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"Politically correct" è l'etichetta sarcastica che la destra americana riserva a coloro che evitano gli eccessi del razzismo verbale. "Politicamente corretto" è diventata la locuzione spregiativa preferita ovunque dalla destra. In un periodo in cui non c'è più differenza pratica tra destra e "sinistra", la destra rivendica almeno la sguaiataggine come proprio tratto distintivo."

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 16/09/2021 @ 00:12:48, in Commentario 2021, linkato 7022 volte)
Non c’è quasi nulla di ciò che sta facendo Draghi che non potesse fare anche Conte, Green Pass compreso. Il “quasi” si riferisce all'unica cosa che Conte non poteva fare, cioè imbarcare la Lega nel governo per ottenerne l’omertà; all’inizio l’omertà riguardava il Recovery Fund, facendo finta di non vedere che non è un aiuto ma nuovo debito e nuovi vincoli.
Oggi l’omertà è sul Green Pass, ed è un’omertà remunerativa, visto che c’è da partecipare alla gestione del business delle app di certificazione sanitaria. I tempi tecnici per l'introduzione del Green Pass comportano pause e rallentamenti; ciò può essere utilizzato politicamente dalla Lega, per accreditarsi presso il proprio elettorato come la forza che frena gli eccessi del governo. I ritardi e gli intoppi tecnici nell'applicazione del Green Pass vengono spacciati da Salvini come propri successi.
L'unico motivo che poteva giustificare la formazione del governo Draghi era questo gioco delle parti, cioè una complicità leghista spacciata come opposizione interna al governo. La presenza della Lega è l’unica vera ragione sociale dell’attuale governo ed è l’unico motivo per cui è stato ripescato Draghi. Ovviamente per i media non è facile narrare questa situazione, perciò i commentatori finiscono per avvitarsi nelle proprie menzogne. I media ci assicurano che l'introduzione del Green Pass ha incontrato il consenso della stragrande maggioranza degli Italiani, tranne le solite frange di no-vax. In tal modo risulta impossibile spiegare i motivi di questa apparente conflittualità nel governo, di un Draghi in perenne lotta con un Salvini di cui non si decide a liberarsi. Se la Lega non stesse distribuendo contentini al proprio elettorato, che anzi non la seguirebbe in queste battaglie, allora perché Salvini insiste nell’agitarsi?
Ecco che si affacciano le spiegazioni “esoteriche” alla Ezio Mauro, che ci descrive una specie di energia negativa che si condensa in grumi reazionari, una specie di gara tra Salvini e la Meloni nell’assecondare le tendenze oscurantiste di una parte minoritaria della società. L’opinione pubblica “progressista” viene così educata a temere l’espressione dei bisogni dei poveri, che sono preda dell’irrazionalità, ed a fidarsi dei banchieri, l’unico argine “razionale” contro la barbarie latente nel popolo.
La realtà però è che il Green Pass ha spaccato il fronte dei vaccinofili, poiché ha reso evidente che non vi sarà fine all’emergenza, quindi ha tolto credibilità alla stessa campagna vaccinale. Le giustificazioni del Green Pass sono cominciate con la menzogna del poter stare in sicurezza in ambienti affollati; poi, dopo la menzogna A, quasi subito è arrivata la menzogna B, affidata al divo televisivo dottor Crisanti e rilanciata dal giornalista Travaglio, cioè che il Green Pass serva da surrogato dell'obbligo vaccinale per indurre i riottosi a vaccinarsi. Il messaggio implicito del Green Pass è invece l'opposto: vaccinarsi non ci farà tornare alla normalità, anzi nuove restrizioni sono in arrivo. Ci avevano detto che vaccinandoci saremmo tornati alla normalità; ora ci dicono che per tornare alla “libertà” ci vuole il Green Pass. La reazione scontata è stare in attesa di cos'altro si inventeranno per prolungare l’emergenza. Minacciare l’obbligo vaccinale è a sua volta un nonsenso, poiché può solo indurre molti ad aspettare che l’obbligo sia effettivo per vaccinarsi senza dover firmare la liberatoria, che per parecchi cittadini è la vera pietra dello scandalo.

Appare chiaro che la campagna vaccinale non è più la vera priorità del governo, cosa che ha deluso i vaccinolatri fanatici della “sinistra antagonista”, che ci si erano giocati la faccia, dimostrando che per loro la priorità non era di smascherare l'ipocrisia dei ricchi ma di fare la morale ai poveri. Scaricare l'onere del rischio della vaccinazione esclusivamente sul cittadino rientra nel classico doppiopesismo, per il quale, quando si presenta il conto, dai poveri e deboli si pretende il pagamento in contanti, mentre i ricchi e potenti possono “pagare” con impegni vaghi e generici, cioè con le cazzate. Alle menti “razionali” e “scientifiche” lo stabilire quale dei due sistemi di pagamento sia il più conveniente. L’Uomo Ragno diceva che a molto potere corrisponde molta responsabilità; purtroppo nella realtà è vero l’esatto opposto: più potere si ha, più è facile sfuggire ad ogni responsabilità.
Affermare che il Green Pass abbia qualcosa a che vedere con la Sanità, rientra appunto nella pura narrativa. Il Green Pass è invece un obbiettivo in se stesso, uno strumento di digitalizzazione di massa. Per ora la versione hard del Green Pass è attuata solo in Italia, Francia e alcuni Stati degli USA, mentre la grande maggioranza degli Stati europei si è tirata indietro, sebbene abbiano meno vaccinati di noi. Questo isolamento di Italia e Francia nel contesto europeo viene occultato dai media italiani, ma non sta qui l'aspetto preoccupante. Anche nel caso della scelta del lockdown, l’Italia all’inizio era isolata, e persino oggetto di scherno da parte degli altri Paesi europei; persino l'Organizzazione Mondiale della Sanità non avallò la scelta del governo Conte. Poi è arrivato il Fondo Monetario Internazionale, che ha sponsorizzato il lockdown, celebrandone persino i vantaggi economici a lungo termine, al che un po’ tutti, tranne la Svezia, si sono adeguati alla direttiva.

I motivi dell'opposizione dell'elettorato leghista al Green Pass sono soprattutto economici. La base elettorale della Lega è composta in gran parte di piccoli imprenditori e loro dipendenti, per i quali il messaggio di un'emergenza infinita equivale alla prospettiva di estinzione. La Lega è costretta quindi a barcamenarsi con un comportamento bipolare: mentre il ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti partecipa ai grossi affari legati alla digitalizzazione, al povero deputato Borghi spetta di cercare di tenere buono un elettorato che si sente tradito, mentre Salvini fa la banderuola.
Tra i tanti paradossi della posizione leghista, c’è anche quello che l’emergenza Covid è stata scatenata pretestuosamente all'inizio del 2020 proprio da parte di una Regione guidata dalla Lega. Il presidente della Regione Lombardia, il leghista Fontana, aveva lanciato l’emergenza sanitaria come grande prova tecnica di “autonomia differenziata”, cioè per strappare privilegi fiscali per il Nord. Ogni emergenza è una cordata di affari e di centri di potere, ma c'è una competizione, così spesso capita che il capo della cordata possa essere scalzato da qualche altro lobbista. Fontana, che aveva dato avvio alla fuga emergenziale, si è ritrovato sopravanzato da Conte e Speranza.

Comunque nell’emergenza Covid l’Italia non è, e non è mai stata, a rimorchio di nessun altro Paese. Persino nel crimine di vaccinare i ragazzi, oggi l’Italia procede da sola e per conto proprio. Nei giorni scorsi Draghi ha celebrato la figura dell’ex ministro del Tesoro Beniamino Andreatta, che ha bene incarnato l’avventurismo criminale delle oligarchie italiane; un avventurismo che però ha sempre trovato la sponda di una fascia di opinione pubblica trasversale alle ideologie e morbosamente incline al moralismo facinoroso.
 
Di comidad (del 23/09/2021 @ 00:17:21, in Commentario 2021, linkato 7068 volte)
Lo schema di colpevolizzazione è sempre lo stesso, quello che si usa quando un bambino rifiuta un cibo particolarmente nauseante: pensa ai bambini poveri che non hanno da mangiare. Oggi lo schema viene adoperato in modo anche più spudorato e ipocrita verso coloro che non si vaccinano: pensa ai Paesi poveri dove vorrebbero vaccinarsi e non possono (ma quando mai!?). Nel 2011 lo schema di colpevolizzazione fu rilanciato in occasione delle cosiddette “Primavere Arabe”: qui in Occidente avete la democrazia e la disprezzate ed invece nei Paesi poveri la invocano. Si creò così il clima adatto per la prima guerra imperialistica politicamente corretta, addirittura “di sinistra”, cioè l’aggressione contro la Libia in “soccorso” del popolo libico. La sedicente “sinistra” smarriva da allora in poi tutti i suoi punti di riferimento storici, in nome di un’infantilizzazione totale, per cui ogni abuso può essere giustificato con predicozzi morali e con la gratificazione di fare dispetto al cattivo di turno: nel 2011 il dispetto era contro il Buffone di Arcore, ritenuto amico di Gheddafi, oggi è contro Salvini o la Meloni.
A distanza di dieci anni dalla eliminazione di Gheddafi e del suo regime, la Libia è nel caos della guerra civile ed è diventata terreno di scontro per potenze straniere. Ma chi ha detto che esportare la democrazia non è servito? Nel caso della Libia è servito, eccome; anche se ovviamente non alla Libia. Il Fondo Sovrano libico, di circa 68 miliardi di dollari, è stato “congelato” nel 2011 dall’ONU, ma mai riconsegnato al governo di Tripoli, pur riconosciuto dalla stessa ONU. La condizione per la restituzione è che il governo di Tripoli dimostri di essere in grado di assicurare la stabilità del Paese. Ma se il governo non ha i soldi come può crearsi i consensi costruendo infrastrutture e distribuendo reddito? Grazie a questo dilemma irrisolto i fondi rimangono congelati, cioè utilizzati da qualcun altro, perché i capitali non rimangono mai davvero fermi e “congelati”, il modo di riciclarli si trova sempre.
L’aggressione contro la Libia di dieci anni fa sembrava all'inizio inquadrabile nei canoni del colonialismo classico, dato che c’era l’evidente tentativo franco-britannico di sloggiare l’Italia e l'ENI dal Nord Africa per conquistare il controllo sia delle risorse petrolifere, sia della sponda meridionale del Canale di Sicilia. Ma l’orgia di politicamente corretto avrebbe già dovuto avvertire che i concetti di vittoria, conquista controllo del territorio, persino la stessa concezione storica della guerra, si andavano dissolvendo per lasciare il posto ad una destabilizzazione permanente. La mobilità dei capitali non è compatibile con la stabilità politica ed economica. Investendo o depositando le sue risorse finanziarie all'estero, la Libia è diventata un ostaggio e una preda; e molti altri Paesi sono nella stessa condizione.

Nel caso dell’Afghanistan il mantra dell’esportazione della democrazia è arrivato ad invasione già avviata, visto che il pretesto iniziale era stato la lotta al terrorismo. Ma anche in questo caso il lucro non è mancato. Il paragone tra Afghanistan e Vietnam non regge, poiché per gli USA il Vietnam fu una guerra vera, con grandi confronti sul campo, non solo con la guerriglia Vietcong ma soprattutto con l’esercito regolare nord-vietnamita. In Afghanistan niente del genere, si è pensato direttamente ad altro.
Gran parte dell'opinione pubblica americana è più “sgamata” di quella europea, quindi più interessata a seguire il percorso dei soldi. Così molti americani sanno che, secondo dati del Pentagono, circa 107 miliardi sono stati corrisposti dal governo USA a compagnie private appaltatrici per la Difesa, tra cui la Fluor Corporation, che si occupa soprattutto di logistica e infrastrutture. Nuovi contratti sono stati stipulati sino all’anno in corso; ma nel frattempo le agenzie appaltatrici per la Difesa, i “contractors”, svolgevano attività di lobbying per accelerare il ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Visto che i contratti di appalto sono già stati concessi, ciò vorrà probabilmente dire che le compagnie ne incasseranno ugualmente i proventi o riscuoteranno delle penali per inadempienza del governo.
Tanto per cambiare, la maggiore compagnia di “contractors”, la Fluor Corporation, ha come maggiori azionisti i soliti noti, gli stessi maggiori azionisti di Pfizer e Google, cioè i fondi di investimento Blackrock e Vanguard Group. A proposito di concentrazione dei capitali.
Ciò fornisce una chiave di lettura anche per il progetto di Difesa europeo, che molti commentatori realistici ritengono assurdo, dato che confliggerebbe con la NATO e con gli interessi USA, qualunque cosa ne dica Mattarella. Solo che “Difesa” non va tradotto con “confronto strategico-militare”, bensì con “appalti”. Già esiste un programma europeo, l’EDIDP, per gli appalti della “Difesa”, con vari progetti in atto, e la Von Der Leyen chiede che ci si investano più soldi. Per questo motivo il lobbying degli appalti ha scatenato i media per auto-colpevolizzare il Sacro Occidente e per rovesciare la narrazione della figuraccia in Afghanistan in un inno alla necessità di riscattarsi dall'onta con una “difesa” europea.
L'interesse italiano per il progetto di Difesa europeo è del tutto comprensibile. Tra gli appaltatori c’è infatti l’ex Finmeccanica, che oggi si fa chiamare Leonardo, con ben undici progetti in operatività. Anche Finmeccanica vanta circa un 5% di partecipazione azionaria da parte di Blackrock. Occorrerà seguire i flussi di capitale azionario per capire se la sedicente “Difesa europea” avrà un futuro “luminoso” oppure no. (5)

Ringraziamo Claudio Mazzolani e Michele per la collaborazione.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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