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""Napoli" è una di quelle parole chiave della comunicazione, in grado di attivare nel pubblico un'attenzione talmente malevola da congedare ogni senso critico, per cui tutto risulta credibile."

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 06/07/2023 @ 00:15:32, in Commentario 2023, linkato 8063 volte)
Ci si può chiedere che senso possa avere oggi demistificare, quando è ormai evidente che l’establishment crede alle sue stesse corbellerie. In Italia abbiamo avuto nel 1970 la pagliacciata del golpe Borghese, quindi non possiamo permetterci di impartire lezioni di serietà agli altri, ma rimarrebbe comunque in sospeso la domanda di che fine abbiano fatto i colpi di Stato veri, dato che si deve assistere a sceneggiate che farebbero piombare nello sconforto persino la buonanima di Mario Merola. Non bastava l’autogolpe di Erdogan, che comandava le sue truppe dal telefonino. Non bastava l’assalto a Capitol Hill, capitanato dallo sciamano. Ci è toccato anche sentire Prigozhin che dichiarava di voler marciare su Mosca per centinaia di chilometri allo scoperto, senza preoccuparsi di ciò che avrebbe potuto piovergli dall’alto. Del resto in Italia dobbiamo starci solo zitti, visto che siamo il popolo allevato a credere che nel 1860 Garibaldi, sbarcato a Melito Porto Salvo, abbia poi potuto risalire la penisola su uno dei territori più impervi d’Europa senza logistica militare, senza rifornimenti di viveri e munizioni, così, per virtù dello Spirito Santo; perché la vera questione urgente è ancora quella di stabilire se, prima dell’annessione, il Sud fosse ricco o povero. Pensa a quei gonzi degli Angloamericani, che nel 1943, dopo una sbirciatina alla carta geografica, invece di ripercorrere la gita dei garibaldini per i canyon calabresi, hanno invece preferito scavalcarli per effettuare un nuovo sbarco a Salerno. Ma a quell’epoca gli Angloamericani erano ancora dei primitivi, mentre oggi parlano della guerra in Ucraina come se la geografia e la logistica non esistessero. La nuova distrazione di massa da queste quisquilie, non è più se il Sud fosse ricco o povero, ma se Putin sia forte o debole.
Ad una certa età è duro dover ammettere che si è sbagliato tutto, che siamo al trionfo della narrativa pura da talk-show, senza pezze d’appoggio, che non tenta nemmeno di sembrare realistica. Quindi Ruby era veramente la nipote di Mubarak, Prigozhin è il nipote di Lukashenko, mentre Zelensky è il figlio segreto di Stoltenberg, abbandonato sui gradini di una chiesa e ritrovato grazie alla fatidica medaglietta col logo NATO.
Con la narrativa pura c’è qualcuno in Francia che il colpo di Stato lo sta tentando veramente. Macron sta finalmente imparando a vivere, dopo mesi e mesi in cui aveva fatto la figura del dilettante, e si era ritrovato contro l’intero parlamento e tutti i sindacati. Il pretestuoso uso della violenza contro i manifestanti ha procurato a Macron una lezione di politicamente corretto persino dal governo iraniano. Il meschino era stato salvato in extremis da una sentenza della Corte Costituzionale, che ha stabilito che il Presidente può legiferare in proprio non solo di fronte all’urgenza di catastrofi, ma anche quando si tratta di varare riforme delle pensioni. E quindi non si è capito cosa ci stia a fare il parlamento; ma si sa che tutte le Corti Costituzionali sono paese. Macron ha invece capito in che modo continuare il suo colpo di Stato, cioè come se fosse in Italia, col sistema di intrattenere e divertire le masse, dividendole in tifoserie da stadio.

Non si è ancora accertato se in Francia il trucco di Macron stia funzionando, ma in Italia la tecnica di fomentare l’odio etnico razziale sta andando sicuramente alla grande. Negli anni scorsi anche gli italici fascio-leghisti erano tutti contro Macron, contro i suoi provvedimenti mirati a schiacciare il ceto medio con eco-tasse e tagli alle pensioni. Ora invece i poliziotti francesi hanno ammazzato un ragazzo di origini arabe, ci hanno pure confezionato sopra un bel video da lanciare in rete, e quindi per i fascio-leghisti i poliziotti gallici sono nuovamente dei supereroi. I commenti al video da parte dei fascio-leghisti e dei forcaioli nostrani sono entusiastici. La colpa è del ragazzo che se l’è cercata. Se poi i genitori fossero rimasti in Africa, non gli sarebbe successo niente. Molti dei commentatori già pregustano ciò che potrebbe avvenire in Italia nei prossimi anni con un aumento della popolazione islamica. Non per niente in Italia abbiamo elevato a icona nazionale una giornalista che ci ha educato all’islamofobia preventiva.
Insomma, offri alle masse un arabo ammazzato ogni tanto, e così puoi consegnare le strade alla polizia, ed impedire ogni protesta contro le tasse e contro i tagli alle pensioni. Puoi attizzare l’islamofobia lanciando in rete altri video di giovanotti arabi con i kalashnikov che minacciano la civiltà cristiana. Il giornalino di destra “La Verità”, che si schierava contro il Macron lobbista di Blackrock e di Moderna, adesso invece torna all’ovile dell’establishment, perché finalmente si tratta di ammazzare arabi e migranti. Eppure è evidente che ad avvantaggiarsi del regime di polizia che si sta instaurando in Francia, saranno proprio gli interessi di Blackrock e Moderna.
Anche per tenere a bada i politicorretti non c’è problema, perché quando si tratta di episodi accaduti nel Sacro Occidente, non è concesso di dubitare delle versioni ufficiali, altrimenti si è complottisti e, per proprietà transitiva, anche terrapiattisti. Non siamo in Russia o in Iran, Macron non è mica Putin, perciò in Francia la polizia non infiltra le manifestazioni per farle degenerare e quindi far passare da teppismo una protesta legittima. Il politicorretto ammette in questo caso solo analisi sociologiche sulla disperazione suburbana, ed ogni altra interpretazione è intellettualmente squalificante. Con ricatti ideologici di questo genere, i politicorretti nostrani si sono bevuti persino la storia del “movimento ondulatorio” da parte della ministra Lamorgese. Anche la Meloni all’epoca non era stata ancora santificata da Biden e, in base al politicorretto, doveva essere considerata una povera mentecatta, allorché in parlamento scopriva l’acqua calda, constatando ciò che risultava dai verbali di polizia, e cioè che l’assalto alla sede della CGIL era stato scortato e consentito dalla Digos. Ma quando ammazzano arabi e migranti, per i fascisti i poliziotti tornano ad essere insospettabili e si palesa quindi la sostanziale convergenza col politicorretto.
Si può sghignazzare su Flavio Briatore, uno che non sarebbe capace di passare neanche il concorso per accattone fuori alla parrocchia, e che ora vorrebbe tarpare le ali ai figli di falegname, forse perché invidioso della fama di Gesù e Pinocchio. Ma quello è un gioco delle parti, per cui qualcuno interpreta il ruolo dello squallido perché qualcun altro possa recitare da anima bella. Il problema vero è che certe concezioni ultra-gerarchiche della società possono benissimo dissimularsi tra le pieghe del politicamente corretto, per cui le caste vengono avallate in nome di una fantomatica “competenza”, che non è verificabile, in quanto rivendicata da oligarchie assolutamente autoreferenziali. Lo stesso vale per il culto fascista della polizia, al quale i politicorretti sono pronti a convertirsi se gli si offre il pretesto adatto, come ad esempio il contrasto alle ronde razziste di “suprematisti bianchi”, che, non a caso, sono immediatamente apparse nelle strade francesi per rinfocolare il mito, a noi familiare, degli “opposti estremismi”. Fascisti e politicorretti si stringono sotto l’ombrello della fiaba di “Legge e Ordine”, facendo finta di non vedere che poliziotti e criminali tendono ad integrarsi e cooperare; e non perché i poliziotti siano più cattivi della media, ma semplicemente perché la contiguità determina osmosi.
Macron sta conducendo un colpo di Stato all’italiana. Purtroppo per lui si trova in Francia, non in Italia, perciò non è detto che possa risolvere tutto col sistema di premere di volta in volta il bottone del fascismo o del politicorretto, manovrando così le opinioni in base alle esigenze lobbistiche del momento. Macron aveva già cercato di fomentare divisioni con l’italian job, con la truffa dell’odio di categoria, mettendo i lavoratori del settore privato contro quelli del pubblico; un sistema che ha funzionato alla grande in Italia, tanto che dalla fine degli anni ’70, con la piena collaborazione dei sindacati confederali, si è potuto maltrattare i lavoratori del privato semplicemente offrendogli come gratificazione la promessa che ai lavoratori pubblici sarebbero state riservate umiliazioni anche peggiori. Ma il trucco dell’odio di categoria non è andato a buon fine per Macron, ed i lavoratori francesi hanno manifestato insieme per mesi contro la riforma delle pensioni. Nonostante gli sforzi di Macron, alla fine neppure il modello italiano di persecuzione dei non vaccinati è risultato completamente esportabile in Francia, ed anzi è rimasto un unicum mondiale. Anche altre campagne di odio di categoria, come quella contro i tassisti, non sono uscite dai nostri confini nazionali, sebbene il lobbying della multinazionale Uber sia potente ovunque.
Il modello di potere italiano, basato sull’odio trasversale e sulla libidine di guerra civile, non è facilmente riproducibile altrove. Alla base del modello nostrano c’è infatti il razzismo antimeridionale, che è il grande alibi/pretesto sia delle oligarchie del Nord, che possono così giustificare il loro inconcludente velleitarismo, sia delle oligarchie del Sud, che hanno acquisito un crescente potere giustificandolo con l’esigenza di controllare un popolo barbaro. Quindi il tentativo di Macron di ricompattare il ceto medio attorno all’establishment con l’espediente dell’odio etnico, potrebbe non funzionare.
 
Di comidad (del 13/07/2023 @ 00:10:51, in Commentario 2023, linkato 7886 volte)
Non sarebbe tanto il caso di dispiacersi se certe barzellette oscene, che non ti fanno neppure ridere per quanto sono desolanti, tendono a cadere nell’oblio ed a non essere più raccontate. Invece no, pare proprio che ci sia qualcuno che si sta accorando per le sorti di una di quelle barzellette. Nel partito trasversale dei forcaioli c’è infatti chi si dichiara davvero preoccupato per la sorte della cosiddetta ”destra legalitaria“ di Almirante e Borsellino. Per ciò che riguarda Paolo Borsellino, la sua militanza giovanile nel FUAN o una sua sortita alla festa del Fronte della Gioventù, non sono sufficienti per qualificarlo come esponente del Movimento Sociale Italiano. Al contrario, Giorgio Almirante non fu soltanto segretario del MSI per la maggior parte della storia di quel partito, ma ne fu anche un ideologo, con la famosa distinzione tra Stato e regime; per cui il MSI si poteva dichiarare al tempo stesso fedele allo Stato ed ostile al regime, tanto da poter narrare di essere ferocemente perseguitato da quest’ultimo.
Sennonché lo Stato, nel migliore dei casi, rimane al più un’astrazione giuridica; mentre il regime è la concretezza di un sistema di potere, con il livello palese dei suoi apparati istituzionali, ma anche, e soprattutto, con il suo sommerso, cioè con il suo livello illegale delle commistioni illecite tra pubblico e privato, ed anche tra istituzionale e criminale, che di solito è il livello più importante. La storia del MSI ne rappresenta un esempio piuttosto evidente. Il 17 giugno del 1975, a Napoli, tre missini della sezione “Berta” di Via Foria, lanciarono delle bottiglie incendiarie contro un corteo di auto che festeggiava la vittoria del PCI alle elezioni amministrative. Per quel lancio una ragazza che si trovava lì per puro caso, Iolanda Palladino, morì per le fiamme nella sua 500. I tre missini furono arrestati e processati a Roma, con condanne irrisorie; tanto che erano già fuori poco tempo dopo. Il segretario della sezione “Berta”, Michele Florino, fu assolto, poiché aveva un alibi di ferro, infatti disse di essere andato a comprare le pizze. L’episodio non incrinò affatto la carriera politica di Florino, tanto che successivamente fu eletto senatore del MSI. Quindi, secondo la narrazione di Almirante, il MSI era ferocemente perseguitato da una belva (il “regime”), che però era completamente priva di zanne e artigli, visto che lo “Stato”, cioè i tribunali, garantiva l’impunità ai missini. Negli anni a seguire infatti la sezione “Berta” poté continuare indisturbata la sua attività squadristica nella zona.
Del resto neppure l’assassinio dell’agente Antonio Marino nel 1973 a Milano aveva minimamente scalfito il rapporto speciale tra MSI e cosiddette forze dell’ordine; nemmeno a livello elettorale, poiché la maggioranza di poliziotti e carabinieri continuò a votare per Almirante. Secondo una leggenda metropolitana, basata sui ricordi personali di Francesca Mambro, solo nel 1978, con l’uccisione di tre giovani missini ad Acca Larenzia a Roma, vi sarebbe stata la rottura del feeling. In realtà i NAR di Alibrandi e Fioravanti erano in attività almeno dall’anno precedente, quindi la cronologia non corrisponde. E poi i fascisti avevano steso un velo pietoso persino sull’assassinio di Ettore Muti nel 1943 da parte dei carabinieri. Liti in famiglia. E poi, quando si spara, c’è sempre il rischio del “fuoco amico”; ciò che fa testo è il tasso di impunità giudiziaria. Il politologo Giorgio Galli notò a suo tempo che la politica del MSI si muoveva tutta nell’ambito di questo schema vittimismo/impunità. Si potrebbe anche rilevare che lo schema vittimismo/impunità è un rituale riscontrabile in qualsiasi dinamica di potere. Al di là delle lamentazioni destrorse sulle “toghe rosse”, ed al di là della magistratolatria dei politicorretti, tutta la rappresentazione dei potenti perseguitati dalla magistratura, è un sovvertimento dei dati di fatto. Se le assurdità di Renzi e Nordio fossero applicate alla lettera, allora la magistratura dovrebbe inquisire solo i poveracci, perciò sarebbe sgamata immediatamente come reggicoda del potere. Si fa finta invece ogni tanto di inquisire un potente, salvo poi insabbiare tutto. Del resto la finzione non richiede affatto una lucidità cospirativa, bensì è un’attitudine sociale del tutto spontanea. Alla morte del Buffone di Arcore, i magistrati sono stati chiamati a rendere conto della colpa di averlo perseguitato, mentre invece avrebbero dovuto rispondere di avergli consentito di farla franca. In questo mondo c’è di tutto, quindi sicuramente ci saranno anche magistrati per bene; ciò non toglie che il potere giudiziario rimanga organico alla cleptocrazia dominante. E non è un problema solo italiano, visto ciò che succede nel Regno Unito, dove i giudici stanno avallando il furto di due miliardi in oro ai danni del Venezuela. Il potere reale non è inquadrabile nel modello legale-razionale di Max Weber; anzi, il potere non si modernizza mai, rimane una dinamica arcaica, perciò si alimenta anche di certi miti e rituali tribali. Non conta quanti privilegi possa vantare, ogni potente si sentirà sempre un Cristo in croce che soffre a causa di noi umili mortali.

Per quanto riguarda un’altra barzelletta oggetto di rimpianto, cioè quella della “destra sociale”, sarebbe interessante capire quale fosse la “base popolare” della sezione “Berta”. Nella gran parte si trattava di esattori del clan criminale della zona di Stella-San Carlo all’Arena, comandato all’epoca dal boss Giuseppe Misso. Negli anni ‘70 a Napoli ciò rappresentava il proverbiale segreto di Pulcinella, anche se non c’era ancora riscontro in documenti ufficiali. Diventato poi “collaboratore di giustizia”, Misso raccontò ai giudici di aver addirittura ucciso alcuni esponenti del clan Giuliano di Forcella, per conto del senatore Florino, il quale avrebbe lamentato di essere stato tradito dai Giuliano, che gli avrebbero preferito il Partito Socialista. Anche per questa imputazione Florino poté presentare un alibi di ferro, infatti era stato componente della Commissione Parlamentare Antimafia. Secondo Misso la base militante ed elettorale dei vari partiti era composta dal sistema criminale della zona, che poteva cambiare bandiera all’occorrenza. La narrazione eroico-vittimistica di Almirante sull’estraneità del MSI al sistema dei partiti, si riferiva perciò esclusivamente al mitico “arco costituzionale”; per il resto vigeva un sistema dei partiti composto di vasi comunicanti, di cui il MSI faceva organicamente parte. La storia si ripete, come nel caso dei mazzieri giolittiani, cioè di criminali comuni che, negli anni ’20, si riciclarono come squadristi fascisti. Si dice che i regimi cambiano e lo Stato resta. In realtà lo Stato non esiste, se non come finzione giuridica; il regime invece esiste fin troppo, e presenta una sua sostanziale continuità, pur nelle superficiali variazioni. Il fascismo non può tornare, perché non se n’è mai andato, è stato integrato e metabolizzato dal regime.
Oggi la sezione “Berta” è diventata una sede di CasaPound, e la leader è una figlia d’arte, Emmanuela Florino, la figlia di quello che stava comprando le pizze. La narrativa del politicamente corretto finto antifascista, stile “Fanpage”, è come al solito speculare e complementare a quella dei fascisti. Accredita cioè l’esistenza di fanatismi ideologici e di comportamenti antisistema; una rappresentazione su cui però è lecito accampare dei dubbi, dato che persistono certe tradizioni di impunità, tali da smentire la presunta estraneità dei fascisti all’establishment “democratico”. Nel 2013 infatti ci fu la consueta retata di squadristi, immediatamente seguita da concessione di arresti domiciliari con pronti rientri in circolazione. Qualche malpensante potrebbe persino supporre che CasaPound sia una congrega di confidenti della polizia e di agenti provocatori. Grazie al brand di CasaPound i media mainstream hanno potuto offrire un’immagine “fascistizzata” dei movimenti di opposizione al bio-golpe psicopandemico. I forcaioli si chiedono indignati come mai certi personaggi con inesauribili curriculum criminali siano sempre a piede libero per delinquere ancora. La rispostina è così terra terra, che non è alla portata delle loro menti superiori.
Il politicamente corretto dà l’impressione di voler mettere il dito nella piaga, salvo poi ripiegare sempre nel rassicurante. Roberto Saviano a riguardo è un notevole illusionista, infatti dice quel tanto che possa irritare la suscettibilità delle destre ed accreditare il loro vittimistico gioco delle parti, senza però mai scavare nelle connessioni. E neppure lo fa l’ex super-magistrato chiamato a spiegare il percorso giudiziario di Misso. Il Misso intervistato da Saviano ha infatti modo di esibire il suo repertorio di luoghi comuni, ma non viene mai costretto a spiegare la strana coerenza e continuità del suo percorso, da boss di un clan criminale a “collaboratore di giustizia”. In quanto “pentito”, oggi Misso può considerarsi un pensionato da parte di un regime per cui ha sempre lavorato, in incarichi solo apparentemente diversi.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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