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""Napoli" è una di quelle parole chiave della comunicazione, in grado di attivare nel pubblico un'attenzione talmente malevola da congedare ogni senso critico, per cui tutto risulta credibile."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 23/06/2022 @ 00:17:39, in Commentario 2022, linkato 6442 volte)
Un po’ di sano realismo dovrebbe metterci in guardia quando ci viene attribuita troppa importanza, dato che, come è noto, del nostro parere non gliene frega niente a nessuno. Tutta questa attenzione dei media e dei sondaggisti circa l’opinione degli Italiani sull’invio di armi all’Ucraina, quindi sa molto di espediente per veicolare altri messaggi. Come ci è stato spiegato dal segretario della NATO Stoltenberg, la guerra sarà “lunga”. Lunga quanto? Probabilmente finché gli farà comodo farci credere che una guerra in corso ci sia. Se qualcuno obietta all’invio di armi, dicendo che così si allunga la guerra, a Stoltenberg gli va bene, perché è proprio alla guerra lunga che dobbiamo credere fideisticamente. Mentre risulta irrealistica la prospettiva di una prosecuzione della mitica “resistenza ucraina” (ammesso che ancora ci sia), si fa invece sempre più concreta l’eventualità di uno scontro nucleare con la Russia, dato che la UE e la NATO procedono in base ad un automatismo irresponsabile.
Poco attendibili appaiono anche i bollettini di guerra che ci vengono propinati a proposito delle perdite sul campo, a livelli da prima guerra mondiale. In realtà nella prima guerra mondiale si trattava di soldati di leva, a cui gli alti comandi non davano alcuna considerazione, dato che erano facilmente sostituibili. Altra cosa è quando bisogna mandare all’attacco soldati professionali, il cui addestramento rappresenta un costo pesante e perciò non sono agevolmente rimpiazzabili. Non è neppure facile indurre i soldati ad attaccare quando le condizioni siano sfavorevoli, e infatti durante la prima guerra mondiale si ricorreva massicciamente alla fucilazione non solo dei disertori ma anche degli “sbandati”, che spesso erano solo quelli che erano rimasti vivi dopo un attacco fallito. L’anno scorso in parlamento si è pensato anche di riabilitare le vittime di tante fucilazioni sommarie, perché, quando si tratta di crimini di più di cento anni fa, si può anche essere equanimi.
Il politicamente corretto non è poi così severo, consente persino di fare gli “antimilitaristi”, magari di sognare un mondo senza guerre, nel quale i soldi per le armi vengano utilizzati per distribuire miliardi di dosi di vaccino ai poveri del mondo, che, si sa, non aspettano altro. Non ci si è accorti infatti che anche la pandemia, le campagne vaccinali e i passaporti sanitari rientravano nella militarizzazione della società e dell’economia, usando allo scopo uno pseudonimo della guerra, cioè l’emergenza. Proclamando l’emergenza bellica, il governo Draghi ha ricondotto il concetto di emergenza alla sua matrice originaria.

La guerra in Ucraina “sarà lunga” perché così si crea l’emergenza infinita che farà digerire il razionamento energetico dando la colpa a Putin. Il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, ha dichiarato che il razionamento del gas è l’unico modo per “distruggere la domanda” di gas ed abbassare i prezzi. Tabarelli ha chiaramente candidato l’Italia a svolgere il ruolo di colonia deflazionistica in Europa, deindustrializzando il nostro Paese in modo da diminuire drasticamente la domanda ed il prezzo del gas e di tutte le altre materie prime. Ma vale la pena di distruggere il sistema industriale pur di bloccare l’inflazione? Sì, se si considera che l’inflazione favorirebbe i debitori e danneggerebbe i creditori, cioè le multinazionali finanziarie, ovvero la lobby più importante di tutte.
La dichiarazione e l’esplicita citazione delle parole di Mario Monti del 2011, non sono sfuggite ai commentatori più attenti: vi sono stati anche rilanci sui social che hanno messo in evidenza il senso deflazionistico di quelle parole. A differenza di dieci anni fa, oggi si è fatta strada la consapevolezza che la deflazione non è uno sfortunato effetto collaterale del “risanamento dei conti” ma un obbiettivo in sé.
La mitica “stagflazione” si rivela ancora una volta un ossimoro imposto dalla propaganda ufficiale, un alibi per forme coercitive di deindustrializzazione. Si cercherà anche stavolta di farci credere che a questo ruolo di colonia deflazionistica ci costringano gli altri Paesi. Questo abbaglio fu preso nel 2011, quando quasi tutti si bevvero la fiaba secondo cui l’imposizione del governo Monti e dell’austerità ci provenissero dalla Merkel. Così non era, dato che la famosa lettera della Banca Centrale Europea a firma di Trichet e Draghi, fu scritta in Italia, dall’allora direttore generale della Banca d’Italia ed attuale ministro dell’Economia, Daniele Franco. A testimoniarlo è Renato Brunetta, che, con l’ingresso nel governo Draghi, è stato risarcito del torto subito dieci anni prima, quando fu sloggiato in malo modo. Il nemico più pericoloso non ce l’abbiamo all’estero ma dentro casa.
Va sottolineato che prima di essere travolto, il governo del Buffone di Arcore non soltanto già perseguiva una linea di austerità e di crudeli tagli di bilancio, ma aveva addirittura chiesto la tutela ed il monitoraggio del Fondo Monetario Internazionale. La stessa cosa avrebbero fatto anche i governi di Bersani o Fini, se Napolitano avesse consentito lo svolgimento delle elezioni. Monti fu imposto non perché fosse necessario per attuare l’austerità, ma perché i nostri oligarchi dovevano “stupire” l’Europa e il mondo intero, dimostrando che il popolo italiano è talmente al guinzaglio da fargli digerire qualunque cosa, persino i colpi di Stato. Gli effetti speciali devono essere sempre più spettacolari per impressionare il pubblico mondiale: dopo i golpe, i lockdown ed il green pass, ora anche il razionamento energetico.
Nessuno oggi è in grado di costringerci a svolgere il ruolo di colonia deflazionistica, poiché la stessa debolezza finanziaria dell’Italia è in parte reale ed in parte narrata, dato che il Quantitative Easing e tutti gli altri programmi di acquisti di titoli da parte della BCE, non reggono solo il debito pubblico dell’Italia ma anche, e soprattutto, il debito privato di altri Paesi. La stessa Germania è vulnerabile, poiché si ritrova il bubbone Deutsche Bank pronto a scoppiare. Ancora una volta l’oligarchia nostrana disegna i suoi percorsi di grandeur internazionale dimostrando ai “partner” europei la sua capacità di esercitare uno spietato controllo sulla propria popolazione usandola come cavia e carne da macello. Non si tratta perciò di un colonialismo imposto dall’esterno, bensì della dimensione storica del potere nell’Italietta, cioè l’auto-colonialismo, la ricerca da parte dell’oligarchia nostrana di “vincoli esterni”, di sponde imperialistiche per rilanciare la propria potenza. In questo schema di potere, l’esibizione, anzi l’ostentazione, della propria brutalità contro la popolazione rappresenta un modo per accreditarsi presso i padroni stranieri, e per suscitare in loro timore e considerazione.
 
Di comidad (del 16/06/2022 @ 00:11:15, in Commentario 2022, linkato 6412 volte)
Negli Stati Uniti, date le distanze, il flusso di benzina è come la circolazione sanguigna della società. Il fatto che negli USA, che pure sono uno dei maggiori produttori di petrolio, il prezzo della benzina sia raddoppiato in meno di un anno, mette in crisi la tenuta sociale del Paese. I nostri servizi segreti dovrebbero tenere d’occhio anche l’insospettabile agenzia ANSA, che dà conto dei malumori del popolo americano, sottolineando che esso non crede a Biden quando questi cerca di scaricare la colpa degli aumenti su Putin.
La crisi energetica era conclamata già dallo scorso anno. Vi fu anche un Consiglio dei Ministri dell‘Energia europei che si risolse con un nulla di fatto, concludendo che gli approvvigionamenti e i contratti fossero affare dei singoli Paesi. Nello scorso mese di dicembre era chiaro a tutti che si sarebbe andati incontro ad un anno drammatico sul tema dell’energia. Nello stesso periodo in Italia fu convocato ben tre volte il Consiglio dei Ministri durante le festività natalizie, ma non per parlare di energia, bensì per prendere provvedimenti vessatori nei confronti dei non vaccinati. Per il governo Draghi la priorità era, ed ancora è, quella di irreggimentare e controllare la popolazione.
Dopo due anni di grancassa sulle mirabilie del Recovery Fund, ci si fa sapere adesso che l’Italia è nei guai, poiché la Banca Centrale Europea, dopo la chiusura del PEPP a marzo, dal primo di luglio cesserà anche l’ultimo programma di acquisti del debito pubblico dei Paesi europei, l’APP. La sopravvivenza dell’Italia quindi non era legata ai quattro spiccioli ed ai prestiti del Recovery Fund, ma alla creazione di moneta da parte della BCE. I soldi che l’Italia deve alla BCE sono puro esercizio contabile, dato che si tratta di denaro creato dal nulla. I prestiti del Recovery Fund invece vanno restituiti e comportano innumerevoli vincoli. E allora si dovrebbe spiegare perché il governo Draghi, a differenza degli altri Paesi europei, non ha approfittato fino in fondo della fonte miracolosa della BCE ed ha tenuto invece a far indebitare l’Italia anche col Recovery Fund. Sarebbe però un errore sopravvalutare il ruolo personale di Draghi, poiché si tratta di uno schema di potere consolidato e ricorrente, per cui qualsiasi altro Presidente del Consiglio avrebbe fatto lo stesso.
Ancora una volta i vincoli sono stati cercati e creati ad arte, a dimostrazione che la vera priorità dell’oligarchia nostrana non è affatto la tenuta dell’economia, bensì il controllo sociale in quanto tale. La capacità di esercitare il controllo sociale è il percorso di grandeur e di status internazionale che storicamente l’oligarchia italica si è delineato. Si tratta di un fenomeno di auto-colonialismo, nel quale l’oligarchia di un Paese stabilisce un “vincolo esterno” che serve da ombrello e da alibi per giustificare l’oppressione della propria popolazione. Aver ridotto l’Italia ad un laboratorio delle multinazionali consente agli oligarchi italiani di inserirsi nel giro delle lobby che contano. Si entra dalla porta di servizio, ma l’arte dei servi sta nel saper rendersi indispensabili.

Se si vuole trovare un modello di potere analogo a questo, occorre ritornare a figure legate al vecchio latifondismo: i campieri. Le confraternite dei campieri furono alla base della nascita delle organizzazioni mafiose che conosciamo. Una memoria storica falsata localizza il fenomeno solo in Sicilia, ma in realtà era molto più esteso. La storiografia ufficiale se ne è occupata pochissimo, ma se ne trovano tracce nell’ambito della letteratura realistica. Nel romanzo “Adua” di Manlio Cancogni (pubblicato con lo pseudonimo di Giuseppe Tugnoli) si narra delle bande criminali al servizio dei latifondisti in Emilia-Romagna, la cui influenza arrivava sino alla Liguria. Dal romanzo fu tratto anche uno sceneggiato televisivo RAI, fedele al romanzo e piuttosto pregevole nella realizzazione, a cura del regista Dante Guardamagna.
I campieri non erano semplici guardiani del latifondo al servizio dei baroni, poiché perseguivano un proprio schema di potere, per cui il servo era in grado di intimorire e spaventare anche il padrone mostrandogli la propria capacità di esercitare un controllo capillare e spietato sui braccianti. La condizione servile diventava così un trampolino di lancio per un percorso di potere criminale, in grado di scalzare alla lunga anche i baroni. Emigrati in America, molti ex campieri misero le loro “competenze” al servizio degli industriali per la repressione antioperaia. Anche in quel caso la dinamica servo-padrone consentì alle organizzazioni mafiose di acquisire il controllo di strutture economiche strategiche come i porti.
I nostri oligarchi esibiscono all’estero la loro capacità di trasformare gli Italiani in animali addestrati, in animali da circo, a cui imporre qualsiasi umiliazione: “riforme strutturali”, lockdown, mascherine, Green Pass, obbligatorietà di un vaccino non approvato in via definitiva, e di qui a poco anche il razionamento energetico. La propaganda ufficiale rappresenta da sempre il popolo italiano come indisciplinato e spendaccione, in modo da esaltare le doti di “domatori” dei nostri campieri, che così riscuotono la considerazione ed il timore delle oligarchie straniere, alle quali pur essi si mostrano sottomessi. La rappresentazione mitologica dei “vizi italici” consente anche ai poteri criminali nostrani di mimetizzarsi nelle pieghe della retorica “educazionista”, riscuotendo così il plauso dell’opinione pubblica moralista, quella pronta ad attribuire una funzione salvifica ai provvedimenti punitivi.
Chi pensa che il problema dei nostri oligarchi sia la loro eccessiva sottomissione alla NATO ed alla UE, magari si illude che, avendo come sponda internazionale la Russia, le cose potrebbero andare meglio. In realtà passare da una sponda imperialistica ad un’altra servirebbe soltanto a vedere i nostri oligarchi, i nostri campieri, trasformarsi da cacciatori di “putiniani” in cacciatori di “anti-putiniani”.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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