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"Propaganda e guerra psicologica sono concetti distinti, anche se non separabili. La funzione della guerra psicologica è di far crollare il morale del nemico, provocargli uno stato confusionale tale da abbassare le sue difese e la sua volontà di resistenza all’aggressione. La guerra psicologica ha raggiunto il suo scopo, quando l’aggressore viene percepito come un salvatore."

Comidad (2009)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 15/09/2022 @ 00:02:44, in Commentario 2022, linkato 6490 volte)
L’emergenzialismo è come l’invasione degli ultracorpi. Magari riesci a sfuggire la prima volta, la seconda, e persino la ventisettesima, ma alla fine arriva sempre il baccellone che ti frega. Anche molti di quelli che non si erano fatti incantare dallo spread e dal Covid, si sono lasciati ipnotizzare dall’emergenza gas.
Tutti in casa hanno la prova materiale, documentale, che la guerra in Ucraina non c’entra niente con l’aumento delle bollette. La prima stangata è infatti piombata sulle teste e sulle tasche degli utenti nel mese di gennaio, ed era stata ampiamente annunciata già nel mese di dicembre, mentre la guerra è cominciata a fine febbraio. Dato che si trattava di bollette da svenimento (e non per modo di dire), la memoria dovrebbe essere ancora vivida, ma la suggestione mediatica ha annebbiato le menti e i ricordi, per cui la questione dell’aumento dei prezzi del gas è diventata una diatriba sulle sanzioni e controsanzioni sul gas russo.
Persino la proposta di sganciare le quotazioni del gas dalla trappola del TTF di Amsterdam era precedente alla guerra; come pure erano già iniziati i problemi di fornitura di gas dalla Russia; ed era ovvio, dato che i vecchi gasdotti manifestavano la loro obsolescenza, mentre il nuovo gasdotto North Stream 2 era bloccato sine die. Se Putin avesse avuto il buongusto di iniziare la guerra con tre mesi di anticipo (come del resto era plausibile, dato che proprio un anno fa la NATO aveva sbarrato la strada ad ogni accordo), nessuno si sarebbe accorto di niente.
Per le stesse suggestioni mediatiche, la proposta di porre un tetto al prezzo del gas si è trasformata in tutt’altro, cioè porre un tetto al prezzo del gas russo, come se si trattasse di una sanzione aggiuntiva. Capita spesso che uno dica una cosa e che l’interlocutore finga di capirne un’altra, ed è anche vero che il governo italiano porta avanti la proposta senza convinzione, ma solo come contentino/ansiolitico per le associazioni degli industriali. In questa circostanza però c’era poco da fraintendere, dato che la stessa Commissione Europea, anche se solo in un documento preliminare, cominciava ad ammettere che era stato un errore vincolare la fissazione del prezzo del gas ad un mercato dal volume ridotto di scambi come è la Borsa di Amsterdam, nella quale anche limitati movimenti di capitale sono in grado di creare gravi turbative. Bisogna dare atto ai consulenti che hanno stilato quel documento, targato Commissione Europea, di aver cercato di dire qualcosa di vero, pur “lubrificandone” la confezione e rendendola compatibile con la grancassa mediatica, tramite la pezza d’appoggio della magica formula del “colpa di Putin”. Insomma, si è cercato di raccontarla così: vincolarsi al prezzo stabilito ad Amsterdam non sarebbe stata in sé una cattiva idea, ma purtroppo le ristrette dimensioni degli scambi che si svolgono in quella Borsa danno modo a quei cattivoni di Gazprom di speculare. Si è cercato di metterla sul piano del “siamo stati troppo ingenui e fiduciosi”. Tutto inutile, dato che di svincolarsi dal cappio di Amsterdam, ancora una volta non se ne parla. Anzi, la cosa sta cominciando a strutturarsi in tabù, per cui, dopo quelli dell’Ascienza, occorre accettare anche i responsi di un inesistente Libero Mercato. Cosa ci sia di libero nell’obbligare a sottoporsi ai diktat di una bisca online come il TTF, ovviamente non lo spiegano, perché il popolino deve campare di slogan. Si sta creando lo stesso clima della psicopandemia, quando sembrava che la polmonite facesse visita per la prima volta al genere umano, ed anche solo pensare di derogare dal protocollo sanitario prendendosi un’aspirina, violava l’ordine dell’Universo e ti trasformava in terrapiattista.

Per “lubrificare” la verità se ne sono messi in ombra pezzi fondamentali, dato che il vero problema speculativo riguarda la finanziarizzazione del mercato delle materie prime con i famosi titoli derivati detti “future”. Questi titoli vengono narrati come un modo in cui il compratore o il venditore si garantiscono contro le variazioni di prezzo, perciò si tratterebbe di una sorta di assicurazioni. Ma ha senso un’assicurazione che finisce per costare più del bene assicurato? E ha senso contrarre un’assicurazione su un bene che non è tuo, bensì di altri con cui non hai, e non avrai, nulla a che fare? Infatti la maggior parte degli investitori in “future” non hanno alcun interesse al gas e alle altre materie prime in quanto tali, ma esclusivamente alla speculazione al rialzo o al ribasso sui titoli. Per questo motivo una piccola Borsa come Amsterdam è un vero e proprio paradiso per gli speculatori, poiché consente di puntare alla grande senza rischiare con grossi investimenti.
La finanziarizzazione massiccia dell’economia è cominciata alla fine degli anni ’70, in particolare nel Regno Unito. In Borsa si creano valori fittizi, a loro volta gonfiati artificiosamente. Ma il trucco può funzionare solo se c’è la complicità attiva dei governi, che si integrano col lobbying finanziario e si incaricano di gonfiare il valore delle società azionarie sgravandole dalle tasse e trasferendo la fiscalità sull’IVA e sulle accise sui consumi di prima necessità. Il valore delle aziende può essere gonfiato anche bloccando i salari e facilitando i licenziamenti; oppure, come nel caso attuale, favorendo aumenti di prezzi che non corrispondono per nulla ai costi di produzione ed ai volumi di domanda e di offerta. A tutto questo non c’è opposizione, e non potrà esserci finché dietro il fantasma dell’inesistente liberismo non si individuerà il nemico vero e concreto, cioè l’assistenzialismo per ricchi. Il castello di illusioni si regge sulla distrazione e diversione, sull’autoreferenzialità mediatica, per cui oggi le opinioni pubbliche devono essere condizionate a credere che le sorti del prezzo del gas siano legate agli esiti della guerra in Ucraina. In questa bolla mediatica finiscono per essere fagocitati anche commentatori tanto benintenzionati quanto malinformati.
Sembrerebbe quasi che la riconversione al gas attuata nell’ultimo trentennio fosse in funzione del gas russo, che è certamente disponibile in grande quantità ed a basso costo. Il punto è che anche togliendo dal mercato europeo l’economico gas russo, non ci sarebbero comunque le condizioni oggettive per un aumento dei prezzi di dieci o quindici volte come sta accadendo adesso. Anche la fiaba secondo cui tutto ciò ci avrebbe colto alla sprovvista e nel mezzo di un’ingenua transizione energetica dal fossile al rinnovabile, sta lì giusto per fare il solito intrattenimento recriminatorio. Non potevano mancare i soliti finti piagnistei sul nucleare, che ha costi talmente mostruosi e imprevedibili da potersi spiegare solo con due motivi: o farci le bombe, oppure usarlo come copertura per traffici di scorie radioattive. Nel caso italiano ovviamente il motivo è il secondo.

In realtà già nel 2019 un documento del dipartimento dell’energia del governo statunitense faceva sapere che si sarebbe incrementata la produzione americana di gas di scisto al nobile scopo di “liberare” e “salvare” l’Europa dalla dipendenza dal gas russo. Da più di tre anni la Commissione Europea sapeva che, volenti o nolenti, avremmo dovuto comprare il costoso gas di scisto degli USA, e che quindi i prezzi sarebbero aumentati; e non ci voleva neppure una mente superiore per capire che la contestuale finanziarizzazione forzata del mercato delle materie prime avrebbe determinato una combinazione “emergenziale”. Ma quale prospettiva poteva essere più rosea per un sistema di potere ormai drogato di emergenzialismo? Alla Von Der Leyen non sarà sembrato vero di avere l’occasione di imporre un piano di privazioni a quattrocento milioni di persone. Sarà uno spasso anche per i moralisti da strapazzo che, con l’alibi dell'ambiente, della lotta al "liberismo" e della immancabile “protezione dei fragili”, potranno scatenare i loro istinti polizieschi.
 
Di comidad (del 08/09/2022 @ 00:08:47, in Commentario 2022, linkato 7216 volte)
Avventurarsi nelle precisazioni è sempre una pratica molto insidiosa, poiché ciò che si dice rispetto ad un certo contesto, viene spesso percepito come una tesi assoluta. Il tentativo di contrastare le banalizzazioni e le caricature può essere strumentalizzato per alimentare altre banalizzazioni e caricature. La morte di Michail Gorbaciov è stata l’occasione per riproporre la dicotomia tra un Gorbaciov liquidatore, più o meno volontario, del comunismo e dell’impero sovietico, ed un Putin che invece si pone come restauratore dell’imperialismo russo. Si è anche diffusa l’immagine di un Gorbaciov che, come Alice nel Paese delle Meraviglie, si sarebbe affidato ingenuamente alle vaghe rassicurazioni americane di non espandere la NATO ad est. In base a questa dicotomia ed a questa immagine, Gorbaciov può assurgere sia ad icona positiva del politicamente corretto, sia ad icona negativa del cosiddetto sovranismo.
Le cose in realtà sembrerebbero più complicate di così. Il fatto che Gorbaciov abbia preso atto dell’insostenibilità economica dell’impero sovietico nell’Europa Orientale, non implica affatto che egli avesse intenzione di rinunciare al ruolo di contenimento rispetto all’imperialismo USA. Se si prende ad esempio un caso specifico come l’atteggiamento nei confronti di un Paese alleato come l’Iraq, allora non regge per niente la dicotomia tra un Gorbaciov remissivo e un Putin aggressivo. L’operazione “Desert Storm” del 1991 è stata l’apoteosi della propaganda bellica occidentale, anche per l’ingresso di un nuovo soggetto mediatico, la CNN; ma sul piano degli effettivi risultati militari l’operazione non fu affatto un trionfo. Ogni volta che qualche notizia concreta è riuscita a rompere il diaframma della propaganda, questa veniva smentita. L’efficacia della contraerea irachena fu dimostrata dalla quantità di piloti occidentali catturati ed esibiti in TV; ma l’aspetto più clamoroso riguardò il fallimento del sistema antimissile americano “Patriot”, che venne “bucato” più volte dagli antidiluviani “Scud” iracheni (in pratica delle V2 della seconda guerra mondiale). Nelle ultime ore di guerra i fisici balistici russi che assistevano l’Iraq, vollero lasciare un loro inconfondibile marchio di fabbrica, colpendo con precisione millimetrica una caserma americana a Riad, collocata proprio davanti all’albergo dei giornalisti, in modo da evitare occultamenti dei danni. Tutto ciò non trasforma certamente Gorbaciov in campione dell’antimperialismo, ma si deve notare che invece nel 2003, in epoca Putin, l’Iraq non ricevette alcuna assistenza militare dalla Russia. Nel 2011 un’altra alleata della Russia, la Libia di Gheddafi, fu ugualmente abbandonata di fronte all’aggressione della NATO.
Un caso in cui invece l’immagine di un Gorbaciov/Alice ha una sua attendibilità, riguarda la fondazione di Gazprom nel luglio del 1989. L’allora ministro dell’industria del gas, Viktor Chernomyrdin, divenne presidente di Gazprom, con la prospettiva di giganteschi contratti di fornitura verso la Germania. Solo in base ad una concezione un po’ astratta e intellettualistica della politica, Gorbaciov può aver pensato di tenere sotto controllo un personaggio dotato di una tale potenza finanziaria. Anche chi non sia corruttibile dal denaro, può rimanere comunque suggestionato dagli effetti del denaro stesso, con le bolle mediatiche ed i mondi virtuali che esso crea. L’interesse di Gazprom era quello di trasformare al più presto i sudditi dell’impero in clienti paganti del gas russo, quindi si è creato un incentivo allo smantellamento dell’Unione Sovietica. Il sodalizio tra Chernomyrdin e Eltsin in effetti portò rapidamente ad una liquidazione politica di Gorbaciov. Chernomyrdin, nonostante la sua posizione di azionista di Gazprom, fu primo ministro dal 1991 al 1998 con la presidenza Eltsin; poi nel 2001 Putin si liberò di lui spedendolo a fare l’ambasciatore in Ucraina; e, visti i risultati, deve aver combinato guai anche lì.
Chernomyrdin aveva completamente privatizzato Gazprom, mentre Putin ha fatto parzialmente marcia indietro, assegnando al governo russo il controllo del 50% delle azioni. Ciò non toglie che tra gli azionisti di Gazprom si annoverino tuttora i soliti fondi di investimento come Vanguard Group e Blackrock. A differenza dell’Unione Sovietica, la Russia attuale non rappresenta una sfida di sistema nei confronti del Sacro Occidente, poiché non prospetta alcun modello sociale alternativo.

Le Borse Valori nacquero più di quattro secoli fa come espediente per spostare reddito da un gruppo sociale all’altro: si creano valori fittizi che assorbono la ricchezza reale creata dal lavoro. Nello stesso periodo nascevano anche i primi media, le gazzette, per riportare i bollettini della Borsa e cantarne le gesta. Il problema quindi non è soltanto che i banchieri possiedono giornali e TV, ma soprattutto che Borse e media sono organici, fanno sistema per loro stessa natura e funzionano per effetti di rimbalzo tra bolle finanziarie e bolle mediatiche. D’altra parte gli eccessi della propaganda occidentale, miranti a mostrificare la Russia, l’hanno collocata in una sorta di bolla mediatica di alterità che rischia di esercitare un certo fascino sulle masse occidentali così duramente provate dagli avventurismi delle lobby finanziarie. Mentre il mitico ENI che fu di Enrico Mattei è diventato una banda di parassiti che lucra sulle disgrazie del proprio popolo, i media discettano su come cuocere la pasta senza consumare gas: i leggendari troll russi avrebbero potuto inventare qualcosa di più efficace di queste tenaglie tra danno e beffa?

In Italia l’unico uomo politico che sembra preoccuparsi dei vantaggi che l’imperialismo russo potrebbe trarre dai disastri sociali determinati dallo strapotere della finanza, è un esponente della cosiddetta prima Repubblica, l’ex ministro andreottiano Paolo Cirino Pomicino. L’attuale esplosione dei prezzi delle materie prime non è riconducibile a cause strettamente economiche. Cirino Pomicino, in un articolo sul “Foglio”, dimostra facilmente che la finanziarizzazione del mercato delle materie prime lo ha totalmente distaccato dalle esigenze della produzione e del consumo, con effetti devastanti sulle condizioni di vita delle persone. La domanda viene posta nel consueto lessico mitologico: le democrazie occidentali possono sostenere lo scontro con l’autocrazia russa se non riescono a tutelare i propri cittadini contro la finanza? Traducendo in termini meno politicamente corretti, Pomicino in pratica dice che durante la guerra fredda si è dovuto accettare un certo grado di mediazione sociale per ottenere consenso interno, per cui è pericoloso non farlo ora che il confronto imperialistico si riaccende.
Pomicino ammette che ci si trova di fronte ad una concentrazione spaventosa di potere finanziario e mediatico, ma fideisticamente conclude che la politica potrebbe fare “molto” per ricondurre la finanza ad un ruolo subordinato all’economia. In realtà l’imperialismo “maturo” (o fradicio) ha annichilito la politica, per cui ormai il Sacro Occidente è un dispositivo automatico, una mera macchina lobbistica; cosa che però non esclude conflitti interni alle oligarchie, anzi, gli scontri tra lobby d’affari sono più cruenti delle diatribe ideologiche. La Russia e la Cina invece hanno ancora una leadership politica poiché sono imperialismi immaturi, arretrati; e sono rimasti arretrati proprio a causa dell’ostilità occidentale che ne ha bloccato lo sviluppo con l’arma delle sanzioni. Anche il militarismo russo ha recuperato un protagonismo politico grazie al fatto che il potere interno di Gazprom viene ostacolato dalle sanzioni. Se l’affare North Stream 2 fosse andato in porto, la pioggia di soldi che si prospettava avrebbe probabilmente tacitato le velleità revansciste dell’esercito russo.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


06/12/2024 @ 02:17:56
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