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"Un'idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea."

Oscar Wilde
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 09/07/2020 @ 00:10:34, in Commentario 2020, linkato 6185 volte)
Alla fine di giugno la Commissione Europea ha promulgato un “regolamento” sull’installazione delle antenne 5G, nel quale si afferma che questo tipo di opere non necessita di autorizzazione. La Commissione si è quindi limitata ad avallare quanto già si stava facendo, dato che un po’ ovunque i governi hanno approfittato dei lockdown, con la conseguente impossibilità per le popolazioni di protestare, per installare tutto l’installabile.
I lockdown sono stati giustificati ufficialmente con esigenze di salute pubblica; d’altra parte le considerazioni di tutela della salute pubblica non hanno avuto alcun peso nella vicenda del 5G. Gli studi sulla pericolosità per l’incolumità delle persone esposte alle radiazioni, provengono da ambienti scientifici e medici come l’ISDE, un’ organizzazione internazionale con tanto di riconoscimento ufficiale da parte dell’ONU e dell’OMS; nell’ISDE si inserisce anche l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente. Eppure tutte le segnalazioni e le denunce a riguardo sono state classificate nelle fake news.
Salute e scienza possono essere invocate o liquidate a seconda delle esigenze del business e della potenza del lobbying che sta dietro il business. La Commissione Europea non ha mancato di ammonire sull’importanza, presunta, della tecnologia del 5G per rilanciare l’economia prostrata dall’emergenza Covid. Anche la parola “economia” assume peso a misura della potenza del lobbying che sta dietro i vari business. Non ci si è fatti alcuno scrupolo nell’azzerare migliaia di attività produttive e commerciali col pretesto del Covid, ma ora i danni causati dall’emergenza Covid diventano un ottimo pretesto per veicolare e imporre il 5G. “Salute”, “scienza” ed “economia” si sono rivelate delle astrazioni che nella narrazione ufficiale sono state fatte agire come se fossero dei soggetti concreti.
L’azione dei personaggi della messinscena si articola più o meno nei termini seguenti. Stato si accorge che Salute ha un problema perciò si rivolge a Scienza per farsi consigliare su come risolverlo. I consigli che Scienza ha dato a Stato per aiutare Salute però creano problemi ad Economia. Per soccorrere Economia, Stato deve rivolgersi a Mercato per farsi prestare dei soldi. Il personaggio che dovrebbe conferire alla fiaba un lieto fine è Europa, un vecchio avaro che però, come lo Scrooge del racconto di Charles Dickens, ha potenzialmente un cuore d’oro. Per rendere la vicenda più “intriguing” c’è anche un settimo personaggio; l’antagonista, il “villain”, un certo Populismo Nazionalismo, uno Iago che vorrebbe mettere zizzania tra Stato ed Europa.
Questa è la narrazione mediatica da prima o seconda serata di Rai1, ma ci sono anche versioni più “pulp” per palati difficili. A proposito della gestione dell’emergenza Covid, lo scorso aprile il settimanale britannico “The Economist” ha pubblicato un serioso articolo che propone una variante alla messinscena. Secondo “The Economist”, Stato non deve sacrificare pregiudizialmente le esigenze di Economia per aiutare Salute ma deve affrontare il caso cinicamente, comparando costi e benefici in base a modelli probabilistici. L’inconsistenza delle tesi dell’articolo sta nel dare per scontato che esista un personaggio Scienza che possa fornire criteri di probabilità stabiliti secondo un modello condiviso. Sennonché Scienza si è rivelato Uno Nessuno e Centomila: nei mesi scorsi si è assistito ad una ridda di dichiarazioni da parte di scienziati, molti dei quali discettavano su basi puramente speculative, tanto che non si capiva dove si parlava di probabilità e dove invece di mera possibilità. Dato che in definitiva tutto è possibile, ma non tutto è probabile, non c’è alcun calcolo serio da fare.
Come si è visto, neppure Salute ed Economia sono personaggi che possano vantare un’identità stabile. L’articolo del settimanale “The Economist” è quindi un abile esercizio di retorica costruito per entusiasmare i fan della presunta razionalità capitalistica oppure, alternativamente, per indignare con un’esibizione oscena di pornocapitalismo le anime belle della sinistra politicorretta. Le scelte reali sul Covid non sono state dettate né da preoccupazioni sanitarie né da calcoli probabilistici, bensì dai rapporti di forza tra le lobby. Le lobby più potenti, quelle che possono vantare una saldatura col potere militare, sono riuscite ad imporre i propri interessi.

Il personaggio “Europa” è quello che dovrebbe essere oggetto di una demistificazione più urgente. L’europeismo nasce esclusivamente in funzione delle esigenze della NATO. L’avversario era un’Unione Sovietica isolata economicamente insieme con i suoi satelliti; in questo confronto militare l’economia ha svolto una funzione di arma. Si può definire “arma” tutto ciò che è in grado di danneggiare l’avversario. Sino agli anni ’70 l’unità europea è stata un veicolo di sviluppo economico per delineare un modello vincente e attrattivo da opporre alla stagnazione sovietica. Con il declino dell’URSS negli anni ’80 il ruolo espansivo dell’europeismo si è attenuato ma, con il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, si è addirittura rovesciato. Negli anni ’90 la Russia avrebbe voluto integrarsi nel sistema economico occidentale, perciò l’arma della NATO contro la Russia è diventata la deflazione, in modo da impedirne o rallentarne la crescita e l’integrazione con l’Europa. Il rallentamento della crescita europea, già delineato nei termini del Trattato di Maastricht, ha danneggiato la Russia rendendo meno appetibili le sue materie prime.
Nel 1992 l’Unione Europea di Maastricht nasce quindi come macchina deflazionistica. Per la lobby dei creditori è stata una benedizione. I creditori vogliono la deflazione per preservare il valore dei loro crediti e quindi la deindutrializzazione causata dal lockdown è andata benissimo per i loro interessi. Ciò spiega anche perché si continui a paventare l’eventualità di un ritorno al lockdown, dato che è un timore di per sé sufficiente a scoraggiare altri investimenti in attività produttive o di commercio tradizionale. Le lobby possono anche agire in cordata ed in effetti la persistenza della paura del contagio è un fattore trascinante per le multinazionali farmaceutiche e per la lobby dei vaccini. Il digitale 5G a sua volta è fondamentale per la tecnologia militare dei droni e quindi tutto è lecito pur di installarla. Anche per le multinazionali del digitale, ovviamente, il lockdown e il "distanziamento sociale" hanno rappresentato una benedizione poiché sono stati un incentivo senza precedenti al commercio online.

Nella gestione della vicenda Covid hanno trionfato gli interessi delle lobby che avevano maggiori agganci col militarismo della NATO. Il quadro comunque non è univoco. Il conflitto militare a bassa intensità vede oggi un terzo attore, la Cina; proprio il Paese da cui è partita l’emergenza Covid. Per reagire all’aggressività statunitense, il governo cinese ha usato il Covid per imprimere un’accelerazione alla deflazione, ciò in base alla considerazione che gli USA sono diventati con lo scisto il maggior produttore di petrolio, perciò una brusca decrescita ed una conseguente caduta dei prezzi del petrolio metteranno nei guai soprattutto loro.
Il cialtrone Trump è stato considerato da molti un presidente estraneo alle lobby finanziarie e favorevole alle lobby industriali e commerciali. Se ciò fosse stato vero, il Cialtrone della Casa Bianca avrebbe cercato un accordo con la Cina per indurla a comprare petrolio statunitense. Al contrario, Trump ha persistito in un contenzioso inconcludente col governo cinese, avallando persino la rivoluzione colorata di Hong Kong, alla quale Pechino non poteva evitare di reagire; infatti è arrivata l’emergenza Covid. Sedata dapprima con le sole misure sanitarie, ora la rivolta di Hong Kong è affrontata senza più remore, tanto che il governo cinese ha insediato nella città un Ufficio per la Sicurezza Nazionale. Una misura così drastica era impensabile sino all’anno scorso, ma il clima di guerra fredda avviato dagli USA ha finito per conferire alla scelta l’alone di uno stato di necessità.

Ringraziamo Mara per le segnalazioni.
 
Di comidad (del 16/07/2020 @ 00:36:42, in Commentario 2020, linkato 7445 volte)
Continua l’offensiva euro-mediatica per indurre il governo italiano ad accedere ai prestiti del Meccanismo Europeo di Stabilità. Stavolta è sceso in campo il segretario generale del MES, l’italiano Nicola Giammarioli, che ha ripetuto l’ormai consueta litania: nessuna condizionalità, “tranne” che i fondi siano destinati a spese sanitarie per l’emergenza Covid; e poi tassi di interesse che “sarebbero” inferiori al tasso di mercato. Dato che il MES a sua volta dovrebbe rastrellare sul mercato i fondi per l’Italia, la rassicurazione è che, in base alle “analisi” dell’istituto, il costo aggiuntivo per lo stesso MES, e quindi per l’Italia, “dovrebbe” essere pari a zero. In definitiva, anche volendo rimanere strettamente nel campo delle rassicurazioni ufficiali, una condizionalità (e pure pesante: la destinazione sanitaria) comunque c’è; e poi ci sono anche vari verbi condizionali.
Da mesi i media presentano i 5 Stelle come l’ultimo ostacolo da superare per accedere ai “benefici” del MES. Molte delle argomentazioni sanno di coercizione morale e persino di psicologia della truffa, come nel caso del povero Pinocchio al Campo dei Miracoli, cioè la tipica tecnica per persuadere la vittima del raggiro che sarebbe da scemi non approfittare di tanta fortuna.
In realtà l’accesso ai prestiti del MES potrebbe essere un’opzione da rifiutare anche nell’eventualità (irrealisticamente ottimistica) che le rassicuranti valutazioni tecnico-contabili che vengono offerte, fossero autentiche. La politica non dovrebbe ridursi alla sola presa d’atto di valutazioni tecnico-contabili. Si potrebbe infatti adottare una valutazione esclusivamente politica sui rischi di contenzioso col MES che il vincolo sanitario rischia di aprire. In fondo, cos’è spesa sanitaria e cosa non lo è? Il ministro della Salute, Roberto Speranza, afferma di avere già un bellissimo piano per spendere quei fondi; ma i problemi sanitari, per definizione, lasciano un larghissimo margine all’imprevisto. Con tanti fronti di negoziato aperti, può non essere conveniente esporsi anche ad accuse, più o meno pretestuose, di star facendo i furbi nella gestione dei fondi MES.
Persino la preoccupazione di una parte dei 5 Stelle di non calarsi del tutto le brache davanti al “più-europeismo” ed ai suoi rituali di sottomissione, non dovrebbe essere di per sé ritenuta illegittima o “populista”, poiché nei rapporti internazionali non sono da trascurare le considerazioni di prudenza e di decoro. Che le considerazioni di prudenza e decoro non impressionino una lobbista psicopatica come Emma Bonino è del tutto normale, ma è strano che uno che passa da persona di buonsenso, come Nicola Zingaretti, non si faccia di questi scrupoli. Se il prezzo per accedere al MES, è l’umiliazione di un alleato di governo, ciò comporterebbe un’umiliazione di tutto il governo italiano nei confronti degli altri governi europei. Possibile che Zingaretti non ci arrivi?
Si potrebbe infatti accettare l’europeismo come un contesto obbligato dei rapporti internazionali dell’Italia ma, al tempo stesso, preoccuparsi di non avallarne gli squilibri e gli eccessi gerarchici. Non ci si accontenta però che i 5 Stelle abbiano aderito in toto all’europeismo, si pretende da loro un entusiasmo incondizionato e plaudente. Una formazione politica che ha come massima aspirazione nella vita una misura tecnico-contabile come il dimezzamento del numero dei parlamentari, non è certo in grado di reggere ad un simile lavaggio del cervello, ma non sta nelle sorti dei 5 Stelle, o del governo Conte, il vero problema.
Il quadro è infatti questo: la tecnocrazia (o sedicente tale) detta le scelte, mentre alla politica spetta solo di suscitare e organizzare l’entusiasmo popolare attorno a quelle scelte. Scacciata dal regno delle decisioni che contano, la politica trova la sua unica ragion d’essere nella propaganda, in una “pedagogia” sociale che ha tutti i crismi dell’infantilizzazione, del rincretinimento delle masse per indurle all’abbandono fiducioso nelle braccia della divinità europea.

Si ricorderà quella risoluzione del parlamento europeo dello scorso anno sull’equiparazione tra nazifascismo e comunismo. Ci sono state molte polemiche sul contenuto della risoluzione ma, stranamente, nessuna obiezione sulla sua legittimità. Che c’entra infatti un voto parlamentare con una questione di carattere storico? È infatti tipicamente totalitaria la pretesa di formulare una dogmatica ufficiale rispetto a interpretazioni storiografiche e filosofiche.
Si potrebbe giustamente osservare che risulta abbastanza ovvio che un parlamento privo di poteri effettivi come quello di Strasburgo, finisca per occuparsi a tempo pieno di propaganda; ma il problema è che il parlamento europeo rappresenta appunto il modello e il destino della politica in quanto tale. Compito della politica è diventato infatti quello di educare le masse all’orrore nei confronti delle ideologie brutte e cattive, per affidarsi invece alla “scienza” ed alla “tecnica”, o sedicenti tali.
Alcuni commentatori hanno sarcasticamente rilevato l’incoerenza di un’Unione Europea che condanna il nazismo e poi si alleva i nazisti ucraini; ma, a ben guardare, c’è di peggio. Sembra infatti che l’esito storico del liberalismo trionfante sia quello di un totalitarismo delle tecnocrazie; o meglio, delle lobby affaristiche che si ammantano di quest’etichetta. Sul piano dottrinario liberalismo e liberismo sarebbero cose molto diverse, eppure sono stati i regimi liberali ad esautorare lo Stato della funzione monetaria e ad affidarla a lobby private del credito.
Il liberalismo ideale di Locke e di Montesquieu consisteva in una separazione ed in un bilanciamento dei tre poteri politici (esecutivo, legislativo e giudiziario), non in una cessione del potere a lobby private. Il liberalismo reale si è rivelato tutt’altro rispetto all’ideale astratto, cioè si è ridotto ad una tecnica di preventiva autoassoluzione delle oligarchie occidentali, le quali avrebbero il monopolio delle competenze (dei “saperi”, direbbe Michel Foucault); per cui il torto starebbe sempre dalla parte dei popoli inferiori e delle classi inferiori. Si tratta quindi di razzismo mascherato da tecnocrazia; ma il liberalismo reale, il liberalismo storico, si è concretizzato appunto in un razzismo così subdolo, pervasivo e onnipresente da diventare impercettibile e scontato come l’aria che si respira.

I genocidi di Hitler e Stalin sono da condannare quotidianamente, mentre i genocidi operati dal colonialismo britannico, francese e belga sono dettagli di cui ci si ricorda ogni tanto e quindi sono ignoti ai più. Nel “Mein Kampf” Hitler ci spiegava che i suoi modelli erano il colonialismo britannico e la segregazione razziale statunitense, compresa l’eugenetica statunitense. In quel periodo il razzismo e l’eugenetica erano la “scienza”, la scienza ufficiale della “civiltà occidentale”, mentre oggi ci vengono spacciati come mere perversioni ideologiche di Hitler.
Se non fosse stato per le esigenze propagandistiche della guerra fredda contro il vituperato comunismo, la segregazione razziale negli USA non sarebbe mai stata abolita. Dalla rivolta di Ferguson del 2014 gli USA sono nuovamente attraversati da tensioni razziali, che non sono genericamente originate solo da un “disagio” sociale o dalle violenze poliziesche, ma si inseriscono nel contesto di un sistema penale che gestisce il lavoro schiavistico, da parte di aziende private, di oltre due milioni di detenuti, in maggioranza neri e ispanici. Episodi di rivolta e di sciopero hanno infatti attraversato negli ultimi anni anche le carceri.
La segregazione razziale è stata quindi reintrodotta negli USA con altri metodi. Il sistema dello sfruttamento del lavoro dei detenuti è stato rilanciato in grande stile negli anni ’80, ma negli anni ‘20 e ’30 dello scorso secolo quel sistema concentrazionario di lavoro coatto era già in funzione (infatti è stato descritto nel famoso film del 1932 “I am a fugitive from a chain gang”) e quindi non ci vuole molto a comprendere dove Hitler, ed anche Stalin, abbiano trovato certi modelli da imitare.
La contiguità tra il nazifascismo e le pratiche coloniali e razziali dei regimi liberali è dal punto di vista storiografico la classica scoperta dell’acqua calda; rimane però ai margini del dibattito a causa della capacità dei regimi liberali di autoassolversi e di occupare stabilmente lo scranno del giudice che inquisisce i misfatti altrui. Di qui anche l’attrattiva che il regime liberale esercita su tutti quelli che intendono garantirsi preventivamente lo status di innocenza.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


08/12/2024 @ 13:10:43
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