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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 13/03/2014 @ 01:10:32, in Commentario 2014, linkato 2190 volte)
Hanno suscitato un certo scalpore le dichiarazioni dell'ex segretario di Stato USA, Henry Kissinger, sull'attuale crisi in Ucraina. Secondo Kissinger l'attuale demonizzazione di Putin da parte degli USA non rappresenta una politica, ma solo l'alibi per l'assenza di una politica.
Il discorso di Kissinger si inserisce in una più articolata ondata di commenti occidentali che appaiono improvvisamente più "sereni". Forse si tratta, in parte, dell'effetto di una ritrovata e sana paura. C'è persino chi si ricorda che l'aggressività oggi espressa dalla Russia può essere spiegabile con la diffidenza generata dalle mancate promesse da parte degli USA su un non allargamento della NATO oltre i confini del 1989 allorché Gorbaciov acconsentì a ritirarsi dall'Europa orientale.
La posizione di Kissinger vorrebbe però esibire un maggiore spessore intellettuale, e sembrerebbe poggiare su una premessa realistica, dato che gli stessi USA hanno fondato sulla propria forza un diritto all'ingerenza negli affari internazionali, un diritto che però può esercitarsi concretamente soltanto con i deboli. Putin dispone di un arsenale nucleare che per quantità è sicuramente inferiore a quello degli USA, ma che per qualità e potenziale distruttivo non gli è da meno. Putin quindi non potrebbe essere demonizzato come Milosevic, Saddam Hussein o Gheddafi, poiché, se è la forza a creare il diritto, allora la forza non può essere demonizzata.
Ma le parole di Kissinger sono ugualmente fuorvianti, poiché lascerebbero intendere che agli USA sia possibile perseguire una strategia dei rapporti internazionali, darsi cioè una vera politica in cui non sia la propaganda a dettare le scadenze. In base all'esperienza storica ciò appare però un'ipotesi piuttosto remota, poiché l'imperialismo moderno ha sempre agito in base a schemi ripetitivi e ricorrenti; schemi da manuale, che non si sono mai adattati alle situazioni, semmai hanno schematizzato ogni volta le situazioni.
Se ci si fa caso si può notare che lo schema coloniale seguito dalla NATO per il Kosovo, l'Iraq, la Libia o la Siria somiglia in modo sconcertante alla "liberazione" del Regno delle Due Sicilie da parte dei Mille di Garibaldi. Anche nel 1860 una "spontanea" rivolta interna trovò l'ausilio di milizie esterne il cui sbarco in Sicilia fu favorito dalla Marina britannica. La resistenza del Regno dei Borbone (demonizzatissimi all'epoca dalla stampa britannica) crollò per le progressive defezioni di ministri e generali, come è appunto avvenuto in Serbia nel 1999, in Iraq nel 2003 ed in Libia nel 2011. Lo schema coloniale demonizzazione-aggressione-corruzione costituisce l'unica "politica" che l'imperialismo abbia mai conosciuto.
Kissinger vanta al proprio attivo l'aver allacciato rapporti con la Cina di Mao, ma si tratta appunto di una vanteria, dato che la demonizzazione della Cina fu l'unica politica espressa dagli USA sino a pochi mesi prima dello storico incontro del 1972 tra Nixon e Mao. La realtà è che gli USA, sconfitti dai Vietnamiti e dalle loro armi russe, trovarono improvvisamente sulla loro strada la sponda offerta dall'ala affaristica del regime cinese, che pochi mesi prima aveva liquidato fisicamente il suo oppositore Lin Piao, dato sino a quel momento come il sicuro successore di Mao.
La fine dell'Unione Sovietica è stata segnata anche da questi meccanismi fortunosi, in cui iniziative fallite per un verso hanno aperto strade inattese per un altro verso. La prima guerra del Golfo, voluta da Bush-padre nel 1991, fece schizzare in alto il prezzo del petrolio e consentì introiti miliardari alle multinazionali statunitensi; ma, sul piano strettamente militare, la propaganda ufficiale dovette incaricarsi di coprire un vero disastro. Le forze della coalizione guidata dagli USA non soltanto non riuscirono ad impedire l'ordinato ritiro dell'esercito di Saddam dal Kuwait, ma videro numerosi aerei abbattuti dalla contraerea irachena, con tanto di piloti prigionieri costretti a recitare in tv il mea culpa. Con l'assistenza di fisici balistici russi, i banali missili Scud iracheni (in pratica degli antiquati V2) ridicolizzarono i mitici missili Patriot degli USA, e dimostrarono la vulnerabilità del territorio di Israele e dell'Arabia Saudita.
Il pur remissivo leader sovietico di allora, Gorbaciov, riuscì quindi a bloccare la revanche militare degli USA, ma dovette ugualmente soccombere alle trame interne, aizzate dall'aumento del prezzo del petrolio. Era stato lo stesso Gorbaciov a creare il proprio liquidatore, cioè Gazprom, che non si fece sfuggire la possibilità di business offerta da un prezzo del petrolio triplicato. Gorbaciov fu abbattuto e salì al potere il privatizzatore Eltsin. Gli Usa vinsero definitivamente la guerra fredda senza aver vinto alcuna battaglia, ma per corruzione dell'avversario.
Forse è proprio il discorso di Kissinger a costituire soltanto un alibi intellettualistico che serve a conferire un alone di pensosa problematicità al perpetuarsi dello schema coloniale. Il punto è che la demonizzazione del "tiranno" di turno offre agli affaristi ed agli opportunisti quell'alibi morale che gli serve per passare dalla parte del colonizzatore.
Nella giungla delle organizzazioni internazionali ve ne sono anche di quelle che svolgono lo specifico compito di demonizzare questo o quel capo di Stato inviso in quel momento agli Usa. Una di queste organizzazioni è il Consiglio d'Europa, fondato nel maggio del 1949, quindi, per pura coincidenza, un mese dopo la costituzione della NATO. Il fatto che il Consiglio d'Europa abbia la sua sede a Strasburgo porta spesso a confonderlo con una delle tante istituzioni dell'Unione Europea; magari con il Consiglio Europeo. Al contrario, il Consiglio d'Europa può esibire addirittura una primogenitura rispetto alla UE. Il Consiglio d'Europa si occupa da sempre di "diritti umani", ed ogni tanto si rifà un alone di verginità mettendo alla gogna dei Paesi deboli come l'Italia, su temi peraltro inoppugnabili come le ignobili condizioni carcerarie.
Ma la vera funzione del Consiglio d'Europa è quella di fare propaganda da guerra fredda, alimentando le condizioni per attuare colpi di Stato. Si tratta di ciò che è successo nel gennaio scorso, quando il Consiglio d'Europa ha attuato una diretta ingerenza negli affari interni dell'Ucraina, rivolgendosi direttamente al parlamento per abolire leggi proposte dal presidente in carica, Yanukovic.
Presentare il presidente Yanukovic come il solito "tiranno", o aspirante tale, che stermina il suo popolo, ha consentito a gran parte dell'oligarchia ucraina che lo esprimeva di salire sul carro occidentale e di riciclarsi in nome della democrazia e dei diritti umani, cioè degli affari della cordata NATO-multinazionali. In Ucraina lo schema coloniale si è ripetuto secondo le consuete cadenze e scadenze, ed è ovvio che la NATO ed il suo codazzo di organizzazioni internazionali sperino di riapplicarlo con la Russia, anche perché non saprebbero concepire altro. Lunedì scorso il segretario generale del Consiglio d'Europa, il norvegese Jagland, si è precipitato a Kiev per soccorrere il neonato governo golpista ucraino contro l'occupazione russa della Crimea. Che Jagland abbia svolto la sua brava parte in quel golpe a Kiev, è un sospetto che ovviamente non può sfiorare le menti abbacinate dagli slogan sui diritti umani.
Nella sinistra c'è chi ritiene che l'antimperialismo costituisca una deroga ed un cedimento nazionalistico rispetto alla lotta di classe, che dovrebbe rivolgersi soprattutto contro le cosiddette "borghesie nazionali". In realtà le "borghesie nazionali" non esistono, ed i ricchi di ciascun Paese chiedono sempre l'ausilio delle potenze coloniali nella guerra interna contro i loro poveri. L'imperialismo non è una guerra tra nazioni, ma una guerra mondiale dei ricchi contro i poveri.
 
Di comidad (del 06/03/2014 @ 01:31:40, in Commentario 2014, linkato 2618 volte)
Sarebbe lecito chiedersi cosa avremmo saputo dell'attuale situazione in Ucraina nell'epoca pre-internet, quando l'informazione dipendeva ancora per intero dai giornalisti. Oggi siamo venuti a conoscenza del ruolo decisivo svolto dalle formazioni naziste nella "rivolta"/colpo di Stato di Kiev, mentre nell'Ungheria del 1956 di nazisti non v'era alcuna traccia, sebbene le Croci Frecciate ungheresi avessero costituito sino ad undici anni prima il secondo partito nazista per consistenza di massa dopo quello tedesco. Senza internet, un nuovo Indro Montanelli ci narrerebbe forse la "realtà" di una piazza ucraina composta esclusivamente da popolo ed operai assetati di libertà e diritti umani, e tutti noi dovremmo confrontarci con quella "realtà".
Nonostante la inconsueta prudenza di commentatori di solito inflessibilmente occidentalisti, come Barbara Spinelli, altri commentatori invece non hanno rinunciato allo scontato, quanto pretestuoso, paragone fra Putin ed Hitler, presentando l'invasione della Crimea alla stregua di quella dei Sudeti del 1938. Per altri commentatori della destra "antagonista", l'attuale perfomance militare russa ha invece rinfocolato le speranze di un Putin campione della lotta contro l'imperialismo americo-sionista. Questa seconda ipotesi si rivela altrettanto irrealistica della prima, e si basa su una evidente sopravvalutazione del personaggio.
Non che Putin sia paragonabile ai fantocci teleguidati che popolano la scena politica europea. Anzi, Putin si è sempre dimostrato abbastanza "tosto" da riuscire a barcamenarsi tra i due poteri reali che agiscono in Russia: Gazprom e le forze armate. Ciò che manca al personaggio non è né il coraggio fisico, né la collaborazione di ghost writer molto migliori di quelli di Obama, bensì un progetto politico che non si limiti a far coesistere giorno per giorno l'affarismo delle oligarchie commerciali del gas e del petrolio con l'integrità territoriale della Russia.
Si riscopre oggi l'imperialismo russo, ma si tratta di un pleonasmo, dato che la Russia è, per costituzione storica e per esigenza pratica, un impero; e tale ha continuato ad essere anche sotto l'orpello ideologico del socialismo. La Russia attuale appare come un impero ridimensionato e privato delle sue storiche appendici dell'Ucraina, della Bielorussia e della Georgia. La lettura della storia sovietica con il filtro del "vittimacomunismo" ha fatto dimenticare che molte delle etnie che oggi si presentano come oppresse, esprimevano in effetti i massimi livelli della dirigenza politica dell'URSS: Stalin e Beria erano georgiani, mentre Zdanov, Krusciov e Breznev erano ucraini. Fu proprio Krusciov ad assegnare nel 1954 la Crimea russofona alla Repubblica dell'Ucraina, in quella che allora apparve come una redistribuzione in famiglia e che oggi invece è un casus belli.
Il problema dell'attuale imperialismo russo è però ancora quello dell'epoca dell'URSS o dello zarismo, e cioè che si tratta di un "imperialismo debole", che costa in termini militari molto più di quanto renda in termini commerciali. Nell'imperialismo statunitense il militarismo e l'affarismo delle multinazionali sono inestricabilmente intrecciati sotto la direzione di quel grande ministero delle Partecipazioni Statali che è il Pentagono. L'espressione "complesso militare-industriale" è talmente riduttiva da risultare fuorviante, poiché può far credere che si tratti di un aggregato informale e che riguardi solo il settore degli armamenti. Sotto la tutela del Pentagono si articola invece una cordata affaristica che si esprime in ogni settore, e che allarga la sua rete anche tramite la NATO ed i suoi tanti accordi di partnership militare con Paesi esterni al Patto Atlantico; accordi che hanno sempre risvolti affaristici a tutto tondo, compresi i business illegali. La forza attrattiva dell'imperialismo statunitense consiste perciò non solo nella sua potenza intrinseca, ma anche nella sua capacità di coinvolgere e calamitare tutti i gruppi affaristici del pianeta, che riconoscono negli USA il loro alleato naturale, e persino una sorta di ideale razziale. L'imperialismo USA rappresenta quindi una costruzione complessa, in cui l'azione e l'influenza, anche ideologica, dei tantissimi filoamericani risultano determinanti quanto quelle dell'oligarchia statunitense. L'eterno mito del presunto "declino" statunitense serve a mascherare questo dato di fatto.
Al contrario, la debolezza dell'imperialismo russo consiste nel non essere mai riuscito a saldare la funzione commercial-finanziaria con quella militare. La capacità attrattiva dell'imperialismo russo rimane scarsa, persino tra i popoli slavi; ed un certo razzismo anti-russo rientra nel "politically correct" di tutti i ceti intellettuali. Il successo delle manovre militari indette da Putin lo scorso anno è servito a rilanciare anche il business della vendita delle armi russe, ma Gazprom e le forze armate continuano ad esprimere interessi non conciliabili. Mentre i militari russi rivivono oggi i loro antichi giorni di gloria, nello stesso tempo le quotazioni azionarie di Gazprom crollano, a riprova che sono chiacchiere depistanti quelle dei commentatori che ci presentano un Putin in Ucraina a caccia delle "autostrade del gas".
Ma ciò è una riprova anche del fatto che Putin non ha ceduto a desideri di espansionismo territoriale, ma al pericolo di essere rovesciato da un colpo di Stato militare nel caso avesse abbozzato sull'annessione dell'Ucraina all'Occidente. Si tratta degli stessi timori di colpo di Stato che nel 2008 indussero Putin a consentire ai militari di invadere l'Ossezia.
La penisola di Crimea si trova al centro del Mar Nero. Chi controlla la Crimea, controlla il Mar Nero; e chi controlla il Mar Nero ha accesso a tutta la parte occidentale della Russia. Se le basi militari e navali russe della Crimea cadessero nelle mani della NATO, la Russia semplicemente non esisterebbe più; ed è esattamente ciò che vorrebbero il Dipartimento di Stato USA e le innumerevoli agenzie private di politica estera che operano in nome e per conto dell'imperialismo occidentale, a cominciare da quelle di George Soros.
Per quanto la NATO ci abbia abituato al suo avventurismo criminale, è molto difficile ritenere che avrebbe gestito tutta la vicenda ucraina in un modo così aggressivo e sfacciato, se non avesse contato su qualche "sponda" filoamericana all'interno della oligarchia commerciale russa, cioè tra quegli affaristi di Gazprom che sognano di ritagliarsi in un ex impero russo tante "Arabie Saudite" da gestire in partnership con gli Stati Uniti. Fondata da Gorbaciov, Gazprom divenne la centrale russa della lobby delle privatizzazioni, sino a quando nel 1992 Eltsin riuscì a privatizzarla effettivamente. Nel 2007 Gazprom avviò addirittura una privatizzazione dell'esercito, ma fu la guerra dell'Ossezia nel 2008 a ridimensionare questo piano, rilanciando il ruolo tradizionale dei militari.
Probabilmente la resa dei conti tra Gazprom e le forze armate russe è appena cominciata, e non è detto che Putin riesca a mantenere il suo ruolo di mediazione.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


06/10/2024 @ 22:31:38
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