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""Napoli" è una di quelle parole chiave della comunicazione, in grado di attivare nel pubblico un'attenzione talmente malevola da congedare ogni senso critico, per cui tutto risulta credibile."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 20/02/2013 @ 01:31:59, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 1724 volte)
Vittimo-colonialismo: il dominio piagnone degli USA

Il ciclico lamento sul declino definitivo del dominio economico USA, è diventato ormai una consuetudine. I competitor più diversi si presentano però a sfidare il gigante statunitense solo per dover battere in ritirata dopo qualche tempo. E' stato così per il Giappone che, sconfitto in guerra, si sarebbe poi preso la rivincita sul piano industriale. E' avvenuto lo stesso anche per quelle che vennero definite, con enfasi salgariana, le "tigri asiatiche". Più di recente è toccato alla Cina e all'India. Secondo la "Maonomics" di Loretta Napoleoni, il capi-comunismo cinese avrebbe messo in crisi il binomio democrazia-capitalismo; mentre Federico Rampini ha coniato il termine "Cindia" per indicare l'accoppiata delle potenze che avrebbero surclassato gli USA. Altri ancora hanno aggiunto anche la Russia e il Brasile nell'acronimo BRIC dei nuovi dominatori economici. Eppure tutta questa retorica vittimistica sul declino USA assomiglia all'analogo vittimismo sulla minaccia terroristica; sembra cioè costruita ad arte per riaffermare l'invincibilità degli USA, in questo specifico caso del loro modello economico. Al di là dei pianti, i segnali dell'ennesimo trionfo USA si moltiplicano: la Fiat chiude in Italia, ma la Crysler è in pieno sviluppo; l'industria statunitense ha superato brillantemente la crisi provocata dalla finanza statunitense; si scoprono immensi giacimenti di gas che dovrebbero rendere autosufficienti gli USA sul piano energetico (notizia che suscita l'entusiasmo anche di certi commentatori di "sinistra": se gli USA diventano autosufficienti sul piano energetico, non avranno più la necessità di aggredire per procurarsi le risorse di cui hanno bisogno; come se l'aggressione coloniale avesse in sé qualcosa di "necessario".); i capitalisti americani tornano dalla Cina per poter investire con più soddisfazione negli USA.
In realtà molti di questi "miracoli" sono resi possibili dalla solita ricetta: rapinare i più poveri; sfruttare la classe operaia più affamata; riaffermare il controllo totale in fabbrica con il ricatto della delocalizzazione. E' noto che recentemente agli operai della Ford è stata imposta una drastica riduzione di salario, anche a fronte di una crescita dei ritmi di sfruttamento o, come si dice oggi, di produttività e di utili. Mentre gli operai sudcoreani della Hyunday e della Kia hanno appena ottenuto l'abolizione del turno di notte, gli operai americani (ma anche quelli britannici della Land Rover, oggi di proprietà indiana) sono stati costretti, con la complicità dei sindacati, a subirne il ripristino. E tuttavia l'enfasi data a questo ritorno trionfale del potere economico USA (cfr. "l'Espresso" 7 febbraio u.s.) sottintende l'idea che se il lavoratore si piega alle esigenze del capitale, accettando diminuzione del salario e aumento dell'orario, tutta la nazione ne tragga benefici. In realtà l'aggressione del capitale nei confronti dell'operaio non è determinata dall'andamento economico, ma dalla semplice possibilità di attaccare.
Quando il guru della Apple, Steve Jobs, morì nell'ottobre 2011 cominciò un lungo processo di beatificazione che dura ancora oggi, e rispetto al quale, quello allestito per Madre Teresa di Calcutta sembra un sobrio e laico attestato di simpatia. Su Jobs sono stati spesi migliaia di articoli, centinaia di libri, nei quali, con varie gradazioni, si esaltava il personaggio: la vera personificazione dello spirito creativo del capitalismo, l'imprenditore più geniale di tutti i tempi, il genio inventivo degli ultimi cento anni, l'alternativa brillante al grigio profeta della Microsoft, Bill Gates..., e via delirando. Ma il vero spirito creativo di Jobs lo si è scoperto nelle fabbriche cinesi dei suoi gadget tecnologici.
La Foxconn, azienda criminale cinese che gestisce gli impianti a capitale occidentale in Cina, organizza anche i lager della Apple. In questi posti infernali un operaio guadagna due dollari l'ora, dorme in dormitori con sei-otto letti per un affitto di 16 dollari al mese; i turni di lavoro sono di almeno 12 ore al giorno per sei giorni su sette. Le fabbriche di Chengdu (120.000 operai) e quelle di Shenzhen (230.000) lavorano 24 ore su 24; il numero delle ragazzine operaie è molto alto e fra queste è altissimo il tasso di suicidi, o di operai che muoiono letteralmente di fatica sul lavoro. Secondo la propaganda ufficiale, la Apple è oggi l'azienda di maggior successo al mondo. Ma l'unica contromisura messa in atto dalla Foxconn per limitare i suicidi, è stata (forse su suggerimento dei creativi della Apple) quella di circondare le fabbriche con reti utilizzate solitamente per gli incendi, in modo da impedire alle operaie di uccidersi cadendo al suolo quando si lanciano dalle finestre.
 
Di comidad (del 17/10/2010 @ 01:03:00, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 2026 volte)
BOLIVIA, MORALES, LITIO E COCA Cola

Evo Morales è dal 2005 il primo presidente indigeno dell’America latina, e già per questo la propaganda occidentale doveva ritenerlo indigesto; se a questo si aggiunge che Morales è un ex cocalero e che ha difeso i contadini boliviani, allora non poteva che essere in combutta con i narcos. Ma la propaganda occidentale e colonialistica si è davvero scatenata quando Morales ha nazionalizzato – anche se solo in parte – le industrie del gas, le industrie petrolifere, le compagnie aeree e le aziende che gestiscono l’acqua. Un brutto colpo per l’attività di rapina delle multinazionali, che hanno tentato e tentano di destabilizzare il paese come hanno fatto già in Colombia e in Messico. Ma intanto, nonostante le minacce e le fosche previsioni del FMI, le entrate della Bolivia – che è un paese molto povero, cioè impoverito - sono cresciute e il debito è diminuito. La Bolivia, che, come molti paesi poveri, è ricca di materie prime, è stata già devastata in passato dal colonialismo degli Spagnoli.
Fu nel 1545 che gli Spagnoli cominciarono ad estrarre l’argento nelle miniere vicino a Potosì. Una enorme quantità di metallo prezioso che arricchì i conquistadores e che decimò gli indigeni costretti a fucilate a lavorare nelle miniere. Tra il 1545 e il 1825 nelle miniere d’argento morirono otto milioni d’indigeni boliviani. Uno dei tanti genocidi coloniali perpetrati contro le popolazioni native americane.
Oggi la Bolivia scopre di possedere un’altra risorsa importante: il litio. Le riserve più grandi del mondo di questo minerale sono localizzate nella zona del Salar de Uyuni. Il carbonato di litio è il materiale base per batterie ad alta capacità, e se mai il mercato dell’auto elettrica dovesse davvero decollare, mettere le mani su questa risorsa sarebbe decisivo per l’affarismo criminale delle multinazionali. Ecco perché le accuse verso Morales di non essere democratico e di favorire la produzione e diffusione della cocaina si moltiplicano con il supporto dell’apparato mediatico occidentale.
E’ noto che la coca e la cocaina non sono la stessa cosa e la confusione viene alimentata per rompere le scatole a Evo Morales e mettere in difficoltà il suo paese, per il quale la produzione di coca è una risorsa importante. La foglia di coca ha eccellenti effetti energizzanti, analgesici e terapeutici. I rappresentanti sindacali del Tropico di Cochabamba in Bolivia chiedono: “quante piante conoscete che forniscono più calcio del latte, più ferro degli spinaci e altrettanto fosforo del pesce?”
Le proprietà della foglia di coca erano conosciute e sfruttate da tempo. Fu un chimico corso, Mariani, a inventare, verso la fine dell’800 una bevanda a base di foglie di coca fatte macerare nel vino Bordeaux che ebbe un successo clamoroso. I sovrani scandinavi, il papa Leone XIII, ma anche Ibsen e Zola, Verne e Rodin, Eleonora Duse e Sarah Bernhardt furono grandi consumatori del “Vin Mariani” premiato dall’Accademia medica francese e omaggiato di una medaglia ad honorem dal papa.
Fu invece Albert Neimann che nel 1860 riuscì ad isolare l’alcaloide cui diede il nome di “cocaina” e che era una droga potente al punto da essere usata come alternativa alla morfina in campo medico, ma anche dagli appassionati di sostanze psicotrope. In realtà pare che la lunga macerazione nel vino rendesse disponibili gli effetti dell’alcaloide cocaina; quindi il “Vin Mariani” offriva cocaina in dosi moderate e a basso costo ad un largo numero di consumatori.
A fronte dell’incredibile successo del vino Mariani, una farmacista statunitense (John Styth Pemberton) ebbe l’idea di fregare la formula a Mariani. Era nato il French Wine Coca, ma visto che la bevanda non poteva contenere alcol o vino, proibiti nella sua città (Atlanta) vi aggiunse cocaina e noce di kola. La bevanda poi, attraverso vari passaggi nelle mani di affaristi avventurosi, diventerà la Coca Cola. La cocaina fu quindi determinante per la diffusione di questo prodotto. Fu solo nel 1906, in seguito al “Pure foods and drugs act” che la Coca Cola fu costretta ad eliminare la cocaina dalla sua famosa formula segreta, ma ormai la diffusione della bevanda era imponente. E poi l’avrà davvero tolta la cocaina? Durante la seconda guerra mondiale, Hitler proibì la vendita della Coca Cola in Germania. Così la Corporation statunitense, per non perdere terreno sul mercato tedesco sfruttò un nuovo marchio, quello di un prodotto locale, la Fanta, messo a punto da Max Keith ( imbottigliatore della Coca Cola in Germania) con un insieme di sottoprodotti della lavorazione del formaggio e di marmellata, ma, pare,senza coca. Nel 1960 la società americana acquisì in modo definitivo il marchio Fanta.
Qualche giorno fa “la Repubblica” presentava l’elenco e il valore delle maggiori marche mondiali, e la Coca Cola superava di gran lunga tutte le altre (microsoft compresa), venduta in molti più paesi di quanti ce ne siano all’ONU. Sarà un caso, ma la più grande multinazionale del mondo, nota per i suoi comportamenti delinquenziali contro gli operai, per le devastazioni ambientali ecc. deve il suo successo proprio alla cocaina.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


09/05/2024 @ 04:48:00
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