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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 27/03/2014 @ 00:04:13, in Commentario 2014, linkato 1526 volte)
Da alcuni mesi sono arrivate ad una parte della pubblica opinione alcune notizie concrete che vanno a smentire la mitologia delle virtù finanziarie della Germania, e perciò spiazzano gran parte del dibattito politico e mediatico. In particolare, desta interesse il fatto che la Germania non osservi vari parametri del Fiscal Compact, tra cui uno degli aspetti più importanti, e cioè il rapporto tra il PIL ed il debito pubblico. La Germania ha superato infatti di almeno il 20% la fatidica soglia del 60% debito-PIL, e questo stando ai dati ufficiali, poiché se si sgombra il campo da alcuni trucchi contabili, si scopre addirittura che quel rapporto è ormai quasi del 100%.
Alcuni commentatori si sono cominciati a domandare come mai i governi italiani debbano andare a chiedere di poter sforare i parametri del Fiscal Compact ad una Merkel che li trasgredisce già ampiamente. Qualcun altro potrebbe anche cominciare a fare due più due, notando che l'economia europea viene tenuta artificiosamente depressa con assurdi parametri di bilancio proprio alla vigilia dell'ingresso nel TTIP, quel Transatlantic Trade and Investment Partnership, la "NATO economica", che comporterà la totale annessione economica dell'Europa agli Stati Uniti. L'arroganza della Merkel sarebbe così individuata come un bersaglio fuorviante, ed il sub-imperialismo tedesco si rivelerebbe complementare all'imperialismo statunitense.
Per occultare evidenze come queste, i media hanno sempre pronta la soluzione: un bel depistaggio che sposti la discussione dai dati concreti ai massimi sistemi. Si potrebbero catalogare nella categoria dei "depistaggi culturali".
La vicenda dell'ex calciatore tedesco Uli Hoeness, diventato poi presidente della squadra del Bayern, ed ora condannato per frode fiscale, è diventata l'occasione per parlare di uno "spread morale" tra Italia e Germania; ciò per l'atteggiamento tenuto da Hoeness nei confronti della condanna, rinunciando al ricorso in ulteriori gradi di giudizio ed accettando la condanna al carcere. I confronti con le esibizioni vittimistiche del Buffone di Arcore di fronte alla propria condanna per lo stesso reato, forse non potevano mancare; ma questi confronti sono diventati l'occasione per un dibattito "culturale" che ha finito per individuare nell'arretratezza morale dell'Italia anche la causa della sua arretratezza economica. In questa campagna si è distinto il gruppo editoriale "la Repubblica-l'Espresso", che ha coinvolto anche la sua rivista più prestigiosa, "Micromega".
In realtà, se si segue la vicenda Hoeness sulla stampa estera, si nota che lo "spread morale" risulta molto meno ampio di quanto si vorrebbe far credere. Nel 2012 il governo tedesco della Merkel aveva anche cercato di varare una legge salva-evasori simile allo "Scudo Fiscale" di tremontiana memoria, ed era stata l'opposizione parlamentare di socialdemocratici e Verdi a bloccare il passaggio della legge. Inoltre Hoeness, rinunciando a ricorrere, può accedere ad altri benefici di sconti di pena, di cui la campagna mediatica in atto in Italia non ha dato sufficiente informazione. Hoeness è politicamente vicino al partito della Merkel, la CSU, che, per parare il colpo alla propria immagine, ha ripiegato dilungandosi sullo "stile" con cui lo stesso Hoeness avrebbe accettato la condanna.
Questa retorica della CSU non solo è stata ripresa acriticamente dai media italiani, ma è diventata l'espediente per riproporre una serie di luoghi comuni razzistici. Se dici che le razze nordiche sono superiori, allora sei un nazista; ma se dissimuli lo stesso concetto parlando di una superiorità della morale protestante nei confronti di quella cattolica, allora sei non solo una persona colta, ma anche un progressista. Il mito dell'etica protestante sostituisce egregiamente quello della razza ariana. Così, il fatto che in tal modo avalli anche le gerarchie economiche che si sono stabilite tra il Nord Europa ed il Sud Europa, e tra l'America anglosassone e l'America Latina, non significa mica che stai dalla parte del colonialismo, bensì che stai facendo una semplice ed "oggettiva" analisi storica. Allo stesso modo, anche il fatto che l'Italia abbia accettato supinamente tutti i vincoli europei, non indicherebbe affatto che al nostro interno opera una potente e ramificata lobby atlantica, bensì che siamo un popolo di masochisti che merita ciò che gli accade. Il "colpanostrismo" come velo ideologico della colonizzazione.
Probabilmente non è possibile una lettura della realtà che non sia mediata dall'ideologia, ed il pretendere di essere "non ideologici" risulta chiaramente pretestuoso. Ma è certo che l'ideologia compie pienamente il suo ruolo quando riesce a scacciare le evidenze dalla discussione. Nella recente intervista di Enrico Mentana a Beppe Grillo se n'è avuta una riconferma, allorché Grillo ha narrato di un invito a cena da lui ricevuto da parte dell'ambasciatore britannico in Italia, Christopher Prentice. Alla stessa cena avrebbe dovuto partecipare anche Enrico Letta, allora non ancora ufficialmente candidato alla poltrona di Presidente del Consiglio, ma Grillo afferma di essersi negato a tanto onore. Lucidamente lo stesso Grillo vede nella relazione tra Letta e l'ambasciatore un preciso indizio che le esplorazioni di Bersani ai fini della formazione di un governo fossero già fallite in partenza, e che Napolitano avesse già pronta tutt'altra soluzione.
D'altra parte l'intervista finiva per marginalizzare l'aspetto più macroscopico della notizia, e cioè il fatto che un ambasciatore straniero esercitasse una così manifesta ingerenza nella formazione di un governo italiano, al punto da essere informato in anticipo sulle sorti delle consultazioni. Tutti a cena dall'ambasciatore britannico, manco fosse la mensa della Charitas.
Se si fosse trattato dell'ambasciatore russo, Bernard-Henry Lévy e André Glucksmann ci avrebbero confezionato come minimo un libro e un documentario di denuncia. Ma il colpanostrismo imposto dalla lobby NATO induce a travisare ogni ingerenza atlantica come paterna sollecitudine verso i nostri guai. Così non si trova nulla di strano che Prentice possa praticare in Italia una sorta di divismo televisivo, entrando nel vivo del commento di attualità nei talk-show della politica. Sarebbe interessante chiedersi se ad un ambasciatore italiano sarebbe consentito altrettanto in un talk-show britannico o americano.
 
Di comidad (del 20/03/2014 @ 00:57:43, in Commentario 2014, linkato 1429 volte)
Prima di concludere il suo tour europeo con il rituale pellegrinaggio alla Madonna di Merkel, il neo-Presidente del Consiglio Renzi era stato impegnato in quella che la stampa ufficiale aveva definito pomposamente un "vertice italo-francese" con il presidente Hollande. La scorsa settimana il quotidiano confindustriale "Il Sole -24 ore" inneggiava trionfalmente ad un "asse Renzi-Hollande" sulla "crescita", per un'Europa non solo del rigore, ma anche della solidarietà.
Il 13 maggio dell'anno scorso era invece il "Corriere della Sera" a riprendere lo stesso termine, "asse", per definire la storica intesa tra il predecessore di Renzi, Enrico Letta, ed il solito Hollande. L'oggetto di questo "asse" italo-francese era, manco a dirlo, la necessità di coniugare il rigore finanziario con la "crescita".
Ma non è finita qui. Il 14 giugno del 2012 il quotidiano "La Stampa" ci narrava di un altro storico vertice italo-francese, della nascita di un altro "asse", tra il Presidente del Consiglio italiano, che allora era Mario Monti, ed un Hollande a quel tempo ancora alle prime armi. La parola "asse" insegue quindi da due anni i Presidenti del Consiglio italiani e Hollande, e non sembra che abbia portato bene.
La disinformazione ufficiale trova un grande alleato nella cattiva memoria, persino nell'epoca di internet, con un archivio stampa sempre a disposizione di ognuno. Che Hollande in Europa non conti nulla, e che sia una perdita di tempo mettersi a fare assi con lui, è un'evidenza che sfugge ai media italiani, ansiosi di narrarci dell'attivismo di Renzi, ma non sfugge affatto ai media francesi, che hanno preferito stendere un velo pietoso sull'ultimo "vertice italo-francese", per non agitare il coltello nella piaga del declino della Francia.
Eppure nel febbraio di quest'anno il quotidiano "La Stampa" lanciava enfaticamente la notizia di un altro "asse" (sic!), stavolta tra Hollande e Obama. Ricevuto in Virginia dal presidente USA lo scorso 11 febbraio, Hollande era ricoperto di elogi dal suo anfitrione. Secondo Obama la Francia e gli USA non sono mai stati così vicini, sia in politica estera che in economia. In queste esagerate espressioni di elogio c'è tutta la storia del declino francese di questi ultimi dieci anni. Quando la Francia contava ancora qualcosa (non molto, ma qualcosa), era ai tempi del presidente Chirac, ed i rapporti tra Stati Uniti e Francia erano pessimi, al livello più basso dai tempi di De Gaulle.
Dopo la presidenza del gaudente Sarkozy - uno spudorato lobbista delle multinazionali -, l'arrivo di un uomo dell'apparato socialista come Hollande aveva suscitato la speranza di un ritorno ad un ruolo più equilibrato della Francia in politica economica ed estera. Al contrario, l'appiattimento sulle posizioni statunitensi non avrebbe potuto essere più servile, come si è riscontrato anche nella vicenda siriana, dove Hollande è stato addirittura il primo ad esporsi per accreditare a livello diplomatico il governo-fantoccio costituito in funzione anti-Assad.
In realtà non c’era da sorprendersi, considerando i discorsi elettorali e post-elettorali di Hollande: la solita viscida parodia del “politicamente corretto” che è diventata il repertorio della fintosinistra. Come la parola “riforme”, anche la parola “solidarietà” ha cambiato significato nel gergo dell’imperialismo, prospettando un subdolo umanitarismo che si risolve nel discorso che noi Occidentali siamo indifferenti ed egoisti, e la prova sta nel fatto che non bombardiamo abbastanza.
Gli scandali sessuali che di recente hanno investito la già appannata figura di Hollande sono apparsi chiaramente strumentali, e sono serviti a riciclare l'immagine di colui che avrebbe dovuto essere il candidato socialista alle ultime elezioni, cioè l'ex direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn, che era stato liquidato nel 2011 proprio per uno scandalo sessuale, orchestrato però negli Stati Uniti. Un sondaggio avrebbe dimostrato un aumento della popolarità di Strauss-Kahn nei confronti di Hollande, e delle voci, opportunamente diffuse, di un tentativo di occultare i risultati del sondaggio, hanno fatto lievitare l'interesse per la notizia.
D'altra parte appare evidente il nonsenso del riciclaggio di Strauss-Kahn in funzione anti-Hollande, dato che il caso dell'ex direttore generale del FMI costituisce la prova più plateale della possibilità degli USA di operare impunemente ingerenze nella politica francese. Che la fama di satiro di Strauss-Kahn non fosse usurpata, è del tutto plausibile, ma che egli potesse esercitare in quel campo in territorio USA senza che la sua scorta FBI ne sapesse nulla, risulta quantomeno inattendibile. La vicenda Strauss-Kahn è stata quindi un tracollo della politica estera francese, che ha abbandonato uno dei suoi esponenti più prestigiosi in preda ad una persecuzione giudiziaria che i media sono riusciti persino a spacciare per una prova dell'imparzialità della giustizia americana.
Il declino della Francia dallo status di media potenza a Paese del livello dell'Italia o della Spagna, non è facilmente spiegabile con la logica dei rapporti di forza, se si considera che si tratta pur sempre di una potenza nucleare. La cosa si può invece comprendere meglio se si considera il ruolo crescente svolto dalla lobby atlantica francese, e che ha raggiunto il suo successo più evidente con il rientro della Francia nella NATO nel 2009.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


19/03/2024 @ 05:16:52
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