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"Le decisioni del Congresso Generale saranno obbligatorie solo per le federazioni che le accettano."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Ginevra, 1873
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 18/02/2021 @ 00:14:59, in Commentario 2021, linkato 5860 volte)
La presidenza Biden è ancora nella fase dell’idillio con gli apparati e con i media. Non ci sarebbe però da stupirsi se, di qui a poco, i conflitti istituzionali si riaccendessero e Joe Biden venisse chiamato a rendere conto di ogni soldo rubato e di ogni fondoschiena palpeggiato, magari anche per fatti di trenta o cinquanta anni fa.
Al contrario di ciò che ci propina il mainstream, le narrazioni cospirative alla Qanon nascono come strumento di comunicazione per i conflitti interni al potere, ed hanno un effetto propagandistico a doppio taglio, cioè efficace per due diverse categorie di pubblico. Le menti “rozze e primitive”, anche se non danno retta ai dettagli più caricaturali della narrazione, sono comunque indotte a pensare che lassù si stia svolgendo un’epica lotta tra un potere trasparente e “buono” (Trump) ed un altro potere subdolo e cattivo (il “Deep State”). Si tratta di una rappresentazione a parti invertite rispetto a quella dei media mainstream, nella quale Trump è il “cattivo” e la cospirazione la fanno i “troll” russi.
Purtroppo però sono le menti “colte e raffinate” quelle più esposte al pericolo, poiché, pur di screditare le narrazioni complottistiche, arrivano a liquidare qualsiasi teoria del conflitto. L'atteggiamento di superiorità intellettuale gioca brutti scherzi e comporta forme di ingenuità anche peggiori di quelle attribuite ai “rozzi”. Si è arrivati infatti a considerare le teorie cospirative come una vera e propria emergenza politico-sociale; tutto ciò ovviamente partendo dalla falsa premessa mainstream secondo cui il complottismo sarebbe un fenomeno irrazionale in cui si esprimerebbe lo scontento popolare. In un colpo solo si vanno perciò ad avallare due mantra della dogmatica oligarchica: l’emergenzialismo, che giustifica qualsiasi abuso di potere; ed il fantasma del “populismo”, questa presunta pretesa del popolaccio ignorante di non lasciar fare alle sedicenti élite.
Il fondatore della scienza delle pubbliche relazioni, l'austriaco Edward Bernays, sosteneva che la base di una propaganda efficace sta nel rendere incerta la fonte di un certo messaggio, in modo da creare un'illusione di spontaneità. Il libro di Bernays “Propaganda”, del 1928, è il testo di riferimento degli attuali “spin doctor”. Bernays ebbe l’astuzia di presentare le sue teorie sulla manipolazione dell’opinione pubblica anch’esse in chiave manipolativa, quindi le avvolse in un’atmosfera di cospirazione. In realtà il “false flag”, l’attribuire ad un altro una cosa che stai facendo tu, è un trucco elementare che usano persino i ragazzini per farsi gli scherzi. L’efficacia del “false flag” quindi sta tutta nei pregiudizi di chi riceve il messaggio. Sono i tuoi pregiudizi elitari (in definitiva, razziali) che ti portano a credere che QAnon sia davvero un fenomeno popolare. Non c’è da stupirsi del fatto che anche gli animabellisti siano affetti da pregiudizi elitari e razziali, poiché il razzismo è un corollario dello stesso umanesimo, cioè dell’idealizzazione dell’Uomo: dato che l’umanità reale con cui abbiamo a che fare, non è mai questo granché, tendiamo allora a favoleggiare di un “altrove” in cui abitino esseri umani all’altezza dell’ideale.   

Non si tratta di mitizzare il popolo, semmai di farsi venire qualche piccolo dubbio sulla effettiva lucidità e razionalità delle sedicenti élite. A rendere del tutto superflui i complotti c’è il fatto che i poteri sono come ingranaggi automatici che funzionano sempre allo stesso modo, perciò le vere variabili dipendono solo dai rapporti di forza. Sono appunto i rapporti di forza ad essersi gravemente squilibrati negli ultimi decenni.
Nel corso del ’900 lo spazio istituzionale statunitense è stato occupato da nuovi soggetti: prima la Federal Reserve, poi il FBI, la CIA, la NSA e il Pentagono. Negli anni ’60 il Segretario alla Difesa, Robert McNamara, trasformò il Pentagono in un vero e proprio ministero delle Partecipazioni Statali, il più grande erogatore di appalti pubblici del mondo, non solo per la costruzione di armamenti ma anche per i progetti di ricerca tecnologica. Dagli anni ’70 la National Security Agency ha avuto un'evoluzione analoga e, insieme col Pentagono, è la padrona di Silicon Valley. La trasversalità tra pubblico e privato viene rappresentata plasticamente dal fenomeno della ”porta girevole”, per cui i funzionari pubblici vanno a occupare posti ben remunerati nelle aziende, come Amazon, che essi stessi hanno contribuito a creare o a valorizzare. Il mito secondo cui le multinazionali sarebbero società private in grado di dominare gli Stati, non tiene conto del fatto che “pubblico” e “privato” sono etichette di comodo per le stesse identiche lobby. Forse c’è stato un tempo in cui il ”pubblico” ha rappresentato un fattore di moderazione dell'oppressione di classe. Oggi certamente non è più così, perciò è il caso di cominciare a demolire la falsa alternativa pubblico/privato.

Dal 2009 la Federal Reserve, la banca centrale statunitense, ha avviato il Quantitative Easing, un'inondazione di denaro creato dal nulla  che va ad alimentare l’acquisto di titoli pubblici e privati. Le forme estreme raggiunte dall’emergenza Covid sarebbero state inconcepibili in epoche precedenti, quando non c’erano la digitalizzazione ed il Quantitative Easing; quest’ultimo sta consentendo una crescita esponenziale dell’indebitamento degli Stati, ed anche spettacolari performance di Borsa in un periodo di forte caduta della domanda e del PIL.
Nel sistema tradizionale statunitense il Congresso teneva in mano la cassa e il Presidente gestiva la politica estera; mentre oggi sono entrambi nelle condizioni del dottor Frankenstein, cioè devono fare i conti con “creature” che sono diventate molto più forti di loro. La cialtroneria e il velleitarismo inconcludente del personaggio Trump hanno reso possibile una narrazione mediatica dello scontro tra poteri molto “personalizzata”, cioè legata alle patologie individuali dell'ex presidente. Il nuovo presidente Biden si presenta ora con un basso profilo e cerca di compiacere e rassicurare gli apparati sul fatto che non cercherà uno scontro con essi. Ma le volontà personali hanno un valore molto relativo, poiché il conflitto tra poteri, l'invasione dei rispettivi territori di competenza, è intrinseca alla stessa struttura del potere. Una volta umiliato il presidente Trump, occorrerà ribadire che era proprio l’istituzione presidenziale in quanto tale ad essere bersagliata e screditata. La narrazione dell’epica lotta tra i poteri buoni e i poteri cattivi riserva probabilmente molte altre puntate ma anche poche vere sorprese.
 
Di comidad (del 25/02/2021 @ 00:11:05, in Commentario 2021, linkato 6163 volte)
Mettere sotto qualcuno per dimostrargli quanto fa schifo, è sin troppo facile; anzi, ogni eccesso di zelo in questo sforzo inutile risulta alquanto sospetto. Il rapporto gerarchico si basa infatti sulla svalutazione del subalterno, il che serve a confermare la sua  dipendenza ed a rafforzarla.
Si tratta del fenomeno dell’aggiotaggio sociale, che può verificarsi in piccola scala all’interno delle famiglie o dei luoghi di lavoro, oppure su grande scala, applicandolo a classi sociali o a interi popoli. L’aggiotaggio è il reato che consiste nell’alterare il valore di una merce o di un titolo attraverso la diffusione di notizie false e tendenziose. Il reato di aggiotaggio viene perseguito molto raramente, non tanto perché sia di difficile individuazione, quanto invece perché il perseguirlo significherebbe togliere agli speculatori di Borsa il loro strumento di lavoro.
Anche in ambito politico l'aggiotaggio è una prassi consueta, e viene attuato attraverso la categoria del “salvataggio”; non per nulla la parola “salvataggio” è inflazionata, quanto la parola “emergenza”. Il Recovery Fund sul piano dell'aiuto finanziario è davvero poca cosa, ma l'enfasi mediatica che lo accompagna, sin dalle sue fasi di preparazione e negoziato, è funzionale ad imprimere nella mente dell'opinione pubblica la parola “salvataggio”: l'Europa e la Germania che correrebbero a “salvarci”.
In Italia di ”Salvatori della Patria” ne abbiamo avuti tanti, troppi; anzi, è diventato una sorta di roleplay. Ma l'esaltazione mediatica dei "Salvatori" è sempre stata funzionale alla rappresentazione di un Paese che affonda, di un Paese sull’orlo dell’abisso, cioè di un Paese che non vale nulla. Questi pseudo-salvataggi sono psicodrammi che rafforzano i vincoli di dipendenza, e questa sensazione di dipendenza può essere molto euforizzante per l'opinione pubblica; di qui la popolarità, per quanto effimera, dei “Salvatori”.

A proposito dell'attuale “Salvatore dell’Italia”, Mario Draghi, si tira spesso fuori il famoso aneddoto del panfilo “Britannia”, che però è roba ormai in prescrizione. Più di recente Draghi si è invece distinto per operazioni di aggiotaggio ai danni del proprio Paese; come quando, da presidente della Banca Centrale Europea, dichiarò che dovevano considerarsi a rischio le banche che avevano in pancia troppi titoli di Stato di Paesi con eccessivo debito pubblico. Non erano invece considerati a rischio i titoli derivati di cui sono imbottite le banche tedesche. Con quella dichiarazione, solo apparentemente generica, in un colpo solo, Draghi svalutò sia il debito pubblico italiano, sia le banche che lo possedevano, esponendole al rischio di cannibalizzazione da parte di istituti di credito stranieri. Mentre usava il suo “bazooka” (il “Quantitative Easing”), Draghi non disdegnava di lanciare qualche siluro contro il sistema bancario italiano, che oggi comunque lo accoglie come se fosse il padreterno. Nulla di strano, poiché per riflesso condizionato non si guarda alla difesa dei propri interessi, bensì all’osservanza delle gerarchie.
Uno dei luoghi comuni sulla politica e sull’imperialismo, è che questi si basino sullo schema amico/nemico, il che comporterebbe il corollario per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”. Si tratta di una concezione solo apparentemente realistica, in realtà molto ingenua, che non tiene conto degli effettivi meccanismi della gerarchia sociale e internazionale.
La prassi imperialistica consiste infatti nel fregare soprattutto gli "amici" e gli "alleati". Persino i nemici vengono scelti in modo da danneggiare gli affari dell’alleato. Basti considerare quanto la criminalizzazione dell’Iran e della Russia da parte degli USA danneggi gli affari dei suoi “alleati” europei. L’Italia si è specializzata nel prendere fregature dagli “alleati” della NATO e dai “partner” europei, come si è visto con la distruzione del regime di Gheddafi nel 2011, che ha danneggiato non soltanto l’ENI, ma anche altre imprese italiane in cui il governo libico investiva.
Bidonare gli “alleati” è uno schema ricorrente, che può essere considerato uno standard comportamentale. Ad esempio, nel 1704, nel corso della Guerra di Successione spagnola, l’Inghilterra si impadronì di Gibilterra, fregando non solo gli “alleati” spagnoli, ma anche gli Olandesi, che erano stati suoi soci nell’occupazione della Rocca. Grazie a quell’occupazione, l’Inghilterra si assicurò il controllo dell'ingresso al Mediterraneo, compiendo l'ascesa a superpotenza mondiale.

Chi in un sistema di alleanze si trovi in posizione gerarchicamente subordinata, diventa una preda. In base ai meccanismi della gerarchia, che non riconoscono alcuna dignità alla vittima, la predazione viene spacciata per “salvataggio”.
Ma per comprendere sino in fondo il meccanismo imperialistico, occorre cogliere il suo nucleo essenziale, che non è lo scontro tra nazioni, bensì lo scontro di classe. La proiezione coloniale esterna è un modo per irreggimentare e militarizzare le classi subalterne; ma anche la sottomissione coloniale ha la stessa funzione.
Si potrebbe comprendere facilmente la sottomissione delle nostre oligarchie al padrone USA che, in definitiva ci occupa militarmente; molto meno lineare invece è il processo di sottomissione al “partner” tedesco, che nei nostri confronti vanta un potere contrattuale striminzito. Nella visione delle oligarchie nostrane la tutela del “salvatore” tedesco è in funzione dell’irreggimentazione delle classi subalterne e della compressione dei loro redditi. Ci si serve del ”sostegno” di un tutore esterno nello scontro di classe interno. L’autocolonialismo italico nei confronti della Germania non è l’effetto dei rapporti di forza tra nazioni, è invece costruito essenzialmente sulla propaganda e sulla guerra psicologica.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


05/12/2024 @ 06:53:52
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