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"La condanna morale della violenza è sempre imposta in modo ambiguo, tale da suggerire che l'immoralità della violenza costituisca una garanzia della sua assoluta necessità pratica."

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 27/02/2014 @ 00:47:15, in Commentario 2014, linkato 1875 volte)
La stampa estera, ed in particolare britannica, ha cominciato da qualche tempo ad occuparsi del nuovo Presidente del Consiglio, non facendosi scappare l'occasione di accostarlo al personaggio televisivo di Fonzie. La figura da deficiente rimediata da Matteo Renzi con le note fotografie nelle vesti del personaggio della serie "Happy Days", è già diventata, come era prevedibile, il paradigma di un percorso di ridicolizzazione internazionale, che sicuramente non farà rimpiangere le esibizioni del Buffone di Arcore.
Non si può negare comunque che in questo governo qualche accenno di novità vi sia, in particolare per ciò che riguarda il ministro dell'Economia appena nominato, Pier Carlo Padoan. I commentatori ufficiali hanno insistito sul dettaglio che si tratti di persona particolarmente qualificata, data la sua esperienza in organizzazioni internazionali di indiscutibile competenza ed imparzialità, come il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo. Padoan può quindi vantare un prestigioso curriculum da lobbista delle banche, cosa che gli aveva già procurato nel dicembre scorso una nomina a presidente dell'ISTAT. Padoan non ha potuto giurare con gli altri ministri, poiché è stato sorpreso dalla nomina al dicastero dell'Economia mentre si trovava in Australia, a Sidney, che, come tutti sanno, costituisce una sede cruciale per le funzioni dell'ISTAT.
Peccato che i commentatori ufficiali si siano lasciati sfuggire anche l'altra qualifica di Padoan, che lo rende un efficace collaboratore di Renzi, e cioè le sue doti di distrattore. L'ex dirigente del FMI e dell'OCSE è infatti anche un noto "sostenitore" della patrimoniale. Secondo le dichiarazioni di Padoan, una tassa sui patrimoni consentirebbe di allentare la morsa del fisco sul lavoro. Un ex socialista, attualmente commentatore su giornali di destra, Francesco Forte, ha suggerito che tale passione per la patrimoniale deriverebbe dalla formazione keynesiana di Padoan. Francesco Forte è egli stesso un ex "keynesiano", poiché negli anni '70, quando c'erano ancora l'IRI e le Partecipazioni Statali, fare il "keynesiano" gli rendeva qualcosa.
Con la faccia tosta tipica dei commentatori in forza alla destra, Forte si è dimenticato di spiegare come ci sia arrivato un "keynesiano" a diventare dirigente del FMI e dell'OCSE. Ma tant'è. Ciò che conta è che, grazie a Forte, Padoan parte con l'etichetta mediatica di uomo "di sinistra", di "ministro anti-ricchi", cosa che permetterà alla destra di alzare il polverone di una lotta di classe virtuale tra ceti medi ed operai, con il corollario di infiniti dibattiti televisivi tra sostenitori di Keynes e di Friedman.
Prima ancora di essersi insediato nella sua poltrona, Padoan ha già superato il suo ruolo di tutore e consigliere di Renzi, in quanto insidia il suo pupillo anche nel primato nelle virtù di distrattore. Padoan deve certamente queste sue doti di fumogeno alla sua militanza nei quadri dell'OCSE, un'organizzazione sempre molto attiva nel gettare fumo nel dibattito internazionale. Nel luglio scorso l'OCSE ha persino tracciato un documento ad uso del G-20, una serie di proposte per impedire l'evasione e l'elusione fiscale da parte delle multinazionali. Per un organismo come l'OCSE, che ha sempre lavorato a favore delle multinazionali, ciò indicherebbe un bel coraggio.
Lo indicherebbe, ovviamente, se nel documento ci fosse qualcosa di concreto, e non la solita solfa sullo sgamatissimo espediente delle società offshore, che, con la loro stessa esistenza rappresentano una sorta di insegna luminosa con la scritta "sto evadendo il fisco". Anche parlare in questi casi di "elusione" fiscale rappresenta un diversivo, poiché vendersi e rivendersi lo stesso bene tra società dello stesso gruppo costituisce, a tutti gli effetti di legge, una frode.
Le multinazionali hanno una pessima reputazione, ma la mitologia che le circonda ce le presenta come organismi super-efficienti, con studi legali composti da volponi capaci di escogitare chissà quali alchimie giuridiche. Al contrario, l'internazionalizzazione di un'azienda non è di per sé un elemento di forza, poiché genera numerose diseconomie; ed anche i movimenti delle multinazionali si basano su schemi sempre scontati e prevedibili. Lo strapotere di questo tipo di imprese si basa non sulla loro efficienza intrinseca, ma sul lobbying, e non tanto su quello palese, bensì su quello occulto, che si esercita proprio attraverso le organizzazioni assistenziali per ricchi, come l'OCSE, il FMI, la Banca Mondiale, l'Unione Europea, l'Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO) e, soprattutto, la NATO; tanti precettori che presentano come una sorta di dovere morale l'aprirsi agli "investimenti esteri", cioè alle multinazionali.
Il documento OCSE vorrebbe farci credere che anche per impedire l'evasione fiscale occorra ponzare chissà quali arguzie, quando invece basterebbe non fare alcune cose, come i ciclici provvedimenti per salvare le multinazionali dai tanti procedimenti per frode fiscale. Il governo Letta ne sa qualcosa, dopo il regalo della riduzione fiscale concessa alla lobby del gioco d'azzardo nel settembre scorso.
Ma queste frodi fiscali, più o meno legalizzate, rappresentano pur sempre un aspetto secondario. L'agitare la questione fiscale serve in definitiva ad alimentare una falsa impressione di "normalità", come se tutto fosse riconducibile ad un problema di sana amministrazione. La destabilizzazione violenta in corso in Siria, in Ucraina ed in Venezuela dovrebbe invece ricordare che la vera questione è il colonialismo. Stranamente è stato il governatore della Banca d'Italia a mettere in evidenza che l'elemento essenziale per valutare uno come Padoan non è ciò che dice, ma proprio il fatto che provenga da un organismo coloniale come l'OCSE.
 
Di comidad (del 20/02/2014 @ 02:21:55, in Commentario 2014, linkato 2141 volte)
Uno degli ultimi atti del non rimpianto governo Letta è stato quello di spedire i Bersaglieri nella cosiddetta "Terra dei Fuochi", tra le province di Napoli e Caserta. Un territorio già super-militarizzato viene ulteriormente militarizzato, cosicché la causa del male viene spacciata come una cura. Si tratta forse di una nuova dottrina omeopatica basata sull'overdose.
La improbabile rappresentazione mediatica allestita attorno alla "Terra dei Fuochi" non avrebbe mai potuto essere credibile senza il veicolo propagandistico del pregiudizio razziale che ha reso digeribili all'opinione pubblica anche le notizie più incongruenti e contraddittorie. Ci raccontano che esiste una "camorra" impegnata nello smaltimento illegale dei rifiuti tossici. Ma questa "camorra" quale vantaggio avrebbe potuto mai ricavare dal mettersi in mostra dando fuoco a masse di rifiuti abbandonati, che, per il fatto stesso di essere abbandonati, oggettivamente non destavano alcun interesse per le autorità?
Ma si sa che, come si può vedere nei film, i cattivi sono stupidi. Specialmente se i cattivi appartengono ad etnie inferiori, perciò chi chiede spiegazioni può tranquillamente essere etichettato come "complottista", specialmente se fa domande sulla fine che fanno i rifiuti tossici delle decine di basi militari della Campania. Tanto più complottista si dimostrerà poi colui che non ritenga affatto realistico che la Campania sia l'unica, o la principale, area di smaltimento dei rifiuti tossici, e si chiede se per caso il clamore razzistico sulla "Terra dei Fuochi" non serva a distrarre da altre attività di discarica che stanno interessando diverse regioni italiane.
D'altra parte il razzismo interno che vige in Italia costituisce solo una componente di una gerarchia razziale più complessa, che si esprime anche a livello europeo. L'icona razzistica ed autorazzistica del Buffone di Arcore è servita egregiamente per decenni ad alimentare il discredito nei confronti dell'Italia, che ha cessato di rappresentare un interlocutore politico; al punto che la politica estera italiana non è diventata altro che una rassegna di figuracce internazionali, che si è perpetuata anche dopo che il Buffone ha lasciato il posto ai suoi successori. La gerarchia razziale richiede che il ruolo dell'Italia nel consesso internazionale (ovvero, nella gerarchia coloniale) sia di fare brutte figure, e se l'icona del Buffone di Arcore rimane momentaneamente sottoutilizzata a causa di restauri, si può sempre rimediare con sangue nuovo.
La campagna mediatica di supporto al lancio di Matteo Renzi verso la poltrona di Presidente del Consiglio, appare eccessiva e sproporzionata, non solo rispetto al buon senso, ma anche nel confronto con i precedenti. In particolare, appare sospetta la mancanza di accenni da parte dei commentatori ufficiali sulla questione dell'inesperienza internazionale di Renzi. Di qui a poco infatti Renzi dovrà affrontare la sorte del dilettante buttato allo sbaraglio sulla scena europea, dove la sua ansia di compiacere e di farsi accettare lo esporrà al ridicolo; molto di più di quanto non sia accaduto ad Enrico Letta, che poteva vantare qualche dimestichezza con l'ambiente internazionale grazie alla sua frequentazione dell'Aspen Institute .
Come già il Buffone, probabilmente anche il Buffoncello avrà accanto una figura di ministro dell'Economia che gli faccia da tutore; e mentre le telecamere saranno puntate sulle miserabili esibizioni dell'ex sindaco di Firenze, intanto il ministro firmerà di tutto, e gli darà da firmare di tutto. E quest'anno c'è parecchio da firmare. A novembre scatterà la nuova normativa sulla Banca Centrale Europea, che svolgerà funzioni di "vigilanza" sull'intero sistema bancario europeo. Entro il 4 maggio occorrerà mettersi d'accordo sugli ultimi dettagli, ed è vitale perciò che i cittadini siano distratti nel frattempo.
In realtà questa funzione di "vigilanza", o tutela, configura un assetto finanziario centralizzato, definito ufficialmente come "Unione Bancaria", nel quale la BCE ed il Meccanismo Europeo di Stabilità si occuperanno di ricapitalizzare costantemente le banche (ovviamente a spese del contribuente), cancellando anche la parvenza della tanto celebrata, quanto inesistente, "concorrenza". In pratica si tratta di creare un'unica super-banca, il più grande monumento all'assistenzialismo per ricchi mai costruito nella Storia.
Un fondo salva-banche ancora ufficialmente non esiste, ma il presidente della BCE, Mario Draghi, ne auspica la formazione entro cinque anni. Intanto le funzioni di fondo salva-banche sono svolte dal sedicente Fondo Salva-Stati, cioè il Meccanismo Europeo di Stabilità.
La prospettiva di questo strapotere del BCE/MES non è un effetto della recente crisi finanziaria, dato che nel 1997 un articolo su "La Repubblica", dell'economista ed ex ministro Luigi Spaventa (morto nel gennaio dello scorso anno), dava come ineluttabile l'avvento della "Superbanca di Eurolandia". Con la consueta ipocrisia di certi commentatori ufficiali, Spaventa fingeva di dare voce anche alla perplessità di coloro che paventavano la fine dello Stato di Diritto e della separazione dei poteri di fronte alla nascita di un nuovo sovrano assoluto, la Superbanca. Spaventa, ad onta del suo nome, forniva la solita soluzione rassicurante, cioè l'esigenza di sviluppare istituzioni europee prettamente politiche, in grado di bilanciare i poteri delle istituzioni finanziarie. Si tratta della consueta ricetta suggerita da coloro che vorrebbero farci credere che la cura dei mali dell'Europa stia nell'avere "più Europa", un'overdose di Europa.
Ma quelli di Spaventa sono semplici sofismi basati sulla trasformazione della "politica" in un concetto del tutto astratto o metafisico. La politica è l'arte di mediare tra poteri diversi, ma se c'è ormai un unico potere, perché mai questi dovrebbe volontariamente farsi limitare dalla politica o da chiunque altro?
Solo riducendo la teoria della separazione dei poteri di Montesquieu ad una barzelletta, si può far credere che gli equilibri tra le istituzioni siano riducibili ad una questione di bon ton che possa essere risolta con i "prego, si accomodi" ed i "vuole favorire?". Oggi Montesquieu verrebbe liquidato dai media come un "complottista", poichè la sua premessa teorica era che ogni potere implica inevitabilmente l'abuso di potere. E qui non si tratta neanche di teorie, di ipotesi o di sospetti, ma di fatti che accadono in continuazione. L'articolo 32 del Trattato istitutivo del Meccanismo Europeo di Stabilità, in vigore dal 2012, sancisce infatti l'assoluta immunità giudiziaria dei suoi membri, dei suoi organi e dei suoi beni nei confronti di qualsiasi giurisdizione. L'immunità giudiziaria è appunto una peculiarità del sovrano assoluto, ed è appunto questo il ruolo che si sta ritagliando la lobby/oligarchia finanziaria che oggi si identifica con le sigle BCE, MES e FMI .
La conseguenza più ovvia è che questo sovrano assoluto tenga in vita la "politica" solo come spettacolo di un finto confronto-scontro per intrattenere le masse, ed anche per avvilire le masse col giro vizioso dell'aspettativa-delusione. Se l'ingresso in scena di un burattino come Renzi, può essere spacciato dai commentatori ufficiali, e dai media in genere, come il segnale di un risveglio della politica, ciò vuol dire che la politica ormai non è più rappresentanza, ma pura e semplice rappresentazione.
Renzi non ristabilisce i diritti della politica, poiché non ha un mandato elettorale, ma solo il mandato delle "primarie" interne al suo partito. Il vero mandato a Renzi però non glielo ha conferito neppure il PD, ma il presidente Napolitano, il Viceré d'Italia per conto della NATO; lo stesso Napolitano che ha dimissionato la sua precedente creatura, Enrico Letta, in nome del precetto: "io ti ho creato, ed io ti posso distruggere". Renzi non dispone neppure di un programma diverso ed alternativo rispetto a quello del suo predecessore, dato che il programma lo impone sempre Superbanca, il BCE/MES. Renzi non si candida neanche in base ad una diversa maggioranza di governo, ma continua a muoversi nell'ambito delle stesse "larghe intese" imposte da Napolitano subito dopo le ultime elezioni. Quindi la politica non c'entra per niente, ma la distrazione sì.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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