ne fa il piatto forte della propria guerra psicologica. Secondo i documenti di discussione interna della NATO, l'Europa è fallita e deve cambiare, deve diventare "altro". Del resto, almeno un riferimento sicuro l'Europa ce l'ha, ed è la NATO. Meno male, altrimenti come farebbero i poveri Europei? [3]
Non c'è sostanziale differenza tra la propaganda sull'Europa e quella che riguarda l'Afghanistan. Secondo il sito della NATO, l'esperienza dell'occupazione dell'Afghanistan si è risolta in dieci anni di fallimenti. Ma la tempesta retorica dei fallimenti conduce ad unico porto sicuro: proprio perché la situazione afgana è allo sbando, la NATO tanto più deve rimanerci. Altrimenti come farebbero i poveri Afgani? [4]
Lo schema coloniale dell'afganizzazione può ripetersi all'infinito. Amnesty International (c'è ancora chi la prende sul serio) ci fa sapere che oggi la Libia è un inferno di soprusi e di torture in cui spadroneggiano le milizie. Ancora mezze verità che vengono usate per veicolare menzogne intere.
Ma quali sono i rapporti tra Amnesty International e la NATO? Un uomo come Zbigniew Brzezinski, che nella NATO ha ricoperto tutti gli incarichi possibili, è stato anche consigliere di amministrazione di Amnesty International. [5]
Lo scopo di queste rivelazioni di Amnesty International è infatti quello di propinare la consueta litania finto-autocritica: la NATO avrà anche combinato un guaio ad intervenire in Libia, ma adesso ha la responsabilità di non abbandonare i Libici al loro destino. La NATO sbaglia per eccesso di bontà, ma la NATO ha sempre ragione, ed ha tanta più ragione quanto più ha sbagliato.
In realtà la NATO non ha sbagliato nulla, dato che il piano era proprio di afganizzare la Libia. Infatti truppe britanniche, dei reparti scelti delle SAS, erano in Libia già da almeno due settimane prima della risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che autorizzava la "no fly zone", e che ha aperto la strada all'aggressione ufficiale della NATO. Secondo la BBC, truppe SAS erano state catturate per errore a Bengasi da milizie anti-Gheddafi nei primi giorni di marzo dello scorso anno. Se le SAS erano state catturate per errore, allora non erano truppe composte di britannici facilmente riconoscibili, ma si trattava di truppe di colore. Quindi, in questi giorni in Libia, quali sono le milizie e quali sono le truppe NATO in incognito?
A questo punto è lecito domandarsi anche chi sia stato veramente ad uccidere Gheddafi? I "ribelli" o le SAS? [6]
Lo schema dell'afganizzazione si sta ripetendo in queste ore in Siria, dove è stata segnalata da un sito israeliano la presenza di truppe della Gran Bretagna e del Paese arabo integrato nella NATO, il Qatar. [7]

[1] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.acus.org/new_atlanticist/save-europe-italy-must-defy-its-history&ei=DbguT5CSM-vP4QTqpLSODg&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=2&ved=0CD8Q7gEwAQ&prev=/search%3Fq%3Datlantic%2Bcouncil%2Bitaly%26hl%3Dit%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26biw%3D960%26bih%3D507%26prmd%3Dimvns
[2] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.nato-pa.int/Default.asp%3FSHORTCUT%3D146&ei=f4ElT_OELciH4gTb6fn5DA&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=1&ved=0CC4Q7gEwAA&prev=/search%3Fq%3Dnato%2Beconomics%2Band%2Bsecurity%2Bcommittee%26hl%3Dit%26rlz%3D1R2ACAW_it%26prmd%3Dimvns
[3] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.acus.org/new_atlanticist/we-are-all-europeans-now&ei=DrouT8KnEISH4gT7hfitDg&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=7&ved=0CF0Q7gEwBg&prev=/search%3Fq%3Dacus%2Blabor%2Bmarket%26hl%3Dit%26sa%3DX%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26nfpr%3D1%26biw%3D960%26bih%3D507%26prmd%3Dimvns
[4] http://www.nato.int/docu/review/2011/Afghanistan-2011/Afghanistan-missed-opportunities/IT/index.htm
[5] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.aeispeakers.com/Brzezinski-Zbigniew.htm&ei=xtZDT8jBKLOP4gTVv9XFCA&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=3&ved=0CD8Q7gEwAg&prev=/search%3Fq%3Damnesty%2Binternational%2Bbrzezinski%26hl%3Dit%26sa%3DX%26rlz%3D1W1ACAW_itIT338%26biw%3D960%26bih%3D507%26prmd%3Dimvns
[6] http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-12658054
[7] http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://www.debka.com/article/21718/
 
Di comidad (del 16/02/2012 @ 01:10:28, in Commentario 2012, linkato 2612 volte)
Il termine “lobby” è usato di solito dai media come epiteto mistificatorio nei confronti di categorie deboli, del tipo dei pensionati o dei tassisti. In ambito accademico "bocconiano", non manca però chi cerca di far passare il lobbying dei potentati affaristici come una risorsa per la democrazia e per la crescita; ciò a dimostrazione del fatto che l’unica materia prima davvero inesauribile è la faccia tosta.[1]
Per fortuna esistono anche ricerche serie sul lobbying reale. Un ottimo articolo di qualche tempo fa sul giornale on-line "Linkiesta", ha illustrato la mappa europea del lobbying bancario a Bruxelles: la rete organizzativa, le agenzie e le sedi istituzionali soggette a pressione affaristica.[2]
Grazie a questo articolo si viene a sapere che esistono persino scuole di lobbying, come l'European Training Institute, in cui si imparano le tecniche per far vedere il mondo attraverso il filtro esclusivo degli interessi affaristici.[3]
La ricerca su Linkiesta si conclude illustrando l'iniziativa di un politico francese: una ONG che faccia da osservatorio del mercato finanziario, e che costituisca un contraltare alle agenzie di lobbying delle banche. Ma affidare le proprie sorti ad una Organizzazione Non Governativa risulta quantomeno illusorio. Le ONG sono da decenni uno strumento delle multinazionali, a cui serve ogni tanto un'organizzazione di copertura, cioè creare l'illusione di una faccia pulita dietro alla quale celare i propri affari più sordidi. Una denuncia a proposito della funzione mistificatoria delle ONG risale addirittura ad un film thriller del 1965, diretto da Edward Dmytryk, "Mirage".[4]
Il lobbying tende per sua natura ad invadere ed occupare tutti gli spazi che contano, ed ognuno che possa contare qualcosa viene prima o poi fatto oggetto di tentativo di reclutamento da parte del lobbying. Far parte di una rete di lobbying significa infatti avvantaggiarsi di una piattaforma di lancio per la carriera.
Il lobbying occulto ha ovviamente le sue ipocrisie, perciò l'appellativo ufficiale per indicare il lobbista mascherato è quello di "consulente" o di "advisor", e sono noti i casi di Romano Prodi, Gianni Letta e Mario Monti, tutti e tre "advisor" di Goldman Sachs; oppure di Giuliano Amato, "advisor" di Deutsche Bank. Un altro uomo di Deutsche Bank, Caio Koch-Weser, è addirittura co-presidente del Business and Economics Advisors Group del Consiglio Atlantico, l'organo dirigente della NATO. Si tratta dello stesso Business and Economics Advisors Group di cui fa parte anche Mario Monti, il quale riveste contemporaneamente incarichi di consulenza nel Consiglio Atlantico della NATO, in Goldman Sachs, nella Coca Cola e nell'agenzia di rating Moody's.[5]
L'alibi della "consulenza" è quindi una porta girevole che funziona a due sensi: consente agli uomini delle istituzioni di farsi agganciare dalle banche, ma permette anche ai banchieri di insediarsi direttamente nelle istituzioni in veste di consulenti. L'intreccio tra militarismo e finanza che si verifica all'interno della NATO, è certamente un matrimonio di convenienza, ma è soprattutto un'affinità elettiva.
L'arte del lobbying non consiste affatto nel modo di presentare un'offerta, bensì nella capacità di creare false domande, false esigenze, false emergenze; allo stesso modo in cui la pubblicità induce nei consumatori dei falsi bisogni. Il lobbying esprime perciò la sua massima efficacia quando è occulto, cioè intrecciato in modo inestricabile con le istituzioni, usando direttamente gli uomini delle istituzioni, e avvalendosi della copertura del segreto di Stato o del segreto militare.
Il militarismo diventa quindi lo strumento ideale del lobbying, e ciò non si limita al grande business delle armi e delle commesse militari. Una base militare può diventare infatti un’idrovora di denaro pubblico. Centotredici basi USA o NATO in Italia non hanno alcuna giustificazione di tipo strategico-militare, ma si spiegano come calamite di spesa pubblica, come modo di occupare un territorio e di assorbire le sue risorse.
L’aspetto interessante è che la spesa militare non figura ufficialmente come tale, ma come sviluppo del territorio, e va a carico degli enti locali. Proprio in queste settimane il governatore della Campania, Caldoro, sta reperendo altri fondi per completare le infrastrutture di supporto alla base NATO di Giugliano, la più grande del Sud d'Italia, e che svolgerà anche le funzioni di sede NATO per il Sud Europa.[6]
Sono anni che le risorse finanziarie della Regione Campania sono indirizzate allo scopo prioritario di foraggiare gli appalti per la base NATO di Giugliano, e si era cominciato già all'epoca del governatorato di Bassolino. [7]

[1] http://www.viasarfatti25.unibocconi.it/notizia.php?idArt=9380
[2] http://www.linkiesta.it/cosi-lobby-delle-banche-protegge-i-derivati-sporchi
[3] http://www.e-t-i.be/training_programmes.asp
[4] http://www.youtube.com/watch?v=to2xYmWnQAc
[5] http://www.acus.org/people/beag
[6] http://denaro.it/blog/2012/01/25/sede-nato-di-giugliano-via-alle-infrastrutture/
[7] http://archivio.denaro.it/VisArticolo.aspx/VisArticolo.aspx?IdArt=590839&KeyW
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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