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"Il denaro gode di una sorta di privilegio morale che lo esenta dalla corvée delle legittimazioni e delle giustificazioni, mentre ogni altra motivazione non venale comporta il diritto/dovere di intasare la comunicazione con i propri dubbi e le proprie angosce esistenziali. Ma il denaro possiede anche un enorme potere illusionistico, per il quale a volte si crede di sostenere delle idee e delle istituzioni, mentre in realtà si sta seguendo il denaro che le foraggia."

Comidad (2013)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 20/02/2013 @ 01:31:59, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 1813 volte)
Vittimo-colonialismo: il dominio piagnone degli USA

Il ciclico lamento sul declino definitivo del dominio economico USA, è diventato ormai una consuetudine. I competitor più diversi si presentano però a sfidare il gigante statunitense solo per dover battere in ritirata dopo qualche tempo. E' stato così per il Giappone che, sconfitto in guerra, si sarebbe poi preso la rivincita sul piano industriale. E' avvenuto lo stesso anche per quelle che vennero definite, con enfasi salgariana, le "tigri asiatiche". Più di recente è toccato alla Cina e all'India. Secondo la "Maonomics" di Loretta Napoleoni, il capi-comunismo cinese avrebbe messo in crisi il binomio democrazia-capitalismo; mentre Federico Rampini ha coniato il termine "Cindia" per indicare l'accoppiata delle potenze che avrebbero surclassato gli USA. Altri ancora hanno aggiunto anche la Russia e il Brasile nell'acronimo BRIC dei nuovi dominatori economici. Eppure tutta questa retorica vittimistica sul declino USA assomiglia all'analogo vittimismo sulla minaccia terroristica; sembra cioè costruita ad arte per riaffermare l'invincibilità degli USA, in questo specifico caso del loro modello economico. Al di là dei pianti, i segnali dell'ennesimo trionfo USA si moltiplicano: la Fiat chiude in Italia, ma la Crysler è in pieno sviluppo; l'industria statunitense ha superato brillantemente la crisi provocata dalla finanza statunitense; si scoprono immensi giacimenti di gas che dovrebbero rendere autosufficienti gli USA sul piano energetico (notizia che suscita l'entusiasmo anche di certi commentatori di "sinistra": se gli USA diventano autosufficienti sul piano energetico, non avranno più la necessità di aggredire per procurarsi le risorse di cui hanno bisogno; come se l'aggressione coloniale avesse in sé qualcosa di "necessario".); i capitalisti americani tornano dalla Cina per poter investire con più soddisfazione negli USA.
In realtà molti di questi "miracoli" sono resi possibili dalla solita ricetta: rapinare i più poveri; sfruttare la classe operaia più affamata; riaffermare il controllo totale in fabbrica con il ricatto della delocalizzazione. E' noto che recentemente agli operai della Ford è stata imposta una drastica riduzione di salario, anche a fronte di una crescita dei ritmi di sfruttamento o, come si dice oggi, di produttività e di utili. Mentre gli operai sudcoreani della Hyunday e della Kia hanno appena ottenuto l'abolizione del turno di notte, gli operai americani (ma anche quelli britannici della Land Rover, oggi di proprietà indiana) sono stati costretti, con la complicità dei sindacati, a subirne il ripristino. E tuttavia l'enfasi data a questo ritorno trionfale del potere economico USA (cfr. "l'Espresso" 7 febbraio u.s.) sottintende l'idea che se il lavoratore si piega alle esigenze del capitale, accettando diminuzione del salario e aumento dell'orario, tutta la nazione ne tragga benefici. In realtà l'aggressione del capitale nei confronti dell'operaio non è determinata dall'andamento economico, ma dalla semplice possibilità di attaccare.
Quando il guru della Apple, Steve Jobs, morì nell'ottobre 2011 cominciò un lungo processo di beatificazione che dura ancora oggi, e rispetto al quale, quello allestito per Madre Teresa di Calcutta sembra un sobrio e laico attestato di simpatia. Su Jobs sono stati spesi migliaia di articoli, centinaia di libri, nei quali, con varie gradazioni, si esaltava il personaggio: la vera personificazione dello spirito creativo del capitalismo, l'imprenditore più geniale di tutti i tempi, il genio inventivo degli ultimi cento anni, l'alternativa brillante al grigio profeta della Microsoft, Bill Gates..., e via delirando. Ma il vero spirito creativo di Jobs lo si è scoperto nelle fabbriche cinesi dei suoi gadget tecnologici.
La Foxconn, azienda criminale cinese che gestisce gli impianti a capitale occidentale in Cina, organizza anche i lager della Apple. In questi posti infernali un operaio guadagna due dollari l'ora, dorme in dormitori con sei-otto letti per un affitto di 16 dollari al mese; i turni di lavoro sono di almeno 12 ore al giorno per sei giorni su sette. Le fabbriche di Chengdu (120.000 operai) e quelle di Shenzhen (230.000) lavorano 24 ore su 24; il numero delle ragazzine operaie è molto alto e fra queste è altissimo il tasso di suicidi, o di operai che muoiono letteralmente di fatica sul lavoro. Secondo la propaganda ufficiale, la Apple è oggi l'azienda di maggior successo al mondo. Ma l'unica contromisura messa in atto dalla Foxconn per limitare i suicidi, è stata (forse su suggerimento dei creativi della Apple) quella di circondare le fabbriche con reti utilizzate solitamente per gli incendi, in modo da impedire alle operaie di uccidersi cadendo al suolo quando si lanciano dalle finestre.
 
Di comidad (del 20/10/2013 @ 15:17:51, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 2819 volte)
COLONIALISMO ED AUTOCOLONIALISMO

Da Marc Ferro "Le livre noir du colonialisme”. Laffont, Paris 2003
<< In India, l’Europeo non può fare a meno di intermediari locali. “Migliaia di schiavi, di servitori, di ausiliari, di associati, di collaboratori si danno da fare attorno a lui, cento mille volte più numerosi di coloro che non sono ancora i padroni.” Limitando il numero dei soldati europei esposti alle malattie e al fuoco nemico, l’incorporazione di autoctoni negli eserciti coloniali contribuisce a ridurre i costi dell’impero.
Il ricorso alle reclute indigene è una pratica antica. I Portoghesi l’adottano fin dai primi decenni del XVI secolo, poi essa si espande all’India dove nessuno la spingerà così lontano quanto i Britannici. L’esercito della Compagnia accoglie, alla vigilia della Grande Ribellione del 1857, più di 310.000 cipayes, ovvero quasi il 90% del totale degli effettivi. Questa percentuale diminuisce al 64% nel 1881, per risalire nella prima metà del XIX secolo. Le truppe indiane partecipano all’espansione britannica in Birmania (a diverse riprese dal 1824 al 1885), in Persia (1856-1857), diverse volte in Cina (1839-1842, 1857-1860), durante la rivolta dei Boxers nel 1900, in Afghanistan (1878-1880), in Egitto (1882-1885), in Africa orientale e centrale (1897-1898 e 1902-1904) e in Africa occidentale alla fine del XIX secolo. In nessun altro posto, nel XIX secolo, si ritrova una mobilitazione così massiccia. Nessun'altra potenza coloniale dispone, come la Gran Bretagna , di un serbatoio umano delle proporzioni dell’India. Il colonizzatore recluta tra le “razze guerriere”: Rajput, Jat, Sikh, Gurkha. La paga relativamente alta e soprattutto regolare, è un’attrattiva sufficiente per incitare i guerrieri autoctoni a mettersi al servizio della East India Company. Per la maggior parte dei colonizzati che si ingaggiano nell’esercito del conquistatore, l’ordine militare può apparire come meno ingiusto della società coloniale. Verso il 1913, 76.000 soldati inglesi “occupano” l’India popolata da 315 milioni di abitanti. Il costo finanziario della conquista e della difesa dell’impero è assicurato dalla metropoli (ovvero la madrepatria rispetto ai paesi colonizzati) solo nel caso dei dominions. Nelle colonie di sfruttamento*, dal 1860 al 1912, le spese militari rappresentano dal 35 al 40% del budget. In India, Londra riuscì a farne assumere una parte significativa. (…) >>
* L’autore distingue le colonie di popolamento da quelle di sfruttamento. In queste ultime non vengono insediati coloni dalla madrepatria, ma si lascia un contingente militare per mettere in atto la rapina e l’asservimento delle popolazioni colonizzate.

Le informazioni di Marc Ferro si prestano ad alcuni confronti con l'attualità. L'imperialismo continua ad usare truppe coloniali, ma questo uso viene oggi dissimulato in forme variegate. L'aggressione della NATO alla Libia ed alla Siria è stata condotta con l'uso di formazioni "jihadiste", finanziate, reclutate ed addestrate dalle petromonarchie del Golfo Persico, tutte coordinate con la NATO da appositi trattati di collaborazione militare; ma anche con l'ausilio dell'addestramento di compagnie di contractors come la ex Blackwater, che opera negli Emirati Arabi Uniti.
Ma la stessa NATO costituisce un meccanismo di reclutamento di truppe coloniali nei Paesi cosiddetti "alleati", come l'Italia. Lo dimostrano la presenza dei Marò italiani nell'Oceano Indiano, oltre che i contingenti di "pace" che i nostri governi hanno disseminato in Afghanistan, Kosovo, ecc. Gli "alleati" per di più finanziano il colonizzatore acquistando le sue armi.
A ciò si aggiunge l'autocolonialismo "creativo" dei vertici militari dei Paesi "alleati"/colonizzati, che si esprime in una produzione ideologica in proprio. In una performance televisiva a "Servizio Pubblico", il ministro della Difesa, Mario Mauro, che è di origini pugliesi, si è fatto notare per aver usato l'autorazzismo verso la propria regione, presentandola come esempio di quel tipo di furibonda litigiosità che richiederebbe l'intervento delle forze di interposizione e "pacificazione" della NATO. L'autorazzismo meridionale si pone così al servizio della mitologia della superiorità razziale dell'Occidente.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


16/01/2025 @ 13:52:41
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