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"La privatizzazione è un saccheggio delle risorse pubbliche, ma deve essere fatta passare come un salvataggio dell’economia, e i rapinati devono essere messi nello stato d’animo dei profughi a cui è stato offerto il conforto di una zuppa calda. Spesso la psico-guerra induce nelle vittime persino il timore di difendersi, come se per essere degni di resistere al rapinatore fosse necessario poter vantare una sorta di perfezione morale."

Comidad (2009)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 21/10/2021 @ 00:05:01, in Commentario 2021, linkato 6774 volte)
Il giornalista Federico Rampini ha scoperto che la sua missione nella vita è di convincerci che bisogna a tutti i costi fermare la Cina. E, invece, di fermare l’Italia, che è molto più pericolosa, non se ne parla proprio. L'ex Presidente del Consiglio Romano Prodi canta le lodi del Green Pass totalizzante, che dimostrerebbe che noi Italiani siamo i più bravi al mondo. Mentre altri promettono che a gennaio il Green Pass svanirà (ovviamente se faremo i buoni), Prodi invece dichiara senza pudore che lo si manterrà finché ce ne sarà bisogno, cioè da qui all’eternità. Prodi ha trovato anche il modo di fare il moralista inflessibile con coloro che il 15 ottobre, primo giorno del Green Pass sui luoghi di lavoro, si sono dati malati. Un classico del moralismo: celebrativi nei confronti della crudeltà, spietati verso le debolezze umane.
Durante il lockdown la digitalizzazione si era presentata col volto rassicurante dell’ancora di salvezza, dello strumento provvidenziale che consentiva di continuare a garantire i rapporti sociali, la produzione e i consumi. Il Green Pass ci svela invece il volto osceno del vampirismo digitale, della digitalizzazione forzata che prende in ostaggio i rapporti sociali, trasforma le persone in appendici biologiche di una app e pone l'identità digitale come viatico non solo della socialità ma anche della pura sopravvivenza.
I lockdown hanno messo fuori mercato migliaia di piccole aziende, e ci hanno raccontato che ciò era normale darwinismo sociale: nei momenti difficili i forti come Amazon sopravvivono, mentre i deboli bottegai e artigiani soccombono. Dato che si trattava di “selezione naturale”, non si dovevano versare lacrime sull’estinzione di imprese che vivevano di evasione fiscale e di inquinamento. Viva allora le multinazionali, che non hanno bisogno di evadere il fisco perché lo eludono legalmente con i paradisi fiscali e con le fondazioni “non profit”, e non inquinano col CO2 ma col litio.

Il denaro segue il denaro ed i flussi di capitali seguono i flussi di capitali, perciò esiste una tendenza intrinseca del capitale a concentrarsi in poche mani; ma ciò vale univocamente solo per la finanza, mentre nell’ambito industriale vi sono delle controtendenze. Ora, con l’istituzione del Green Pass, abbiamo ancora una volta l'evidenza che la concentrazione dei capitali industriali non è operata affatto dalla selezione di mercato nei momenti difficili, bensì con mezzi politici, con ostacoli pretestuosi alle attività economiche, con forzature narrative, con impalcature emergenzialiste che si rivelano strumenti dell'assistenzialismo per i più ricchi. Gli ostacoli frapposti artificiosamente alle attività produttive tradizionali, aprono spazio all'ingresso trionfale del capitale multinazionale, cioè del capitale più assistito dallo Stato.
L’Italia è oggi l’unico Paese al mondo ad adottare il Green Pass sui luoghi di lavoro, e ciò è in linea col fatto che anche la falsa emergenza pandemica è uno strumento di dominio lanciato in Europa dal “genio italiano” (sempre per citare Prodi), anzi, per essere più precisi, dal genio della Regione Lombardia. L’identità digitale obbligatoria si prospetta come il più grande business della storia, con risvolti militari ed anche finanziari, come la moneta elettronica. Riuscire ad essere la prima oligarchia che piega la propria popolazione a fare da cavia dell’identità digitale obbligatoria, non significa riscuotere la medaglietta o il diploma, ma mettersi in prima fila nella spartizione degli affari e delle quote dei Quantitative Easing della BCE.

Dal marzo dello scorso anno, l’Italia riesce a detenere lo scettro dell’emergenzialismo, che consente di mettere gli altri Paesi davanti al fatto compiuto e di dettargli le scadenze. In base ai soliti pregiudizi razzistici, nelle cancellerie europee ci si attarda a considerare gli Italiani come i soliti “furbetti” che non vogliono pagare i debiti. Non si comprende che col paravento autorazzistico della bistrattata Italietta frivola e pacioccona che vive all’ombra dell’imperialismo tedesco, l’oligarchia italiana sta cercando in realtà di ridefinire ed elevare il suo status all’interno della gerarchia imperialistica internazionale, ponendo l’Italia come il più importante laboratorio delle multinazionali del digitale. Partire ed arrivare primi nella corsa alla digitalizzazione non è questione di semplice prestigio, ma di diventare i principali referenti delle lobby d'affari del digitale. Per raggiungere lo scopo, il proprio popolo diventa il nemico da battere; e, pur dietro il velo delle cazzate, l'intento delle oligarchie appare evidente.
In tutti i conflitti imperialistici, anche in quelli ibridi e a bassa intensità come questo, il proprio popolo per le oligarchie rappresenta il primo bersaglio e svolge la funzione di cavia e di carne da macello. Le stesse opposizioni spontanee al Green Pass sono, per la potenza dei luoghi comuni, costrette inizialmente a muoversi in nome delle difesa della democrazia e della legalità costituzionale, cioè di cose che non sono mai esistite. Anche in Italia ci vorrà tempo per capire che lo scenario attuale non rientra semplicemente in un piano delle oligarchie mondialiste ma anche in uno scontro imperialistico tra di esse.

Ogni conflitto imperialistico comporta anche la guerra civile, ed un conflitto imperialistico a bassa intensità non esclude affatto la brutalità, tutt'altro; brutalità non solo contro le opposizioni, ma anche nei confronti dei servi, a cui non si risparmia nessuna umiliazione e non si concede più alcuna parvenza di dignità, come si è visto con Maurizio Landini e con quei professori universitari costretti per paura a firmare un puerile ed auto-squalificante appello contro Giorgio Agamben.
 
Di comidad (del 14/10/2021 @ 00:12:20, in Commentario 2021, linkato 6876 volte)
Ormai anche ai margini della comunicazione mainstream comincia a farsi strada la consapevolezza che il Green Pass non ha niente a che vedere né con la sicurezza degli ambienti, né con la campagna vaccinale, e infatti la spinta a nuove vaccinazioni si è rivelata pressoché nulla. Il Green Pass ha uno scopo in se stesso: un sistema di digitalizzazione di massa che consente un tracciamento capillare per raccogliere dati da utilizzare sia a fini fiscali, sia a fini commerciali. Per ottenere il risultato si è disposti a pagare anche il prezzo di creare il caos nei luoghi di produzione. Con suprema faccia tosta è stato lo stesso ministro Roberto Speranza ad ammetterlo, quando ha definito il Green Pass “la più grande opera di digitalizzazione di massa mai fatta”.
Ma anche nell’epoca del controllo digitale, per il dominio rimangono fondamentali il controllo ideologico e la manipolazione ideologica. La tirannia del digitale necessita ancora della tirannia delle parole, che giustifica a sua volta la vecchia e cara tirannia delle manganellate. Progresso sì, ma fino a un certo punto. Il potere rimane arcaico nei suoi meccanismi fondamentali.
Nel caso dell’incursione di sabato scorso nella sede romana della CGIL, i grandi quotidiani hanno richiamato le azioni dello squadrismo fascista del 1921, che comportarono la distruzione di centinaia di Camere del Lavoro e di sedi di cooperative. Il paragone però si è rivelato improvvido, poiché nel 1921 lo squadrismo fascista si avvaleva della connivenza o della diretta collaborazione dell’establishment statale e privato. E infatti anche sabato scorso, il Ministero degli Interni non solo ha lasciato fare ai teppisti, ma ha anche dato spazio per l’occasione a personaggi le cui storiche protezioni da parte di servizi segreti italiani e stranieri sono note e documentate.
Adesso invece Maurizio Landini si//] trova schiacciato su Enrico Letta nell’avallare il falso storico e ideologico secondo cui il fascismo sarebbe l’effetto di torbide passioni popolari e “populiste” contro l’establishment, facendo finta che Forza Nuova non sia una squadra di agenti provocatori agli ordini dei soliti noti, ma una forza autonoma che detiene un suo proprio “feeling” con le energie oscure che allignano tra le masse. In realtà un fascismo anti-establishment non esiste e non è mai esistito, ed infatti recentemente le maggiori sfide ideologiche alle Costituzioni antifasciste sono pervenute da banche come Jp Morgan con un suo documento del 2013. Come mai le nostalgie fasciste di JP Morgan sono state rimosse dal circo mediatico? Massimo Giannini sarà credibile quando farà gli esami di antifascismo non solo alla Sorella d’Italia ma anche ai banchieri.

Pare che sia bastata la visitina di alcuni di quegli impiegati “informali” del Ministero degli Interni nella sede romana della CGIL per arruolare a tutti gli effetti Landini nel fronte pro Green Pass. Landini avrebbe potuto domandare alle autorità preposte all'ordine pubblico come mai abbiano lasciato per decenni certi soggetti impuniti e protetti, ma non se l'è sentita di passare da complottista e no vax, perciò si è preso disciplinatamente le carezzine e gli abbracci di Mario Draghi, accorso a “confortarlo”, cioè a metterlo in soggezione; tanto che nelle foto Draghi sembrava di tre metri più alto di Landini. L'Italia è l’unico Paese in cui il potere tiene a bada i dirigenti sindacali senza il bisogno di spendere per comprarseli, ma solo con minacce e pacche sulle spalle.
Le campagne di falso antifascismo sono una pacchia per la pantomima dei partiti: il PD può operare la “reductio ad fascismum” di chiunque dubita della santità dell'Europa e di Draghi, mentre le destre possono recitare la parte delle vittime e rivangare i crimini del comunismo. Per Landini invece è un disastro, perché viene costretto a giocare fuori ruolo.

Il successo dello sciopero dei sindacati di base di lunedì scorso, dimostra che la propaganda mediatica era fasulla, che non era vero che il Green Pass riscuote il consenso o la rassegnazione della maggioranza dei lavoratori, in quanto “vaccinata”. Quindi i sindacati confederali avevano i margini per reagire all’umiliazione inflitta loro da Draghi, quando erano stati convocati dal governo solo per comunicazioni e non per trattare. Ma per Landini e per la “sinistra” ora all'ordine del giorno, come già all'inizio degli anni ’70, invece della difesa del lavoro, c’è la proposta di scioglimento delle organizzazioni fasciste; ma sembra che, oggi come allora, nella lista non vi sia proprio la più sospetta: il Ministero degli Interni.
Le destre se la prendono con la ministra Lamorgese, che probabilmente in questa storia è l’unica che non c’entra niente; come se non si sapesse che al Ministero degli Interni il ministro ormai conta meno di un usciere. Sono decenni che a presiedere il dicastero vengono chiamati personaggi improbabili, incapaci di dirigere alcunché, da Angelino Alfano allo stesso Matteo Salvini, che nel periodo in cui si è fregiato del titolo di ministro ha passato il suo tempo in giro a fare propaganda elettorale. In questi anni l’unica parziale eccezione alla regola è stata Marco Minniti, che è uno sbirro nell’animo e sapeva dove mettere le mani, ma dopo di lui si è tornati alla piena normalità. In effetti chi sia il vero capo del Ministero, non si sa, e forse non è neppure necessario che ci sia; infatti si riconoscono gli schemi usuali di provocazione e destabilizzazione sui quali si muove il Ministero, sempre gli stessi da più di mezzo secolo. Qualcuno si è domandato il motivo per il quale nell’allestire la provocazione non si sia fatto ricorso a personaggi meno sputtanati di Roberto Fiore e Giuliano Castellino. In realtà è proprio la spudoratezza dell’operazione il suo vero messaggio intimidatorio a Landini: possiamo fare quello che ci pare, possiamo inventarci quello che ci pare, nessuno è al sicuro.

Il pubblico ministero nella requisitoria al processo contro il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, ha accusato l'imputato di non aver agito con la motivazione di migliorare l'accoglienza degli immigrati ma per procurarsi voti. Insomma, non conta se le cose che hai fatto fossero giuste o meno, conta l'intenzione, e quelle di Lucano non erano abbastanza pure. Tredici anni di carcere ben meritati, così impari a cercare la benevolenza degli elettori. Draghi è uno che ha capito in tempo la lezione, infatti degli elettori se ne frega, visto che non l'ha votato nessuno; e può fare tutto il male che vuole, perché le sue intenzioni sono pure, almeno così ci raccontano i media. Anche nel caso Lucano il messaggio è abbastanza chiaro: possiamo incensarvi mediaticamente e il giorno dopo distruggervi; e possono piombarvi addosso le condanne più dure senza che vi siano non solo prove, ma neppure vere accuse. La fifa di Landini ha quindi i suoi fondati motivi.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


24/04/2024 @ 03:58:10
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