Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
1-Ne “il manifesto” del 14 agosto, nella pagina dedicata al “Capitale e Lavoro” si legge:
…i cosiddetti “Pigs” tornano a far preoccupare i mercati. (…)
e poi più avanti:
A farne le spese sono stati soprattutto quei paesi che vengono chiamati in economia “Pigs”, ovvero Irlanda, Portogallo, Spagna e Grecia (…).
Non vi sono altre spiegazioni per il termine Pigs, che secondo” il manifesto" farebbe parte del lessico economico tout court e non del linguaggio sprezzante ed umiliante che i colonialisti riservano alle loro colonie.
Non ci si spiega neppure chi sarebbero i mercati che "si preoccupano", o meglio, non ci si dice chi si nasconde dietro lo pseudonimo mitologico di "mercati", cioè le agenzie di rating americane che cercano di ricattare e spremere gli Stati che esse stesse hanno messo in difficoltà.
Meno male che "il manifesto" si autodefinisce quotidiano comunista. Se così non fosse, magari rischieremmo di leggerci le stesse cose.
2- Paul Krugman, premio Nobel statunitense per l’economia nel 2008, con le sue analisi getta una nuova luce sulle cause della "crisi" economica:
“(…)Il capitale non è stato incanalato verso l’innovazione e la creazione di posti di lavoro, ma verso una bolla immobiliare insostenibile.”
E ancora:
“(…) Allora come mai le banche facevano un sacco di soldi? Secondo me, e secondo gli economisti finanziari che hanno cercato di spiegare la catastrofe, le banche guadagnavano soprattutto perché scommettevano con i soldi degli altri(...).”
Per un economista con simili lampi di genio, un secondo Nobel non sarebbe affatto immeritato, e farebbero bene a sbrigarsi a darglielo, prima che un altro sforzo mentale del genere rischi di ucciderlo.
Povero Marpionne… L’AD della FIAT porta avanti la sua politica di rilancio dell’azienda tra malumori, sospetti e pregiudizi davvero inattuali. Dopo aver quasi portato alla chiusura Termini Imerese, con i prevedibili benefici per l’economia italiana, Marpionne rivolge le sue cure allo stabilimento di Pomigliano. Le proposte di Marpionne sono allettanti: portare i turni di lavoro settimanali fino a 18 e poi a 21, ottenere 15 sabati lavorativi, garantire la non proclamazione di scioperi nei sabati concordati e altre piacevolezze. Di fronte a questa generosità, i sindacati, dall’UGL alla Fiom, si sono semplicemente dichiarati “disponibili a raggiungere un’intesa”, dimostrando così tutta la loro rigidità corporativa. Marpionne ha confidato che: “In America l’atteggiamento è completamente diverso e come italiano me ne dispiaccio.” Ma la magnanimità di Marpionne non si arrende: ed eccolo proporre una norma che contenga sanzioni economiche per i sindacati che, nonostante gli impegni, proclamassero lo sciopero in quei giorni; una deroga al tempo minimo di 11 ore tra un turno e l’altro, aumenti dei ritmi e altro ancora. Ma ancora una volta i sindacati, invece di intonare canti di giubilo, hanno risposto con un irremovibile: “ci sono le condizioni per arrivare ad un accordo”; un’ottusità ideologica davvero inaudita. Ha ragione Marpionne ad essere deluso, chi potrebbe criticarlo se decidesse di chiudere gli stabilimenti italiani e portarsi tutto in Polonia o, che so, in America? Certo, tutto a spese del contribuente italiano; se no a che servono le manovre finanziarie?
|