Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il colonialismo è una tecnica
di dominio che si riproduce con precise costanti nel corso della
Storia. Queste prime voci costituiscono l'avvio della stesura di un
manuale a riguardo. Chi fosse interessato, può anche fornire il
suo contributo. Comidad - 23 0ttobre 2006
1 - All'inizio del XIX secolo, Thomas Jefferson, secondo presidente
degli Stati Uniti e proprietario di schiavi seppur tormetato dalla
cattiva coscienza, raccomandava di sterminare gli Indiani o di
deportarli il più lontano possibile. Un secolo più
tardi, Theodor Roosevelt gli faceva eco dichiarando: "Non
arriverò a dire che un un buon Indiano è un Indiano
morto, ma insomma è questo il caso per nove su dieci di loro, e
non starò a perdere il mio tempo col decimo."
2 - La colonizzazione dell'Australia e il massacro sistematico di
decine di migliaia di aborigeni, veniva giustificato dagli inglesi con
la tesi della "terra nullius", terra disabitata. Ma nel 1838, lo Stato
inglese, per affermare la sua autorità proibisce... il
genocidio. Ecco come il "Sydney Morning Herald" risolve la
contraddizione tra terra nullius e proibizione del genocidio: "Questo
vasto paese non era per loro [gli Aborigeni] che un territorio in
comune - non dedicavano nessun lavoro alla terra -, la loro
proprietà, il loro diritto non valevano più di quelli che
dell'emù o del canguro. Non dedicavano nessun lavoro alla terra
e questo - questo soltanto - è ciò che dà un
diritto alla sua proprietà [...]. Il popolo britannico[...] ne
ha preso possesso[...] e aveva perfettamente il diritto di farlo,
proprio per autorità divina, secondo la quale è ordinato
all'uomo di andare avanti, di popolare e coltivare la terra."
3 - "L'invenzione della tradizione"
L'invenzione di realtà fittizie con cui confrontarsi è
una delle tecniche più note del sistema di dominio. L'invenzione
del passato è stata frequente e diffusa in tutta la
colonizzazione della fine del XIX secolo. In India, ad esempio era
attraverso i letterati bramini che filtravano le informazioni sul
passato e sulla concezione del mondo, che erano ascoltati perché
facevano eco alla visione orientalista degli ufficiali britannici. La
missione rigeneratrice della civilizzazione non era così
concettualizzata come l'imposizione di una norma cristiana, ma come il
recupero della verità delle tradizioni indigene. In questa
direzione va pure l'invenzione di un "diritto tradizionale" relativo ai
costumi locali.
Nel 1984, la Corte Suprema indiana rifiutò di abolire la
"restituzione del diritto coniugale": in nome delle tradizioni induiste
e della necessità di lottare contro il "male del secolo", il
divorzio, le donne si vedevano costrette a ritornare dal loro marito,
foss'anche accompagnate dalla polizia. Ora la restituzione del diritto
coniugale non esisteva nel costume indiano, ed era stata introdotta
solo nel 1857, quando le alte corti dei tribunali inglesi e indiani
erano state fuse.
Il caso è esemplare dell'"invenzione della tradizione", ovvero
della legittimazione di un insieme di pratiche facenti riferimento alla
continuità con il passato, quando invece sono recenti o persino
inventate, e che introducono rigidità laddove c'era
elasticità. Questa operazione permette di legittimare il potere
coloniale inserendolo nelle tradizioni del paese colonizzato pur
lasciando profittare alcuni colonizzati di una posizione intermedia o
di potere.
D'altro canto, gli interventi coloniali giustificati ufficialmente
dalla lotta contro pratiche poco difendibili, come la cremazione delle
vedove (sati), il matrimonio di bambini, il matrimonio forzato, il
levirato ecc. se avevano pochi effetti pratici in questo senso, erano
molto più utili a marcare la sedicente superiorità morale
dei colonizzatori e a legittimare il loro dominio più che
assicurare una libertà femminile che nella stessa Europa era
ancora lontana.
Cfr. Hosbawm-Ranger, The invention of Tradition, Cambridge University Press, 1983
Il colonialismo è una tecnica di dominio che si
riproduce con precise costanti nel corso della Storia. Queste prime
voci costituiscono l'avvio della stesura di un manuale a riguardo. Chi
fosse interessato, può anche fornire il suo contributo. Comidad
4 - Colonialismo e libero mercato
Uno dei miti capitalistici più resistenti è quello del
libero mercato. È un mito caro al dominio perché offre a
chi lo difende argomenti di concretezza darwiniana, mentre lascia ai
suoi critici gli argomenti di un moralismo pauperistico. In
realtà il libero mercato non è mai esistito.
Un esempio piuttosto interessante è quello dell'avvio della
rivoluzione industriale negli Stati Uniti. Questa rivoluzione è
cominciata nel settore tessile, e in particolare nella produzione di
cotone che veniva prodotto a basso costo; e questo non certo a causa di
"dinamiche di mercato", ma perché era stata sterminata la
popolazione indigena ed erano stati introdotti gli schiavi. Genocidio e
schiavitù sono quindi alla base del "libero mercato". Anche
altri paesi che avevano tra le loro risorse il cotone provarono ad
avviare la loro rivoluzione industriale, ma non andarono lontano
perché l'Inghilterra aveva le armi e li bloccò con la
forza.
L'Egitto, per esempio, aveva il cotone e aveva avviato la propria
rivoluzione industriale intorno al 1820, circa all'epoca in cui
l'avevano iniziata gli Stati Uniti. Ma la Gran Bretagna non tollerava
concorrenti nel Mediterraneo orientale, così lo fermò con
la forza.
Il Bengala è stato uno dei primi territori colonizzati dalla
Gran Bretagna nel XVIII secolo, descritto dal colonizzatore Robert
Clive come un vero paradiso. Dacca, diceva, è come Londra, e
infatti era chiamata "La Manchester dell'India". Era ricca e popolosa,
aveva cotone di alta qualità, agricoltura, industria avanzata e
molte altre risorse. Il livello produttivo era paragonabile a
quello inglese; sembrava proprio avviata verso un grande sviluppo.
Guardiamo cos'è Dacca oggi: "la Manchester dell'India" è
la capitale del Bangladesh, il simbolo del disastro totale. E questo
perché gli inglesi hanno depredato e distrutto quel paese,
esattamente come fanno oggi le "riforme strutturali" [le politiche
della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che espongono
il Terzo Mondo alla penetrazione e al controllo stranieri].
L'India era nei fatti un vero concorrente della Gran Bretagna. Nel
decennio che va dal 1820 al 1830, gli inglesi impararono dagli indiani
tecniche avanzate per produrre acciaio e, all'epoca delle guerre
napoleoniche, in India si costruivano navi per la flotta inglese. Gli
indiani avevano un'industria tessile ben avviata e producevano
più ferro di tutta l'Europa messa insieme. Ma gli inglesi
deindustrializzarono il paese con la forza e lo ridussero a una povera
società rurale. Ecco in cosa consisteva la competizione del
"libero mercato".
Nel 1845, gli Stati Uniti hanno annesso il Texas, e una delle ragioni
principali era che volevano assicurarsi il monopolio del cotone, il
petrolio del XIX secolo, che era il vero combustibile dell'economia
industriale. Per questo motivo la leadership americana pensò che
annettendo il Texas, che era il maggior produttore di cotone della
zona, sarebbe stato possibile strangolare economicamente la Gran
Bretagna.
[da N.Chomsky Capire il Potere, Tropea ed. 2002, Milano]
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