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"La nozione di imperialismo americano non si deve intendere come dominio tout court degli Stati Uniti, ma come la guerra mondiale dei ricchi contro i poveri, nella quale gli USA costituiscono il riferimento ed il supporto ideologico-militare per gli affaristi e i reazionari di tutto il pianeta."

Comidad (2012)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 11/07/2013 @ 03:03:29, in Commentario 2013, linkato 2763 volte)
La cattiva gestione dei reperti archeologici di Pompei è stata motivo per l'agenzia ONU Unesco di minacciare il ritiro della qualifica di "Patrimonio Culturale dell'Umanità" per questa area. Per fortuna, un miliardario filantropo statunitense, David W. Packard, con la sua fondazione Packard Humanities Institute, è giunto in soccorso delle autorità italiane con progetti modello, come quello per Ercolano, diventando un interlocutore stabile del ministero dei Beni Culturali. La fondazione filantropica ha stabilito la sua sede proprio in Italia, a Pisa, per consentire un impegno continuativo. L'attività filantropica di Packard è stata celebrata con entusiasmo dal quotidiano "Il Sole-24 ore".
Packard, nel suo slancio filantropico, non si occupa però solo di Beni Culturali, ma anche di politica estera, sostenendo lo sforzo delle neonate democrazie dell'Europa dell'Est. Insomma, è nato un vero e proprio impero filantropico Packard, che si sta affiancando agli imperi, altrettanto benemeriti, di George Soros e di Bill Gates.
David Packard è il figlio di uno dei fondatori del colosso informatico HP. David Packard padre svolse anche la funzione di vicesegretario alla Difesa nell'Amministrazione Nixon. Il fatto che l'industria di Packard fosse uno dei maggiori fornitori della Difesa non impedì dunque al magnate di andare a servire il proprio Paese nella veste di viceministro, poiché, in quella civiltà superiore, neppure si pone la possibilità di un conflitto di interessi. Si potrebbe dire che è roba di quaranta anni fa, tanto più che Packard padre ha fatto improvvisamente mancare i suoi preziosi servigi al mondo nel 1996. Invece la HP, appena nel giugno scorso, ha ottenuto dal Pentagono due contratti miliardari, uno per l'Esercito e l'altro per la Marina, che la terranno impegnata almeno sino al 2018.
Risulta chiaro a chiunque che l'intento umanitario è sia nella produzione di armi che nella gestione delle aree di interesse culturale, poiché entrambe convergono a consolidare la pace e la democrazia; ma, in questo mondo infestato dalla mala pianta dei complottisti, qualcuno potrebbe sospettare che il filantropo Packard usi la sua fondazione come ulteriore strumento di occupazione di un territorio già disseminato di basi militari USA. Tali ingenerosi sospetti coinvolgono anche il ministero dei Beni Culturali, che sarebbe ormai talmente occupato dal lobbying delle ONG filantropiche, da essere diventato un'agenzia di privatizzazione strisciante delle aree archeologiche più prestigiose e turisticamente remunerative. La privatizzazione potrebbe essere presentata come inevitabile se si ponesse l'emergenza di un ritiro della qualifica di Patrimonio Culturale dell'Umanità da parte dell'Unesco.
In questo malaugurato caso però si potrebbe rimpiazzare Pompei riconoscendo il titolo di Patrimonio Culturale dell'Umanità al prefetto Gianni De Gennaro. Non si tratta di un volo pindarico, poiché effettivamente De Gennaro costituisce un'enciclopedia vivente dei meccanismi del potere: dalla polizia, al commissariato per l'emergenza rifiuti, alla direzione dei servizi segreti, poi la nomina a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, sino a diventare oggi un collega di Packard. Il Cursus Honorum di De Gennaro si è potuto realizzare in modo assolutamente trasversale agli schieramenti politici ed alle dinamiche dei partiti, a dimostrazione che queste furiose diatribe tra destra e "sinistra" costituiscono un semplice talk-show.
Appena diventato presidente della maggiore industria italiana degli armamenti, Finmeccanica, De Gennaro è stato oggetto degli strali degli sprovveduti, che si sono domandati cosa ci faccia un ex poliziotto, e poi supremo dirigente dei servizi segreti, a capo di un'industria degli armamenti; come se non fosse arcinoto alle cronache che i maggiori piazzisti di armi nel mondo sono proprio i servizi segreti. L'importante è che le cronache rimangano abbastanza generiche e sopravvengano a fatto compiuto, a meno di non voler fare la fine di Ilaria Alpi, eliminata per aver disturbato un affare di armi del SISMI in corso in Somalia. Senza rivangare troppo questi casi incresciosi, si può soltanto concludere che il fatto che il piazzista ora sia addirittura diventato presidente costituisce semplicemente un esempio di sana meritocrazia. Il quotidiano "Il Sole-24 ore" ha infatti celebrato anche la nomina di De Gennaro a presidente di Finmeccanica, osservando che sicuramente gioveranno all'azienda gli storici ed eccellenti rapporti dello stesso De Gennaro con gli Stati Uniti.
Che i rapporti di De Gennaro con gli USA siano ottimi, è provato dal fatto che egli sia l'unico straniero ad essere insignito con la massima onorificenza del Federal Bureau of Investigation. Ecco finalmente uno che potrà parlare con il Pentagono e con tutti i servizi segreti USA in piena familiarità.
I soliti complottisti sospettano persino che De Gennaro avesse a che fare con i servizi segreti ancor prima di diventarne ufficialmente dirigente. Il SISDE fu infatti presente a Genova nel 2001 durante il famigerato G8, diffondendo notizie allarmistiche su manifestanti che avrebbero avuto intenzione di usare i poliziotti come "scudi umani". Proprio il tipo di notizie utili a creare il clima per il massacro alla scuola Diaz. La informativa SISDE sugli "scudi umani" fu riportata a suo tempo da quel giornale indipendente e imparziale che è "La Repubblica".
Ma chi tira in ballo argomenti del genere, non ha considerato le sacrosante motivazioni della sentenza che ha scagionato De Gennaro da ogni addebito per i fatti della Diaz. Parrebbe infatti che tutto sia avvenuto alle spalle di De Gennaro, il quale, per eccesso di affabilità e gentilezza d'animo, aveva difficoltà a farsi obbedire e prendere sul serio dai suoi sottoposti. Insomma, non lo pensava nessuno.
Per consolare il meschino di tanta incomprensione, arrivò per lui nel 2008, da parte del Presidente del Consiglio Prodi, la nomina a commissario per l'emergenza rifiuti a Napoli. La nomina fece scandalizzare gli sprovveduti e gli invidiosi del merito altrui, i quali si domandarono cosa c'entrasse De Gennaro con la monnezza. Invece, probabilmente, i rapporti di De Gennaro con la monnezza erano storici. Forse già allora egli si occupava e preoccupava di questioni attinenti agli armamenti ed alle loro ricadute in termini di sostanze tossiche.
Un paio di mesi fa un parlamentare del M5S, tale Roberto Fico, ha proposto che i militari italiani siano ritirati dall'Afghanistan per venire a presidiare il territorio della Campania, in modo da impedire gli sversamenti illegali di rifiuti tossici da parte della camorra. Fa sempre piacere quando questi movimenti nati in odore di estremismo, riconoscono finalmente il ruolo prezioso per la Nazione svolto dalle nostre gloriose Forze Armate.
Evidentemente Fico pensa agli sversamenti legali di scorie attuati dai militari, come quello ripreso in un video dell'ottobre 2008 nella discarica di Chiaiano. Peccato che riprendere video del genere sia sempre più rischioso, poiché con la Legge 123/2008, le discariche sono state proclamate aree di interesse strategico nazionale, e quindi coperte da una fattispecie di segreto militare.
Come quella di Forrest Gump, anche la biografia di Gianni De Gennaro costituisce la luminosa dimostrazione che non esistono cospirazioni o associazioni a delinquere, ma che la vita è tutta un gioco di felici coincidenze. Infatti il caso vuole che faccia parte del gruppo Finmeccanica una delle più importanti aziende specializzate nel prelievo e nello smaltimento di scorie tossiche, cioè l'Ansaldo Nucleare. Le centrali nucleari stanno lì apposta ad insegnarci che economia ed affari sono cose non solo diverse, ma addirittura opposte: più un affare è lucroso, più sarà antieconomico. Infatti il vero e grande business delle centrali nucleari non consiste nel loro funzionamento, bensì nella loro dismissione, nel cosiddetto "decommissioning". Produrre energia nucleare non rende, mentre fa guadagnare moltissimo gestire la rimozione e lo smaltimento delle scorie radioattive.
Quanto può durare e quanto può costare il decommissioning di una centrale nucleare? La risposta è un segreto, sia segreto di Stato che segreto militare. "Segreto" va inteso nel modo corretto, non nel senso che le cose non si vengano a sapere, ma nel senso che non si deve rendere conto di nulla. Questa impunità legalizzata crea assuefazione nell'opinione pubblica, perciò viene percepita alla fine come innocenza; quindi, anche quando le evidenze sono a disposizione di tutti, si continua a non voler vedere e non voler sapere. Il fatto che De Gennaro sia assurto ai fasti della presidenza di Finmeccanica, conferma quanto già era evidente, e cioè che il rapporto tra questo gruppo industriale ed i servizi segreti è organico: si tratta di due facce della stessa medaglia. I soliti sospettosi potrebbero osservare che l'esistenza di un tale intreccio tra servizi e segreti e Finmeccanica andrebbe a liquidare l'ipotesi che l'attentato del maggio dello scorso anno all'amministratore delegato di Ansaldo Nucleare potesse essere alla portata dei due imputati attualmente sotto processo a Genova. Anzi, si porrebbero dubbi su tutta la formazione del meccanismo "probatorio". Tanto più che la Procura di Genova non ha potuto neppure contestare ai due imputati della presunta "Cellula Olga" il reato associativo, poiché l'articolo 416 del Codice Penale indica per questa specie di reato un minimo di tre persone organizzate fra loro.
Ma chi facesse obiezioni del genere, non terrebbe conto del fatto che il terrorismo è una categoria puramente morale, che sospende tutte le leggi della logica, della fisica e della biologia; il terrorismo è un mondo a parte, dove la cattiva intenzione rende possibile ogni cosa.
 
Le notizie di stampa sullo scandalo spionistico denominato "datagate", hanno determinato in Europa lo scatenarsi di ipocriti rituali di sorpresa e di indignazione. Tra le autorità europee la parola d'ordine è stata quella di cadere dalle nuvole, di dichiararsi stupefatti o "allibiti", come se l'attività spionistica a tutto campo della National Security Agency non fosse già arcinota. A Sigonella è persino in allestimento un mega-impianto di spionaggio elettronico, il MUOS, con il quale gli USA avranno il territorio europeo sotto un controllo ancora più capillare; ed è chiaro che si tratta non soltanto di spionaggio militare, ma anche nel settore industriale e finanziario, sino alla sfera dei vizi privati, utilissimo strumento di ricatto.
Ma ad indicare la serietà di queste recite in Europa, basterebbe anche solo il fatto che ci si è immediatamente dimenticati che lo scandalo spionistico aveva coinvolto poche settimane fa un Paese europeo, cioè il Regno Unito, il cui servizio segreto, MI6, nell'aprile del 2009 aveva allestito addirittura dei falsi internet cafè per spiare i diplomatici stranieri ospitati a Londra per il G20.
Se questo è il grado di memoria degli avvenimenti, si può facilmente prevedere che tutta questa bolla di indignazione verso gli USA svanirà molto presto, e ciò vale anche per le dure dichiarazioni di monito del commissario europeo Viviane Reding, che ha minacciato conseguenze sui negoziati tra USA e UE per il mercato transatlantico (indicato dall'acronimo TTIP) che dovrebbe andare in vigore dal 2015.
A riconferma dell'inattendibilità di certe reboanti dichiarazioni di dignità offesa, ci ha pensato anche il presidente francese Hollande, il quale, mentre chiedeva una sospensione ("temporanea", per carità!) dei negoziati per TTIP, poi si calava completamente le brache nei confronti degli USA, giungendo all'atto folle ed inaudito di negare lo scalo all'areo del presidente boliviano Morales, nell'ipotesi che questi portasse con sé il ricercato Snowden; un gesto ostile che non va solo contro ogni regola del diritto internazionale, ma anche contro il semplice buonsenso.
Le parole della Reding e di Hollande sono risultate interessanti soltanto per un motivo, e cioè che hanno segnalato l'esistenza e l'importanza di un negoziato transatlantico di cui l'opinione pubblica europea non sapeva assolutamente nulla. I primi accenni in pubblico vi sono stati all'ultimo G8 tenutosi il 17-18 giugno in Irlanda del Nord, tanto da consentire al nostro Enrico Letta di citare la questione del TTIP nella sua conferenza stampa. Un po' tardi per venircelo a dire, dato che i negoziati sul TTIP erano cominciati nel 2007, anche se il trattato finale dovrebbe essere ratificato entro il 2015.
La questione del mercato transatlantico però non era mai stata affrontata nel dibattito politico, e tantomeno nelle campagne elettorali, a conferma del fatto che la politica è il luogo del futile e dell'intrattenimento. Magari, come fa la cancelliera Merkel, il proprio elettorato può essere usato come fantoccio e come alibi per decisioni già prese altrove. Ciò non vale soltanto per gli elettorati, ma anche per i parlamenti, che hanno solo una funzione di ratifica, come ha ulteriormente dimostrato la posizione del Consiglio di Difesa a proposito del business dell'acquisto dei caccia F35, per il quale al parlamento italiano è stata negata la facoltà di immischiarsi.
La consapevolezza che la lotta politica ufficiale costituisca un rituale vuoto, o una messinscena, ha cominciato a farsi strada persino nel ceto politico tradizionale. In una recente intervista l'ex segretario di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti, ha denunciato la scomparsa della "sinistra", ed ha proposto una sua analisi della situazione europea, secondo la quale le "costituzioni materiali" degli eurocrati starebbero soppiantando le costituzioni antifasciste dei vari Stati.
Ad indiretto sostegno delle tesi di Bertinotti è giunto un documento della mega-banca statunitense JP Morgan, nel quale si sostiene che in un'Europa integrata sarebbe urgente liberarsi delle Costituzioni antifasciste, con la loro zavorra di garanzie sociali.
Si può comprendere che a JP Morgan dia fastidio anche solo il suono della parola "antifascismo", ma il documento dei banchieri, nel suo lamento recriminatorio, sembra volutamente ignorare che le Costituzioni antifasciste hanno già recepito al loro interno dei corpi estranei come la norma sul pareggio obbligatorio di bilancio; oppure hanno consentito ai governi accordi come quello per il Meccanismo Europeo di Stabilità, il cui trattato istitutivo garantisce addirittura alla oligarchia finanziaria del MES un'assoluta immunità giudiziaria, cioè un tale grado di impunità legalizzata che il Buffone di Arcore non avrebbe osato immaginarsela neppure nei suoi sogni più pornografici.
Si ha quindi l'impressione che la sortita di JP Morgan abbia un obiettivo di psicoguerra, cioè di indicare alle opposizioni europee una sorta di falso rifugio, che in realtà si è rivelato molto permeabile ai bombardamenti. L'analisi di Bertinotti contiene infatti un punto debole abbastanza evidente, dato che la cosiddetta "eurocrazia" non si fonda su "costituzioni materiali", bensì su istituti costituzionalmente rilevanti, come sono i trattati internazionali. Se oggi il negoziato per il trattato TTIP lo conduce Bruxelles e non Roma, non è per un abuso improvvisato, ma in virtù dei Trattati di Maastricht e di Lisbona.
La sinistra, come soggetto politico, è effettivamente scomparsa, ma come area di opinione oggi si aggrega attorno a dei feticismi come quello per la nostra "bellissima Costituzione". Non si considera che la nostra Carta Costituzionale forse nelle intenzioni sarebbe anche "antifascista", ma si riferisce strettamente ai fascismi del passato, e nulla ha da dire sul nuovo superfascismo dei trattati internazionali. Anzi, l'articolo 75 della Costituzione pone addirittura i trattati internazionali al riparo dai rischi di referendum abrogativo.
Il fatto che si sia strutturato da tempo un articolato dominio transnazionale in forma di trattati ed organismi sovranazionali, costituisce ormai un'evidenza, ma l'opinione di sinistra continua a basarsi su un internazionalismo astratto, che non riesce ad andare oltre la categoria di solidarietà. Questo è il motivo per il quale la solidarietà dell'opinione di sinistra può essere agevolmente abbindolata e fagocitata dallo spettacolo di "rivoluzioni colorate", stranamente dirette sempre e solo contro i loro poteri interni, come se il dominio transnazionale non esistesse per niente.
Le Costituzioni "antifasciste" non sono solo i bersagli di questa situazione, ma hanno dei risvolti ideologici che consentono parecchie stranezze. Una ventina di anni fa la tresca tra capitalismo privato e denaro pubblico era ancora uno di quegli orribili segreti di famiglia così ben custoditi che ad osare di svelarli si passava per farneticatori. Oggi invece è davanti agli occhi di tutti che il salvataggio delle banche private operato dalla Unione Europea costa ai contribuenti molto di più di una loro nazionalizzazione.
Allo stesso modo, le SpA una volta si giustificavano come mezzo per raccogliere risparmio da destinare agli investimenti produttivi. Attualmente non c'è più bisogno di alimentare questa mitologia, ma tutti sanno che le SpA non fanno investimenti, ma distribuiscono solo dividendi e, pur di farlo, sono prontissime a distruggere posti di lavoro. Gli "investimenti produttivi" li si pretende dai governi e dalla spesa pubblica; ma anche qui le cose non vanno lisce, poiché, ad esempio, i fondi pubblici che la UE destina alle imprese servono per finanziare le delocalizzazioni, col pretesto dello "sviluppo regionale". In anni di denunce a riguardo da parte di parlamentari europei, la Commissione Europea ha pubblicato varie "linee guida" che avrebbero dovuto impedire le delocalizzazioni. Le ultime sono del giugno del 2013; ma il fatto che queste "gride" si ripetano, indica che il dato permane, e che non lo si vuole sostanzialmente modificare.
Il cosiddetto "capitalismo" si basa quindi non solo sullo sfruttamento del lavoro, ma anche sul saccheggio della spesa pubblica. L'operaio è spremuto due volte, non solo come lavoratore, ma anche come contribuente; e le tasse che paga, vanno a finanziare non i servizi pubblici, ma la perdita del suo posto di lavoro.
Eppure il rancore sociale viene facilmente indirizzato contro i pensionati, gli statali, i Meridionali, i "falsinvalidi", e si alimenta l'odio generazionale, narrando la fiaba di un Paese che ha vissuto al di sopra dei propri mezzi facendo debiti scaricati sulle future generazioni. La corruzione e l'evasione fiscale vengono additate come nostri vizi nazionali, perciò rappresenterebbero una vergogna da superare accedendo alle virtù della civilizzazione europea. Che poi la gran massa dell'evasione e dell'elusione fiscale sia da addebitare alle multinazionali, e che questa frode sia legalizzata da una legislazione internazionale che consente il riciclaggio tramite il no profit delle fondazioni private, tutto questo rimane un dettaglio insignificante. E c'è anche di peggio: una volta i paradisi fiscali erano loschi Paesi caraibici, mentre adesso ad offrire tassazioni privilegiate sono "irreprensibili e virtuosi" Paesi nord-europei come l'Austria.
Nel 1947, durante i lavori della Assemblea Costituente, il filosofo Benedetto Croce affermò che il fascismo continuava nell'antifascismo, poiché questo aveva recepito il nucleo più autentico del fascismo stesso, cioè la denigrazione dell'Italia e della sua Storia. Il fascismo non rappresentava un senso esasperato di dignità nazionale, ma una forma di auto-razzismo e di auto-colonialismo, cioè l'idea che i popoli siano materia bruta da plasmare per finalità superiori. Ancora adesso per un fascista non è che Mussolini abbia fregato gli Italiani, ma sono stati gli Italiani a non dimostrarsi degni di avere un capo come Mussolini. Il Duce spinse l'Italia a scelte folli pur di renderla degna di assidersi al banchetto coloniale insieme con i popoli superiori del Nord Europa. Chissà perché, ma questo complesso d'inferiorità del Duce ricorda molto una decisione assurda come aderire alla moneta unica pur di non rimanere esclusi dal "paradiso" europeo.
Secondo il falso antifascismo recepito dalle nostre Costituzioni, invece le minacce per la libertà provengono sempre dall'interno, dal "nazionalismo" e dal "dittatore". Sono premesse dalle quali i sillogismi vengono automatici: Gheddafi era un "dittatore", quindi era il Male (un "mascalzone", secondo quella cima di Pietro Ingrao), la NATO invece è un'organizzazione internazionale, quindi è il Bene. E così via. Se la Grecia fosse così devastata da un "dittatore", allora sarebbe nostro dovere indignarci ed essere solidali; ma visto che la Grecia è sotto il dominio del Fondo Monetario Internazionale, allora si può far finta di niente.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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