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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 01/09/2022 @ 00:07:18, in Commentario 2022, linkato 6038 volte)
La suggestione mediatica sulla questione del gas russo sta creando strani meccanismi di oblio. Si va smarrendo il dato fondamentale che l’esplosione dei prezzi delle materie prime risale allo scorso anno, quindi a ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina e della imposizione delle sanzioni.
Nessuno osa dubitare che nella santa Unione Europea tutto si faccia per il nostro bene e che quindi la liberalizzazione dei prezzi dell’energia fosse motivata dal farci risparmiare. Sta di fatto però che questa liberalizzazione ha consentito una massiccia finanziarizzazione dei mercati delle materie prime come il gas. Mentre l’opinione pubblica viene indotta a credere che sui mitici mercati vi sia un confronto tra offerta e domanda di quantità effettive di materie prime, in realtà la gran parte degli scambi riguarda prodotti finanziari derivati. A loro volta questi prodotti finanziari derivati possono essere presentati come strumenti per assicurarsi contro la volatilità dei prezzi, ma possono essere usati anche per un fine esattamente opposto, cioè speculare al rialzo o al ribasso sui prezzi; per cui oggi la gran parte degli investitori è del tutto disinteressata alla materia prima in quanto tale ed alle sue implicazioni industriali. La finanza è mera riproduzione delle gerarchie sociali: i ricchi che cercano di diventare più ricchi; tutto il resto è solo letteratura lobbistica, dal grande reset al transumanesimo, a tutte le altre trans-cazzate.
Altro dato da tenere presente è la concentrazione di potere finanziario attorno a questi mercati delle materie prime. Non solo la Borsa di Amsterdam ma anche quella di Chicago sono sotto il controllo di un’unica istituzione finanziaria privata, l’Intercontinental Exchange (ICE), i cui azionisti sono sempre i soliti noti, da Vanguard Group a Blackrock. Niente di male, per carità, ma questo è già il secondo dettaglio che rende un po’ labile la nozione di mercato, dato che di fatto si riscontra un oligopolio finanziario.
Questi aumenti dei prezzi erano quindi iniziati prima della guerra ed hanno in gran parte una base puramente finanziaria. Ciò non toglie però che ci si possa aggiungere dell’altro. Le aziende energetiche nostrane, come l’ENI, hanno acquistato gran parte dei combustibili con contratti a lungo termine, che non hanno risentito del recente rialzo dei prezzi. Gli aumenti dei prezzi erano quindi immotivati, per cui il ministro Cingolani non aveva esitato a parlare di “truffa”. Di fronte a questa evidente “notitia criminis” nessuna Procura ha ritenuto di convocare il ministro per chiedere chiarimenti.
Ma il governo Draghi aveva deciso di fare giustizia imponendo una bella tassa sugli extra profitti delle aziende. Solo che al momento di riscuotere c’erano dieci miliardi in meno. Che fine hanno fatto? Non si sa. Comunque, al di là del caso specifico, chi dice di voler riparare i torti per via fiscale ci sta (o si sta) prendendo in giro. Semmai il governo, che è azionista dell’ENI, dovrebbe spiegarci cosa intende fare dei ricchi dividendi che incasserà.

In questo contesto si levano sempre più voci che invocano il razionamento energetico e persino esponenti di Confindustria si uniscono al coro. Se si analizzano però le varie dichiarazioni di Tabarelli, Clò e Bonomi, le motivazioni della richiesta appaiono ambigue e sfuggenti. Si tratta di fare un “piano” di razionamento, nel caso che la Russia tagliasse le forniture di gas? Oppure si tratta di far partire il razionamento vista l’insostenibilità dei prezzi? Come si vede siamo di fronte a tecniche di suggestione. Si richiede l’assenso su una cosa ovvia: avere un piano “in caso” di emergenza; ma poi si dà questa emergenza per scontata. Il “rimedio” all’emergenza a sua volta non ha alcuna attinenza con la presunta emergenza stessa, dato che non è stato l’aumento della domanda a causare l’aumento dei prezzi. Il problema è che il razionamento comporta dei costi, e quindi è un business; e poi consente di discriminare figli e figliastri, e quindi è potere. Ciò spiega tanta euforia nell’invocare il razionamento. I nostri oligarchi non sono all’altezza di Intercontinental Exchange e di Vanguard Group, però nel loro piccolo si fanno valere. Del resto l’emergenzialismo funziona così bene proprio perché quasi nessuno pensa di contrastarlo, ma solo di ritagliarcisi un proprio stagno per pescare nel torbido.
Il trucchetto retorico della confusione tra “avere un piano in caso di…” ed il partire invece sparati col razionamento, è stato messo su anche dall’ex ministro Giulio Tremonti in una delle sue tante interviste televisive. Tremonti ci aggiunge del suo, trattandoci da cittadini maturi e responsabili, rivelandoci la dura verità, quindi dovremmo ringraziarlo. La sinistra, compresa quella antagonista, si è innamorata del vaccino, vissuto come il farsi una grande “pera” collettiva di socialismo; non mancherà quindi di innamorarsi del razionamento e dei black-out, perché fanno un po’ comunismo e un po’ ambientalismo. Come si vede, però il razionamento eccita anche la destra. Ovviamente ci sono state piogge di commenti entusiastici per la stima che Tremonti ha dimostrato nei confronti dei cittadini italiani; peccato che, pur nei meandri della retorica tremontiana, la presa per i fondelli saltasse agli occhi. Secondo Tremonti, regolare i mercati sarebbe come voler educare una tigre, perciò meglio prendersela con le pecore come noi. Ai potenti la libertà del mercato, ai fessi la disciplina dirigista del razionamento. La nemesi però è in agguato: mentre la rivoluzione mangia i suoi figli, spesso l’emergenzialismo rinnega i suoi padri. Tremonti dovrebbe ricordarsi che fu proprio lui ad inaugurare l’austerità in versione dura nel 2010, ma l’anno dopo Monti gli rubò il copyright e i media fecero passare il povero Giulio da scialacquatore. Allo stesso modo, se Tremonti riuscisse a ridiventare ministro dell’Economia e ad allestire una bella macchina di potere e affari col razionamento, è molto difficile che poi la lascino gestire a lui, come è successo anche a Conte con la psicopandemia.

Ingenuo con i forti, Tremonti però sa fare il furbo con i deboli. La ciliegina sulla torta emergenzialista di papà Tremonti è infatti la promessa di andare da zia Europa a chiedere le risorse per sgravare benzina e bollette da accise e IVA. In realtà se oggi il prezzo del gas è arrivato a livelli che non hanno più alcun riscontro con i dati di fatto, è proprio merito di zia Europa; e non solo per le sanzioni alla Russia, ma per il modo in cui sono state gestite. La presidente della Commissione Europea Von Der Leyen ha cominciato a parlare immediatamente di razionamento, e questo comportamento in termini di codice penale rientra nell’aggiotaggio o nella manipolazione del mercato. La Commissione Europea riesce sempre a far saltare la lancetta dello schifometro; basti considerare la sua risposta al mediatore/difensore civico europeo allorché questi aveva richiesto di accedere ai messaggi tra la Von Der Leyen e Bourla, il CEO di Pfizer. Secondo la Commissione Europea i messaggi potevano essere cancellati in quanto ritenuti effimeri e non importanti, nonostante riguardassero la stipula di contratti miliardari. La Commissione Europea quindi rivendica il diritto a cancellare le prove dei propri reati.
 
Di comidad (del 08/09/2022 @ 00:08:47, in Commentario 2022, linkato 7169 volte)
Avventurarsi nelle precisazioni è sempre una pratica molto insidiosa, poiché ciò che si dice rispetto ad un certo contesto, viene spesso percepito come una tesi assoluta. Il tentativo di contrastare le banalizzazioni e le caricature può essere strumentalizzato per alimentare altre banalizzazioni e caricature. La morte di Michail Gorbaciov è stata l’occasione per riproporre la dicotomia tra un Gorbaciov liquidatore, più o meno volontario, del comunismo e dell’impero sovietico, ed un Putin che invece si pone come restauratore dell’imperialismo russo. Si è anche diffusa l’immagine di un Gorbaciov che, come Alice nel Paese delle Meraviglie, si sarebbe affidato ingenuamente alle vaghe rassicurazioni americane di non espandere la NATO ad est. In base a questa dicotomia ed a questa immagine, Gorbaciov può assurgere sia ad icona positiva del politicamente corretto, sia ad icona negativa del cosiddetto sovranismo.
Le cose in realtà sembrerebbero più complicate di così. Il fatto che Gorbaciov abbia preso atto dell’insostenibilità economica dell’impero sovietico nell’Europa Orientale, non implica affatto che egli avesse intenzione di rinunciare al ruolo di contenimento rispetto all’imperialismo USA. Se si prende ad esempio un caso specifico come l’atteggiamento nei confronti di un Paese alleato come l’Iraq, allora non regge per niente la dicotomia tra un Gorbaciov remissivo e un Putin aggressivo. L’operazione “Desert Storm” del 1991 è stata l’apoteosi della propaganda bellica occidentale, anche per l’ingresso di un nuovo soggetto mediatico, la CNN; ma sul piano degli effettivi risultati militari l’operazione non fu affatto un trionfo. Ogni volta che qualche notizia concreta è riuscita a rompere il diaframma della propaganda, questa veniva smentita. L’efficacia della contraerea irachena fu dimostrata dalla quantità di piloti occidentali catturati ed esibiti in TV; ma l’aspetto più clamoroso riguardò il fallimento del sistema antimissile americano “Patriot”, che venne “bucato” più volte dagli antidiluviani “Scud” iracheni (in pratica delle V2 della seconda guerra mondiale). Nelle ultime ore di guerra i fisici balistici russi che assistevano l’Iraq, vollero lasciare un loro inconfondibile marchio di fabbrica, colpendo con precisione millimetrica una caserma americana a Riad, collocata proprio davanti all’albergo dei giornalisti, in modo da evitare occultamenti dei danni. Tutto ciò non trasforma certamente Gorbaciov in campione dell’antimperialismo, ma si deve notare che invece nel 2003, in epoca Putin, l’Iraq non ricevette alcuna assistenza militare dalla Russia. Nel 2011 un’altra alleata della Russia, la Libia di Gheddafi, fu ugualmente abbandonata di fronte all’aggressione della NATO.
Un caso in cui invece l’immagine di un Gorbaciov/Alice ha una sua attendibilità, riguarda la fondazione di Gazprom nel luglio del 1989. L’allora ministro dell’industria del gas, Viktor Chernomyrdin, divenne presidente di Gazprom, con la prospettiva di giganteschi contratti di fornitura verso la Germania. Solo in base ad una concezione un po’ astratta e intellettualistica della politica, Gorbaciov può aver pensato di tenere sotto controllo un personaggio dotato di una tale potenza finanziaria. Anche chi non sia corruttibile dal denaro, può rimanere comunque suggestionato dagli effetti del denaro stesso, con le bolle mediatiche ed i mondi virtuali che esso crea. L’interesse di Gazprom era quello di trasformare al più presto i sudditi dell’impero in clienti paganti del gas russo, quindi si è creato un incentivo allo smantellamento dell’Unione Sovietica. Il sodalizio tra Chernomyrdin e Eltsin in effetti portò rapidamente ad una liquidazione politica di Gorbaciov. Chernomyrdin, nonostante la sua posizione di azionista di Gazprom, fu primo ministro dal 1991 al 1998 con la presidenza Eltsin; poi nel 2001 Putin si liberò di lui spedendolo a fare l’ambasciatore in Ucraina; e, visti i risultati, deve aver combinato guai anche lì.
Chernomyrdin aveva completamente privatizzato Gazprom, mentre Putin ha fatto parzialmente marcia indietro, assegnando al governo russo il controllo del 50% delle azioni. Ciò non toglie che tra gli azionisti di Gazprom si annoverino tuttora i soliti fondi di investimento come Vanguard Group e Blackrock. A differenza dell’Unione Sovietica, la Russia attuale non rappresenta una sfida di sistema nei confronti del Sacro Occidente, poiché non prospetta alcun modello sociale alternativo.

Le Borse Valori nacquero più di quattro secoli fa come espediente per spostare reddito da un gruppo sociale all’altro: si creano valori fittizi che assorbono la ricchezza reale creata dal lavoro. Nello stesso periodo nascevano anche i primi media, le gazzette, per riportare i bollettini della Borsa e cantarne le gesta. Il problema quindi non è soltanto che i banchieri possiedono giornali e TV, ma soprattutto che Borse e media sono organici, fanno sistema per loro stessa natura e funzionano per effetti di rimbalzo tra bolle finanziarie e bolle mediatiche. D’altra parte gli eccessi della propaganda occidentale, miranti a mostrificare la Russia, l’hanno collocata in una sorta di bolla mediatica di alterità che rischia di esercitare un certo fascino sulle masse occidentali così duramente provate dagli avventurismi delle lobby finanziarie. Mentre il mitico ENI che fu di Enrico Mattei è diventato una banda di parassiti che lucra sulle disgrazie del proprio popolo, i media discettano su come cuocere la pasta senza consumare gas: i leggendari troll russi avrebbero potuto inventare qualcosa di più efficace di queste tenaglie tra danno e beffa?

In Italia l’unico uomo politico che sembra preoccuparsi dei vantaggi che l’imperialismo russo potrebbe trarre dai disastri sociali determinati dallo strapotere della finanza, è un esponente della cosiddetta prima Repubblica, l’ex ministro andreottiano Paolo Cirino Pomicino. L’attuale esplosione dei prezzi delle materie prime non è riconducibile a cause strettamente economiche. Cirino Pomicino, in un articolo sul “Foglio”, dimostra facilmente che la finanziarizzazione del mercato delle materie prime lo ha totalmente distaccato dalle esigenze della produzione e del consumo, con effetti devastanti sulle condizioni di vita delle persone. La domanda viene posta nel consueto lessico mitologico: le democrazie occidentali possono sostenere lo scontro con l’autocrazia russa se non riescono a tutelare i propri cittadini contro la finanza? Traducendo in termini meno politicamente corretti, Pomicino in pratica dice che durante la guerra fredda si è dovuto accettare un certo grado di mediazione sociale per ottenere consenso interno, per cui è pericoloso non farlo ora che il confronto imperialistico si riaccende.
Pomicino ammette che ci si trova di fronte ad una concentrazione spaventosa di potere finanziario e mediatico, ma fideisticamente conclude che la politica potrebbe fare “molto” per ricondurre la finanza ad un ruolo subordinato all’economia. In realtà l’imperialismo “maturo” (o fradicio) ha annichilito la politica, per cui ormai il Sacro Occidente è un dispositivo automatico, una mera macchina lobbistica; cosa che però non esclude conflitti interni alle oligarchie, anzi, gli scontri tra lobby d’affari sono più cruenti delle diatribe ideologiche. La Russia e la Cina invece hanno ancora una leadership politica poiché sono imperialismi immaturi, arretrati; e sono rimasti arretrati proprio a causa dell’ostilità occidentale che ne ha bloccato lo sviluppo con l’arma delle sanzioni. Anche il militarismo russo ha recuperato un protagonismo politico grazie al fatto che il potere interno di Gazprom viene ostacolato dalle sanzioni. Se l’affare North Stream 2 fosse andato in porto, la pioggia di soldi che si prospettava avrebbe probabilmente tacitato le velleità revansciste dell’esercito russo.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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