"
"L'abolizione dello Stato e del diritto giuridico avrà necessariamente per effetto l'abolizione della proprietà privata e della famiglia giuridica fondata su questa proprietà."

Programma della Federazione Slava, 1872
"
 
\\ Home Page : Archivio : Manuale del piccolo colonialista (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 23/10/2006 @ 21:01:36, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 4601 volte)

Il colonialismo è una tecnica di dominio che si riproduce con precise costanti nel corso della Storia. Queste prime voci costituiscono l'avvio della stesura di un manuale a riguardo. Chi fosse interessato, può anche fornire il suo contributo. Comidad - 23 0ttobre 2006

1 - All'inizio del XIX secolo, Thomas Jefferson, secondo presidente degli Stati Uniti e proprietario di schiavi seppur tormetato dalla cattiva coscienza, raccomandava di sterminare gli Indiani o di deportarli il più lontano possibile. Un secolo più tardi, Theodor Roosevelt gli faceva eco dichiarando: "Non arriverò a dire che un un buon Indiano è un Indiano morto, ma insomma è questo il caso per nove su dieci di loro, e non starò a perdere il mio tempo col decimo."

2 - La colonizzazione dell'Australia e il massacro sistematico di decine di migliaia di aborigeni, veniva giustificato dagli inglesi con la tesi della "terra nullius", terra disabitata. Ma nel 1838, lo Stato inglese, per affermare la sua autorità proibisce... il genocidio. Ecco come il "Sydney Morning Herald" risolve la contraddizione tra terra nullius e proibizione del genocidio: "Questo vasto paese non era per loro [gli Aborigeni] che un territorio in comune - non dedicavano nessun lavoro alla terra -, la loro proprietà, il loro diritto non valevano più di quelli che dell'emù o del canguro. Non dedicavano nessun lavoro alla terra e questo - questo soltanto - è ciò che dà un diritto alla sua proprietà [...]. Il popolo britannico[...] ne ha preso possesso[...] e aveva perfettamente il diritto di farlo, proprio per autorità divina, secondo la quale è ordinato all'uomo di andare avanti, di popolare e coltivare la terra."

3 - "L'invenzione della tradizione"
L'invenzione di realtà fittizie con cui confrontarsi è una delle tecniche più note del sistema di dominio. L'invenzione del passato è stata frequente e diffusa in tutta la colonizzazione della fine del XIX secolo. In India, ad esempio era attraverso i letterati bramini che filtravano le informazioni sul passato e sulla concezione del mondo, che erano ascoltati perché facevano eco alla visione orientalista degli ufficiali britannici. La missione rigeneratrice della civilizzazione non era così concettualizzata come l'imposizione di una norma cristiana, ma come il recupero della verità delle tradizioni indigene. In questa direzione va pure l'invenzione di un "diritto tradizionale" relativo ai costumi locali.

Nel 1984, la Corte Suprema indiana rifiutò di abolire la "restituzione del diritto coniugale": in nome delle tradizioni induiste e della necessità di lottare contro il "male del secolo", il divorzio, le donne si vedevano costrette a ritornare dal loro marito, foss'anche accompagnate dalla polizia. Ora la restituzione del diritto coniugale non esisteva nel costume indiano, ed era stata introdotta solo nel 1857, quando le alte corti dei tribunali inglesi e indiani erano state fuse.

Il caso è esemplare dell'"invenzione della tradizione", ovvero della legittimazione di un insieme di pratiche facenti riferimento alla continuità con il passato, quando invece sono recenti o persino inventate, e che introducono rigidità laddove c'era elasticità. Questa operazione permette di legittimare il potere coloniale inserendolo nelle tradizioni del paese colonizzato pur lasciando profittare alcuni colonizzati di una posizione intermedia o di potere.

D'altro canto, gli interventi coloniali giustificati ufficialmente dalla lotta contro pratiche poco difendibili, come la cremazione delle vedove (sati), il matrimonio di bambini, il matrimonio forzato, il levirato ecc. se avevano pochi effetti pratici in questo senso, erano molto più utili a marcare la sedicente superiorità morale dei colonizzatori e a legittimare il loro dominio più che assicurare una libertà femminile che nella stessa Europa era ancora lontana.


Cfr. Hosbawm-Ranger, The invention of Tradition, Cambridge University Press, 1983

 
Di comidad (del 11/11/2006 @ 00:00:00, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 4459 volte)

Il colonialismo è una tecnica di dominio che si riproduce con precise costanti nel corso della Storia. Queste prime voci costituiscono l'avvio della stesura di un manuale a riguardo. Chi fosse interessato, può anche fornire il suo contributo. Comidad

4 - Colonialismo e libero mercato

Uno dei miti capitalistici più resistenti è quello del libero mercato. È un mito caro al dominio perché offre a chi lo difende argomenti di concretezza darwiniana, mentre lascia ai suoi critici gli argomenti di un moralismo pauperistico. In realtà il libero mercato non è mai esistito.

Un esempio piuttosto interessante è quello dell'avvio della rivoluzione industriale negli Stati Uniti. Questa rivoluzione è cominciata nel settore tessile, e in particolare nella produzione di cotone che veniva prodotto a basso costo; e questo non certo a causa di "dinamiche di mercato", ma perché era stata sterminata la popolazione indigena ed erano stati introdotti gli schiavi. Genocidio e schiavitù sono quindi alla base del "libero mercato". Anche altri paesi che avevano tra le loro risorse il cotone provarono ad avviare la loro rivoluzione industriale, ma non andarono lontano perché l'Inghilterra aveva le armi e li bloccò con la forza.

L'Egitto, per esempio, aveva il cotone e aveva avviato la propria rivoluzione industriale intorno al 1820, circa all'epoca in cui l'avevano iniziata gli Stati Uniti. Ma la Gran Bretagna non tollerava concorrenti nel Mediterraneo orientale, così lo fermò con la forza.

Il Bengala è stato uno dei primi territori colonizzati dalla Gran Bretagna nel XVIII secolo, descritto dal colonizzatore Robert Clive come un vero paradiso. Dacca, diceva, è come Londra, e infatti era chiamata "La Manchester dell'India". Era ricca e popolosa, aveva cotone di alta qualità, agricoltura, industria avanzata e molte altre risorse. Il livello produttivo era paragonabile a quello inglese; sembrava proprio avviata verso un grande sviluppo. Guardiamo cos'è Dacca oggi: "la Manchester dell'India" è la capitale del Bangladesh, il simbolo del disastro totale. E questo perché gli inglesi hanno depredato e distrutto quel paese, esattamente come fanno oggi le "riforme strutturali" [le politiche della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che espongono il Terzo Mondo alla penetrazione e al controllo stranieri].

L'India era nei fatti un vero concorrente della Gran Bretagna. Nel decennio che va dal 1820 al 1830, gli inglesi impararono dagli indiani tecniche avanzate per produrre acciaio e, all'epoca delle guerre napoleoniche, in India si costruivano navi per la flotta inglese. Gli indiani avevano un'industria tessile ben avviata e producevano più ferro di tutta l'Europa messa insieme. Ma gli inglesi deindustrializzarono il paese con la forza e lo ridussero a una povera società rurale. Ecco in cosa consisteva la competizione del "libero mercato".

Nel 1845, gli Stati Uniti hanno annesso il Texas, e una delle ragioni principali era che volevano assicurarsi il monopolio del cotone, il petrolio del XIX secolo, che era il vero combustibile dell'economia industriale. Per questo motivo la leadership americana pensò che annettendo il Texas, che era il maggior produttore di cotone della zona, sarebbe stato possibile strangolare economicamente la Gran Bretagna.

[da N.Chomsky Capire il Potere, Tropea ed. 2002, Milano]

 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (48)
Commenti Flash (62)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


06/12/2024 @ 09:42:07
script eseguito in 26 ms