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"Politically correct" è l'etichetta sarcastica che la destra americana riserva a coloro che evitano gli eccessi del razzismo verbale. "Politicamente corretto" è diventata la locuzione spregiativa preferita ovunque dalla destra. In un periodo in cui non c'è più differenza pratica tra destra e "sinistra", la destra rivendica almeno la sguaiataggine come proprio tratto distintivo."

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 23/11/2017 @ 02:50:18, in Commentario 2017, linkato 3469 volte)
A distanza di dieci anni dallo scoppio della bolla speculativa dei mutui ipotecari “subprime” negli USA, molti osservatori guardano con preoccupazione allo svilupparsi di altre “bolle”, invariabilmente collocate nell’ambito dei business “poveri”. La bolla dei mutui “subprime” non era basata su un business soltanto povero, ma poverissimo, se si considera che negli Stati Uniti la parola “casa” non indica un edificio di mattoni e cemento armato, bensì intelaiature in legno con pannelli prefabbricati appiccicate sopra, roba che una tromba d’aria si porta via come niente. Solo che, in quella circostanza, le case non furono portate via agli abitanti da un tornado ma dalle banche. Lo scoppio della bolla, in definitiva, non portò troppo male alle banche, ma solo alle vittime delle loro truffe finanziarie. Poco male, visto che già venti milioni di americani vivono “stabilmente” in roulotte e camper: se accadesse in Russia sarebbe un crimine di Putin, ma succede negli USA, perciò i media ci narrano che si tratta di uno stile di vita e di una scelta di libertà.
Oggi le bolle sotto osservazione sono soprattutto quelle del credito al consumo e del credito studentesco. In particolare, i debiti degli studenti statunitensi - e non solo statunitensi - hanno toccato vette non più ripagabili. Per compensare i creditori si dovrà pensare a forme aggiornate di schiavizzazione a vita dei laureati.
L’ex ministro tedesco dell’Economia, il famigerato Wolfgang Schauble, si è aggiunto recentemente al coro degli osservatori preoccupati di fronte a questa nuova lievitazione incontrollata (?) del debito privato. D’altra parte le parole di Schauble, più che indicare vera preoccupazione, fanno trapelare l’aspettativa fiduciosa di un’occasione per imporre un’ulteriore stretta finanziaria. Instancabile cantore delle virtù germaniche, Schauble fa la predica morale agli altri per assolvere se stesso ed i governi tedeschi da ogni responsabilità per il boom del debito privato.

In realtà la deflazione salariale è stata inasprita proprio in Germania all’inizio degli anni 2000. La rincorsa alla precarizzazione del lavoro ed alla compressione dei salari è stata un fenomeno mondiale, ma il modello da imitare lo fornì il governo del socialdemocratico Schroeder con il “Piano Hartz”, al quale si ispirò anche la nostrana Legge 30/2003, spacciata abusivamente dal governo del Buffone di Arcore come “Legge Biagi”, per porla sotto la protezione dell’icona di una vittima del terrorismo.
Non c’è da stupirsi del solito “tradimento della sinistra”, poiché da quasi due secoli circolano versioni mistificate e ultra-reazionarie del socialismo che lo riducono ad una “etica sociale”, in base alla quale si ritiene che la forza-lavoro non appartenga a ciascun singolo lavoratore ma alla società nel suo insieme. Questo falso “socialismo” concepito come un debito dell’individuo nei confronti della società, costituisce una riedizione sotto vernice “progressista” della servitù della gleba, un modello del tutto funzionale agli interessi della finanza.

Il nesso tra taglio dei salari e necessità di rivolgersi alla finanza per poter accedere ai consumi tramite l’indebitamento, non richiede infatti particolari sforzi di comprensione. I “virtuosi” come Schauble perciò non possono sottrarsi al fondato sospetto di aver operato per favorire i business finanziari “poveri” come il credito al consumo, con le relative “bolle”.
I business finanziari poveri sono disastrosi per i poveri, ma lucrosissimi per i ricchi che ci investono. Nel 2010 se ne accorse persino un quotidiano di establishment come il “New York Times”, che pubblicò una particolareggiata inchiesta a riguardo. Si è scoperto così che un business povero come il microcredito ha portato alla rovina Paesi come il Messico e la Nigeria. (3)
Non a caso Messico e Nigeria sono anche i Paesi da cui parte il maggior numero di migranti, poiché emigrare rappresenta l’unica speranza - peraltro anch’essa fallace - di ripagare i “micro debiti”, i quali, nel frattempo, grazie alla lievitazione degli interessi, sono diventati macrodebiti. Sette anni dopo l’inchiesta del “New York Times” il microcredito viene lanciato anche in Italia, usando come cavie persino i terremotati. Allora l’esperienza non ha insegnato nulla? No, ha insegnato, eccome.

La finanziarizzazione infatti serve a schiavizzare i poveri, soppiantando i rapporti sociali tradizionali ed esimendo le oligarchie dal doversi costituire un radicamento sociale e territoriale: ad un finanziere basta un computer per dominare il mondo, o almeno questa è l’illusione. È chiaro infatti che la società è “liquida” solo sino ad un certo punto e le “Open Society” alla Soros possono esercitare la propria influenza solo grazie alla copertura del potere intimidatorio e manipolatorio della NATO e della CIA. Sta di fatto però che il credito e l’indebitamento mirano a scalzare tutti i sistemi di mediazione sociale e politica, riducendo partiti e sindacati a mere agenzie di lobbying. Le bolle speculative trovano così il proprio corrispettivo nelle bolle oligarchiche che le hanno create.
 
Di comidad (del 30/11/2017 @ 01:07:33, in Commentario 2017, linkato 3000 volte)
Prendersi una testata in faccia per un insegnante è routine ma, se capita ad un giornalista, diventa uno scandalo. Scandalismo e giornalismo del resto sono praticamente sinonimi: oggi i giornalisti si scandalizzano persino per la pretesa di avere una pensione o uno stipendio. Ammesso che l’episodio di Ostia non sia una combine, esso si è concluso con reciproco vantaggio per i due protagonisti, in quanto il giornalista è diventato un eroe mediatico del “politicamente corretto” ed il fascio-teppista è diventato un eroe mediatico del “politicamente scorretto”. Se per una persona per bene alcune settimane di galera costituiscono una tragedia che può stroncare un’esistenza, per quelli come Spada possono assumere il colore di una rimpatriata e di un’occasione per ritrovarsi fra amici, perciò non sono un gran prezzo da pagare.
L’ambiguità dell’effetto mediatico dell’episodio sta appunto nel riproporre l’immagine di un’antropologia di destra “libera e selvaggia” a fronte di un’antropologia di sinistra irretita nelle spire del bigottismo e del perfettinismo morale. È un paradigma che consente alla destra una spregiudicatezza di temi e di comportamenti che, peraltro, non compromette le relazioni e le complicità con l’establishment. Anche senza sposare la tesi secondo cui CasaPound sarebbe una costruzione parapoliziesca, sta di fatto che certe “opposizioni” di destra si giovano di una tolleranza dal sistema di potere che è spiegabile con il loro essere percepite pur sempre come “persone di famiglia”.
Avviene così che oggi anche l’imperialismo trovi i suoi contrasti in governi di destra come quello di Orban in Ungheria. Attualmente i rapporti tra Washington e Budapest appaiono ai ferri corti, specialmente dopo la decisione statunitense di finanziare con settecento milioni di dollari i giornali dell’opposizione ungherese. Il governo di Orban ha sottolineato la scorrettezza di tale comportamento nei confronti di un “alleato” della NATO.
Pur provenendo dalla “scuola” di George Soros, il Primo Ministro Orban ha spinto il conflitto con il finanziere ungherese-americano sino a denunciare il ruolo delle sue ONG nell’organizzare e finanziare l’ondata migratoria in Europa. D’altra parte lo stesso Orban continua a far finta di non accorgersi che Soros non è un semplice privato ma un “funzionario informale”, un agente esterno, della CIA. Le ambiguità e le ipocrisie quindi rimangono: si fa della propaganda antimperialista, ma senza denunciarne tutto il sistema di relazioni tra agenzie private e pubbliche, ci si lamenta apertamente delle ingerenze americane, ma pur sempre rivendicando il ruolo di “alleati”.

La rendita di posizione della destra consiste appunto nel poter fare la fronda senza dover rinunciare agli agganci con l’establishment. Eccola perciò cavalcare i miti del nazionalismo e del “sovranismo”, lasciando alla “sinistra” la patata bollente del culto della globalizzazione e dell’europeismo. I tempi di reazione della cosiddetta “sinistra” sono infatti timidi, lenti e timorosi, caratteristici di chi ha il complesso di doversi far accettare dall’establishment. Un testo molto interessante uscito lo scorso anno, “La scomparsa della sinistra in Europa”, illustra con efficacia l’adesione acritica delle sinistre agli schemi del liberismo e del globalismo. Uno dei due autori, Massimo Pivetti, era stato uno dei più tempestivi e puntuali a descrivere il carattere antioperaio dell’istituzione della moneta unica europea.
Non convince invece la tesi del libro secondo cui la “sinistra” sarebbe stata catturata dalla mitologia liberista a causa dell’antistatalismo sviluppatosi nelle sinistre estreme dal ’68 in poi. Dell’ipotesi che le sinistre estreme siano servite da laboratorio per tesi reazionarie, si può discutere e potrebbero anche essere avanzati alcuni esempi a riguardo; ma se lo Stato ha dimostrato in questi decenni di non essere affatto un principio regolatore, bensì un coacervo di lobby private, non è certo perché una moda ideologica lo avrebbe screditato.
Forse il motivo vero è che quella parte della sinistra meno disponibile a convertirsi alle privatizzazioni non ha trovato nella burocrazia statale alcuna sponda. Lo Stato non è solo la politica, ma consiste soprattutto nei suoi apparati. Una burocrazia statale gelosa delle sue prerogative avrebbe opposto resistenza alla svendita delle sue funzioni; al contrario, si è visto l’apparato dello Stato agire da lobby delle privatizzazioni, facendo propri i mantra del FMI e dell’OCSE. Ciò vale per l’ISTAT, per la Corte dei Conti, per la stessa magistratura civile e penale che, con le sue sentenze, si è sistematicamente calata la toga davanti alle multinazionali. Ma poi quanti poliziotti, quanti carabinieri si percepiscono davvero come funzionari pubblici piuttosto che come tutori del privilegio?

Uno dei principali “cult” del bigottismo di “sinistra” è il mito della “legalità”, ma sta di fatto che la sedicente “legalità” è strutturata in modo da consentire ed agevolare le forme più gravi e devastanti di corruzione. La porta girevole tra pubblico e privato infatti funziona da sempre alla grande per il personale della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, dell’Arma dei Carabinieri. dei servizi segreti e delle Forze Armate.
Per anni ci si è raccontato che in Francia sì che era un’altra cosa, che lì lo Stato era una religione laica, salvo poi scoprire che tutto il mondo è paese. Il secolo XIX ha costruito una mitologia dello Stato che si è frantumata sotto i nostri occhi; anzi, è lo Stato, sia come politica che come apparato, ad aver favorito la mitologia del privato, di quel Dio Mercato che non è altro che il nome in codice delle oligarchie finanziarie.
Per la destra l’inesistenza dello Stato non è un problema, poiché la destra può permettersi di vivere alla giornata alternando ipocritamente i suoi “valori” (cioè i suoi slogan) e pescando in tutti gli stagni, tanto come collante c’è sempre il privilegio. Per la sinistra invece il collante rischia di essere solo il bigottismo, che spinge alla devozione supina ai miti del momento, perdendo la capacità di disfarsene quando sono ormai screditati.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


16/04/2024 @ 08:36:17
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