Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Nel 1941, nell’Italia fascista, venne pubblicato un rivoltante opuscoletto di propaganda bellica, dal titolo “Bastardi Mediterranei”, in cui si cercava di dimostrare l’inferiorità razziale del popolo greco. Per il fascismo italiano del 1941, l’inferiorità di un popolo dunque costituiva ancora un oggetto di dimostrazione, mentre, per il superfascismo occidentalistico attuale, l’inferiorità di certi popoli rappresenta un dato scontato, che non ci si dà neppure più la pena di argomentare.
Nell’Europa di oggi si discute perciò della sorte della Grecia allo stesso modo in cui lo si faceva alla fine dell’800 per decidere il destino di un popolo africano. La dominazione coloniale ha quindi invaso anche l’Europa e ne costituisce ora il senso comune. La stampa anglosassone, o "anglo-germanica", ha coniato per i Paesi reprobi dell'Unione Europea l'acronimo di P.I.G.S. (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna); una sigla che vuole rimarcare il segno della condizione di inferiorità morale e politica di questi Paesi, additati pretestuosamente come le palle al piede dell'Unione Europea. Il vero volto colonialistico della finzione istituzionale detta Unione Europea, si rivela adesso all’opinione pubblica senza più pudori; senza però che l’opinione pubblica abbia più a disposizione i criteri per discernere e capire quanto la situazione sia cambiata in Europa dopo la caduta del Muro di Berlino. In base alla mistificazione imperante, nel sedicente Occidente vigerebbe la "libertà di parola", quando invece tutta la comunicazione è interamente costretta all'interno degli slogan ufficiali, che impongono il fumoso neologismo "globalizzazione" al posto dell'esplicito termine di colonialismo; perciò è permesso criticare solo ciò che non esiste: ci si può dire infatti "no global", ma non esiste la possibilità di essere "no colonial".
La Grecia è oggi accusata dai media mondiali di "aver vissuto al di sopra dei propri mezzi", uno slogan ossessivamente ricorrente, che fu coniato dal Fondo Monetario Internazionale nel 1946, con lo scopo di ridurre ad una condizione di sudditanza psicologica e politica i Paesi che ne vengono etichettati. Le difficoltà di bilancio dello Stato greco hanno in realtà un’origine ben diversa, e riguardano l’imposizione delle cosiddette norme di “libera concorrenza” da parte dell’Unione Europea. “Libera concorrenza” costituisce lo pseudonimo delle privatizzazioni, che nulla hanno a che fare con la “libera concorrenza” (una figura mitica, non più realistica di fate, folletti e gnomi), ma hanno invece molto a che vedere con il saccheggio del denaro pubblico.
Anche lo Stato greco ha dovuto infatti anticipare a soggetti privati, sia nazionali che multinazionali, i finanziamenti per farli entrare in possesso di aziende e servizi pubblici. Anche lo Stato greco ha dovuto regolarmente soccorrere con sussidi pubblici i bilanci dei privati, ciò mentre era costretto a rinunciare alle entrate che una volta gli enti pubblici gli procuravano. L’inganno della propaganda ufficiale intanto continua a confondere la spesa sociale - l’assistenza per i poveri - e la spesa pubblica, nascondendo che i finanziamenti statali finiscono nella maggior parte nelle tasche dei privati, cioè nell’assistenzialismo per i ricchi.
Ora che le casse dello Stato greco sono state prosciugate dall’assistenzialismo per ricchi - che proprio l’Unione Europea ha imposto -, la Grecia viene esposta al ludibrio dell’opinione pubblica internazionale per la sua presunta inettitudine ad amministrarsi da sola. In questo contesto suona come un'ulteriore beffa la proposta di Berlusconi di affidare la Grecia alle dirette cure del Fondo Monetario Internazionale; cure che si sono dimostrate già micidiali per tutti i Paesi che le hanno dovute subire, come quelli dell’ex Europa dell’Est, già diventati da tempo delle colonie dirette del FMI. In effetti il FMI è già il vero padrone dell'Unione Europea e della Banca Centrale Europea, ma le crisi di bilancio di molti Paesi europei consentirebbero ora al colonialismo del FMI di scavalcare le mediazioni e le finzioni giuridiche, "commissariando" l'Unione Europea pezzo per pezzo.
Ci sarebbe un modo pratico e diretto per migliorare i conti pubblici della Grecia e degli altri Paesi in difficoltà, e consisterebbe nel bloccare le costosissime privatizzazioni, ma il fatto che questa misura non venga nemmeno presa in considerazione, costituisce la dimostrazione che queste false emergenze finanziarie tendono sempre allo stesso scopo: smantellare ovunque qualsiasi residuo di economia pubblica e di amministrazione pubblica. Infatti alla Grecia si impongono drastici tagli alla spesa sociale, ma, al contempo, si ordina di accelerare sul pedale delle “liberalizzazioni” (altro eufemismo per privatizzazioni); eppure anche il più feroce risparmio sulla spesa sociale potrà incidere sui conti pubblici al massimo per qualche frazione di punto, mentre l’onere delle privatizzazioni peserà sui bilanci statali in modo crescente e insostenibile.
C’è però un altro aspetto nella proposta di Berlusconi che riguarda direttamente l’Italia, la quale rischia a sua volta di finire a breve nel mirino dell'Unione Europea a causa del suo deficit di bilancio.
Offrendo la Grecia al commissariamento del Fondo Monetario Internazionale, Berlusconi implicitamente consegna alla stessa sorte anche l’Italia, proprio perché questa potrebbe trovarsi di qui a poco nelle stesse condizioni della Grecia. Tutte le mosse di Berlusconi di questi ultimi mesi rappresentano un suo disperato tentativo di riconquistare la fiducia del FMI, per dissuaderlo dal proposito di sostituirlo alla guida del governo italiano con Gianfranco Fini. La raffica di privatizzazioni natalizie, gli attacchi all’ENI, le piaggerie verso il FMI dei giorni scorsi, costituiscono tutte mosse di Berlusconi in tal senso, per poter ancora dimostrare di essere un servo fedele e zelante del colonialismo. Ma proprio l’eccesso di zelo potrebbe danneggiarlo, causando reazioni inaspettate, come è accaduto con lo scandalo che ha investito la Protezione Civile.
Le intercettazioni telefoniche che oggi inchiodano i responsabili della Protezione Civile, e la loro coda di profittatori privati, sconcertano per la loro efficacia accusatoria e probatoria. Per un’opinione pubblica abituata a farsi propinare come scoop la registrazione di conversazioni generiche e poco significative, ciò costituisce forse una differenza non percepibile. In realtà si può essere riusciti a far sbottonare tanto degli affaristi nelle loro conversazioni telefoniche soltanto con l’azione di agenti provocatori addestrati dai servizi segreti. Ciò esclude che le intercettazioni siano solo frutto delle inchieste della magistratura, e vuol dire anche che da almeno due anni i settori dello Stato che si sentono minacciati dalle privatizzazioni stavano affilando le armi contro Berlusconi per prevenire sue eventuali mosse.
Tutto ciò potrebbe rafforzare la posizione di Gianfranco Fini presso il FMI, che può ritenere più adatto alle sue esigenze un uomo che proviene da una forza politica come il Movimento Sociale Italiano, legata a doppio filo alle Forze Armate, alla Polizia, ai Carabinieri ed ai servizi segreti. Sempre che le ultime sortite dell’ex missino Ignazio La Russa, con i suoi propositi di privatizzazione della Difesa, non abbiano già bruciato la credibilità degli ex missini presso sbirri e militari.
Per mesi ci si è raccontato che Berlusconi si trovava al centro di un’offensiva da parte dei giudici italiani e della stampa estera a causa della sua politica a favore dell’indipendenza energetica dell’Italia. Per sostanziare meglio questa fiaba, si è arrivato ad attribuire a merito dello stesso Berlusconi l’accordo per il gasdotto South Stream dell’ENI con la Russia, ed anche una serie di contratti dell’ENI con la Libia. Si è tirata in ballo la presunta amicizia personale fra Berlusconi e Putin, ed un altrettanto presunto feeling con Gheddafi; amicizie e feeling che però non erano stati necessari a Prodi quando aveva avviato lui tutti quegli accordi già nel 2006, appena insediatosi alla presidenza del Consiglio.
A smentire clamorosamente la fiaba, ci ha pensato lo stesso Berlusconi durante il suo recente viaggio in Israele, allorché ha annunciato un prossimo ritiro dell’ENI dall’Iran, inoltre con una immediata riduzione del giro d’affari di tutte le aziende italiane in quel Paese. L’ENI è stato privatizzato oltre dieci anni fa, quindi ora è una SPA e non dipende dal Presidente del Consiglio, che non aveva nessun titolo per fare di quegli annunci o dare quelle disposizioni, che ora impedirebbero all’ente energetico italiano di intrattenere affari con il Paese che dispone delle maggiori risorse di gas di tutto il pianeta. In tal modo, Berlusconi è riuscito a smentire in un colpo solo ben due fiabe: la fiaba che lo celebrava come un campione dell’indipendenza energetica italiana, ed anche la fiaba più fiaba di tutte, quella del "libero mercato".
A sostegno delle parole del suo Presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri Frattini ha addirittura promesso al governo israeliano che il presidente dell’ENI, Scaroni, andrà a Gerusalemme per rassicurare Israele circa i futuri rapporti tra l’Iran e l’ente energetico italiano. Lo stesso Frattini si è incaricato di tenere caldo il fronte polemico con l’Iran, arrivando ad inventarsi un assalto di miliziani iraniani contro l’ambasciata italiana a Teheran. I telegiornali hanno anche diffuso un video che documenterebbe quel cosiddetto assalto, narrato dal ministro degli esteri durante un’audizione in senato. In realtà nel video si vedono, per pochi secondi, solo dei poliziotti che fronteggiano pochissimi manifestanti, e niente dimostra che le immagini siano state riprese davanti all’ambasciata italiana; il piatto forte del video consiste perciò in una logorroica intervista a Frattini, che rinnova le sue provocazioni verso il governo iraniano.
A detrimento dei toni accesi di Frattini, il governo iraniano non solo ha mantenuto un bassissimo profilo nei confronti delle provocazioni di Berlusconi, ma ha anche smentito che sia in atto un ritiro dell’ENI dall’Iran. Neppure la stampa internazionale ha avallato il racconto di Frattini, ed il “New York Times” si è limitato a riportare che “L’Italia dice” (“Italy says”) che ci sia stato un tentativo di assalto, ma niente di più.
Gli appoggi a Berlusconi sono giunti invece - e come sempre - da sedicenti avversari. Il 6 febbraio il quotidiano “il Manifesto” pubblicava un appello a favore della “democrazia” in Iran, cioè in appoggio ai tentativi di colpo di Stato che gli ayatollah Mousavi e Rafsanjani stanno compiendo in Iran con il sostegno statunitense. Pochi giorni dopo, l'11 febbraio - in coincidenza con l'anniversario della rivoluzione iraniana - la CGIL, la CISL e la UIL riscoprivano l’unità sindacale solo per sottoscrivere un analogo appello contro l’attuale regime iraniano, invocando sanzioni economiche "mirate" contro di esso. Queste sanzioni favorirebbero gli interessi delle multinazionali anglo-americane, ma non quelli dell'’ENI, che si trova ora messo in difficoltà da questa criminalizzazione del regime iraniano.
Probabilmente Berlusconi cerca di accreditarsi presso il Fondo Monetario Internazionale come l’uomo adatto a mettere in ginocchio il gruppo dirigente dell’ENI, in modo che le quote azionarie dell’ente vengano cedute alle multinazionali anglo-americane. Il FMI aveva fatto capire di preferire Gianfranco Fini per questa missione, non perché ritenesse Berlusconi troppo “indipendente”, semmai troppo dipendente da farmaci e droghe per risultare mentalmente in grado di fronteggiare un potentato come l’ENI, dotato di risorse finanziarie illimitate e di storici agganci nei servizi segreti e nelle Forze Armate.
Potrebbe non essere una coincidenza il fatto che il terremoto giudiziario che ha investito in questi ultimi giorni la Protezione Civile abbia giovato all'ENI, diminuendo la pressione politica e mediatica nei suoi confronti. Se c'era qualcuno che aveva un immediato interesse a far scoppiare oggi lo scandalo, questo qualcuno era l'ENI, che ha visto così allentarsi l'accerchiamento della propaganda americo-sionista. Solo in base ad una concezione idealizzata dell'attività giudiziaria si potrebbe obiettare che le indagini e le intercettazioni sulla Protezione Civile dovevano essere in atto da molto tempo prima. In realtà le intercettazioni ci sono continuamente e vengono effettuate dai servizi segreti; le inchieste giudiziarie si avviano quando queste intercettazioni le si vuole utilizzare.
Bloccare la privatizzazione della Protezione Civile va a colpire direttamente gli interessi della Impregilo, che è la multinazionale prediletta da Berlusconi. La lista dei regali fatti da questo governo all’Impregilo è praticamente infinita: va dagli appalti per lo smaltimento dei rifiuti in Campania, sino agli appalti per la ricostruzione in Abruzzo, e persino alla cessione dei beni demaniali nelle province di Reggio Calabria e Messina; anche gli appalti per le centrali nucleari vedono la Impregilo in prima fila, per non parlare poi della Protezione Civile SPA, che dovrebbe avere questa multinazionale edilizia come appaltatore privilegiato.
Anche per l’attuale scandalo che ha colpito la Protezione Civile, si è tirata fuori la storia della vendetta americana contro Guido Bertolaso per le sue dichiarazioni di Haiti contro i mancati soccorsi USA; quindi anche Bertolaso si trova ora nel pantheon degli eroi dell’indipendenza italiana e vittime del colonialismo americano, come già Craxi e Berlusconi. Pare che la storia del Bertolaso vittima degli Americani abbia trovato asilo anche su media iraniani, il che dovrebbe far capire come la disinformazione colpisca a larghissimo raggio.
In realtà Berlusconi non solo non ha mai contrastato il colonialismo statunitense, ma ne è sempre stato un agente; mentre Craxi non venne fatto fuori per la storia di Sigonella, ma perché era a capo del vecchio sistema dei partiti, diventato un ostacolo oggettivo alle privatizzazioni, poiché traeva le sue maggiori fonti di finanziamento dalle Partecipazioni Statali. Nella vicenda di Sigonella ebbe una parte rilevante anche l'allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giuliano Amato, un agente del FMI infiltrato nel Partito Socialista e divenuto strettissimo collaboratore di Craxi. Manco a dirlo, fu il primo governo di Giuliano Amato, tra il 1992 ed il 1993, a dare il via alle privatizzazioni a tappeto. Per i suoi meriti nel campo delle privatizzazioni, il 6 febbraio ultimo scorso - appena dodici giorni fa - Giuliano Amato è stato nominato senior advisor della Deutsche Bank in Italia, a dimostrazione che nella sua biografia politica di "socialista" qualche dettaglio poco chiaro c'è.
Il vero gruppo dirigente degli Stati Uniti è costituito dai vertici della Federal Reserve e del Fondo Monetario Internazionale, e questi non hanno come movente le generiche vendette, ma il denaro. In questo senso, gli anni di Bertolaso alla Protezione Civile hanno preparato il terreno all’ingresso delle multinazionali anche in settori dove era impensabile che si insediassero.
Ancora un mese prima della privatizzazione della Protezione Civile - decisa il natale ultimo scorso -, quando era già deciso che Bertolaso sarebbe stato il presidente della nuova SPA, questi si dichiarava pubblicamente contrario alle ipotesi di privatizzazione; ciò per fare in modo che il colpo potesse essere messo a segno dal governo nel silenzio più assoluto. Bertolaso aveva ipocritamente recitato la sua parte di funzionario integerrimo sino in fondo, e soltanto lo scandalo ha messo allo scoperto i progetti di privatizzazione della Privatizzazione Civile.
Resterebbe però ancora da chiarire perché delle testate giornalistiche di "sinistra", come "Report" e "La Repubblica", abbiano contribuito in modo decisivo dal 2007 al 2009 a costruire la santa icona di Bertolaso. Forse ce lo potrebbe spiegare Giuliano Amato.
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