Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il colonialismo
è una tecnica di dominio che si
riproduce con precise costanti nel corso della Storia. Queste prime
voci costituiscono l'avvio della stesura di un manuale a riguardo. Chi
fosse interessato, può anche fornire il suo contributo.
Comidad
5 - Lo
sterminio degli Indiani dell'area caraibica
Con il secondo viaggio di Cristoforo Colombo ad Haiti, alla fine del
1493, diventano più chiari gli scopi e i metodi di questi
viaggi d'esplorazione. L'occupazione in armi dell'isola, poi
ribattezzata Hispaniola, messa in atto con l'arrivo di un'armada di
diciassette navi e millecinquecento uomini segna l'atto inaugurale
della colonizzazione europea che presto si abbatterà su
tutto il continente americano con una ferocia inaudita.
La pratica coloniale deve essere sorretta da un discorso di
gerarchizzazione ai danni dei popoli invasi; ecco quindi delinearsi le
prime tracce di una ideologia che diventerà letteratura e
che si rafforzerà proprio sostenendo la pratica coloniale.
Già dopo il suo primo viaggio, Cristoforo Colombo scrive:
"gli indigeni sono adatti ad essere comandati e a che li si faccia
lavorare, seminare e portare a termine tutti gli altri lavori
che si rendessero necessari, e a che si insegni loro ad andar vestiti e
a prendere i nostri costumi".
In realtà gli Indiani accolgono molto bene gli spagnoli, ma
questi li costringeranno a cambiare tipo di coltivazione per nutrirli,
a costruire le case e le città per gli occupanti e
soprattutto a lavorare per l'estrazione dell‚oro, attraverso
un lavoro durissimo con un ritmo sproporzionato al modo vita e alle
capacità fisiologiche del popolo di Haiti, che
soccomberà velocemente. Un certo tipo di letteratura
coloniale ci racconta che gli Indiani non furono capaci di adeguarsi a
quell'ideologia del lavoro che gli occidentali chiamano
civiltà, ma la pratica coloniale dimostra che il vero scopo
degli Spagnoli era quello di costringere altri a lavorare al posto loro
ovvero di ridurli in schiavitù.
D'altro canto, l'incontro con società meno gerarchizzate
spinge gli Europei a produrre discorsi sulla mancanza di regolazione
nella vita familiare e sessuale degli indiani, che se da un lato
servono da giustificazione per l‚opera "civilizzatrice" dei
conquistatori, dall'altro lato, surrettiziamente, garantiscono la
possibilità di abusare di questi popoli.
Amerigo Vespucci, nel suo Mundus Novus, dimostrava quanto il mito del
"buon selvaggio" trovasse già una sua prima formulazione,
molto prima del romanticismo, e come fosse già funzionale al
colonialismo: "Essi non hanno vestiti, né di lana
né di seta, perché non ne hanno alcun bisogno.
Non hanno beni che gli appartengono in proprio, ma tutte le cose sono
in comune; vivono senza re, senza autorità superiore e
ognuno è padrone di se stesso. Hanno quante donne vogliono,
il figlio giace con la madre e il fratello con la sorella, e ognuno con
la prima che si trova alla sua portata o che incontra. Ogni volta che
vogliono, divorziano e non seguono alcun ordine a riguardo. Inoltre,
non hanno chiese, non hanno leggi e non sono neppure idolatri..."
In realtà, gli Indiani Tainos di Haiti non corrispondevano
affatto a questo modello arcadico, ma Colombo li descrive con gli
stessi sogni in testa. Eppure, quando gli Indiani organizzeranno la
resistenza, il giudizio su questo popolo cambierà
completamente: se prima erano ritenuti uomini e donne pacifici, molto
dolci e facili da convertire al cristianesimo - che, non
dimentichiamolo, era l'unico scopo dichiarato di quei viaggi -, appena
essi iniziano a combattere saranno considerati come perfidi, ladri,
assassini o saccheggiatori. Le diverse popolazioni indiane erano capaci
di accogliere degli stranieri per un certo tempo, ma non hanno mai
pensato di concedere loro un diritto di occupazione permanente e ancor
meno di lavorare sotto i loro ordini.
Nell'estate del 1494 tutta Haiti è in guerra. Nel marzo del
1495 gli Indiani sono schiacciati nella battaglia di Vega Real con
perdite altissime. Da quel momento praticheranno la strategia della
terra bruciata, ma saranno respinti sulle montagne e la maggior parte
di loro morirà di fame. I sopravvissuti saranno costretti a
lavorare in miniera o nei campi; le malattie epidemiche, in particolare
il vaiolo, colpiranno organismi già debilitati da ritmi di
lavoro forsennati. Le cifre danno in parte conto del massacro e di un
regime che oggi si potrebbe definire concentrazionario. La stima
più corrente della popolazione dell'isola all'arrivo di
Colombo, e che richiama il rapporto dei dominicani del 1519,
è di circa 1,1 milione di persone. Nel 1507, il tesoriere
Juan de Pasamonte non ne conta più di 60.000. Nel 1520 c'era
solo un migliaio di Indiani a Hispaniola e più nessuno a
Porto Rico. La stessa catastrofe si abbatterà poi su Cuba,
dove si erano rifugiati alcuni Tainos, sulla Giamaica e infine su San
Juan de Porto Rico.
La rapida scomparsa della massa indiana che doveva servire da
manodopera gratuita, spinge i colonizzatori a importare i primi schiavi
neri provenienti dalla Spagna dove la schiavitù era ancora
in vigore.
Il colonialismo pratica la guerra d‚aggressione, il
saccheggio e lo sfruttamento contro i popoli che ne sono vittime, ma
produce anche una sedimentazione di discorsi
sull'inferiorità di questi popoli e sul primitivismo da cui
bisogna emanciparli, discorsi che è possibile rintracciare
ogni volta che il colonialismo entra in azione.
Il colonialismo
è una tecnica di dominio che si
riproduce con precise costanti nel corso della Storia. Queste prime
voci costituiscono l'avvio della stesura di un manuale a riguardo. Chi
fosse interessato, può anche fornire il suo contributo.
Comidad
6 - Droga e umanesimo
Uno degli strumenti più importanti cui l'Inghilterra fece
ricorso per mantenere il suo dominio in India, fu, insieme
all'alcolismo, l'oppiomania. Il papavero d'origine mediterranea fu
introdotto in India come in Cina dagli Arabi. Ma furono gli Europei a
dare un'ampiezza senza precedenti al commercio dell'oppio, che
utilizzeranno come mezzo per finanziare i loro acquisti di spezie, di
tessuti di cotone e seta, e ne faranno uno strumento di dominio
decisivo. E' qui che si può parlare davvero per la prima volta
di "denaro della droga" nel senso che il finanziamento di una politica
imperiale è deliberatamente ricavato dalla droga, puntando sulla
tossicomania dell'altro.
L'esportazione del narcotico indiano fu legalizzata dal trattato di
T'ien-tsin. L'oppio della valle del Gange rappresentava almeno i due
terzi del totale delle esportazioni indiane della droga, che era
fabbricata, a partire dal prodotto consegnato dai contadini, in
manifatture autorizzate e supervisionate dal governo. Gandhi diceva in
proposito che: "Prima degli Inglesi non c'era in India nessun governo
disposto a incoraggiare il male rappresentato dall'uso dell'oppio e ad
organizzarne l'esportazione a fini fiscali come hanno fatto gli
Inglesi."
Nel 1880, l'alto commissario della Birmania indirizzava al governo
britannico un rapporto ufficiale in cui si poteva leggere: "L'uso
abituale di queste droghe abbatte le forze fisiche e morali, demolisce
i nervi, emacia il corpo, diminuisce la sua forza e la sua resistenza,
rende le persone pigre, negligenti e poco pulite, annichilisce l'amor
proprio costituisce una delle fonti più orribili di miseria,
d'indigenza e di criminalità, popola le prigioni di ospiti molli
e fiacchi, in breve vittime della dissenteria e del colera, impedisce
l'estensione auspicabile dell'agricoltura e il progresso morale
dell'imposta fondiaria, blocca l'aumento naturale della popolazione e
indebolisce la costituzione della generazione successiva."
Ciononostante una commissione ufficiale invia nel 1895 a Londra un
rapporto molto più ottimistico; ecco i passaggi principali: "Il
consumo dell'oppio non è affatto un vizio nelle Indie [...]. Si
fa ampiamente ricorso a quel prodotto a fini non terapeutici
così come a fini semi-terapeutici, in alcuni casi con buoni
risultati e nella maggior parte dei casi senza conseguenze nocive
[...]. Non è necessario permettere in India la coltivazione del
papavero così come la fabbricazione e l'uso dell'oppio soltanto
a scopi medicinali. Un’esperienza tradizionale ha insegnato al
popolo indiano a far uso di questo prodotto solo con circospezione e
l'abuso che se ne fa è un tratto della vita del popolo indiano
sul quale non è il caso di soffermarsi. La maggior parte degli
oppiomani indiani non è asservita alla sua abitudine. Queste
persone prendono le piccole dosi di cui hanno bisogno sul momento e
possono rinunciare alla loro razione, passata l'appetenza.
L'oppio è il più comune e il più apprezzato tra i
rimedi empirici che hanno a disposizione. Lo prendono per prevenire la
stanchezza o attenuarla, come mezzo profilattico della malaria o ancora
per ridurre la quantità di zucchero nel diabete, e, in modo
più generale, è impiegato ad ogni età come
sedativo. L'uso dell'oppio a piccole dosi è uno dei mezzi
principali per trattare le malattie infantili [!]. Proibire la vendita
dell'oppio senza prescrizione medica sarebbe una misura ridicola e
decisamente disumana nei confronti di diversi milioni di esseri
umani.[!]"
Questo rapporto è davvero esemplare sul funzionamento
dell'ideologia coloniale. Il discorso dell'inferiorità razziale
degli Indiani passa attraverso schemi ricorrenti nel colonialismo: il
"rispetto" di presunte tradizioni del popolo colonizzato (cfr.
"L'invenzione della tradizione" in mpc), il "rispetto"
dell'identità culturale dei colonizzati, atteggiamento
protettivo e paternalistico del colonizzatore, il "rispetto" di una
medicina empirica e popolare che sottolinea il primitivismo dei
colonizzati e, più in generale, l'umanesimo come base
giustificativa dell'imposizione della droga a milioni di persone.
Com'è ovvio, il governo inglese sceglierà di continuare a
drogare milioni d'Indiani proprio accentuando il discorso della
diversità culturale; in altri termini, se la droga fa male agli
Inglesi, fa invece molto bene agli Indiani.
Questi argomenti permetteranno di non tener conto di ciò che era
già noto. In realtà, già nel 1892, cinquemila
medici avevano dichiarato in Inghilterra che fumare o mangiare oppio
era nocivo per il corpo e disastroso per la mente e che bisognava
considerare l'oppio in India come un veleno e trattarlo lì come
in patria. Con tutta la diffidenza che si deve avere verso una
dichiarazione ufficiale dei medici, questo elemento toglie ogni alibi
al colonialismo inglese, le cui scelte furono consapevolmente criminali.
Una commissione della Società delle Nazioni aveva stabilito in
meno di 6 kg ogni 10.000 abitanti (0,6 gr per abitante), la
quantità annuale necessaria per uso terapeutico. Ora, a Calcutta
intorno al 1900, la media del consumo era di 144 kg ogni 10.000
abitanti, ovvero l'assunzione di quantità enormi per ogni
oppiofago.
Secondo testimonianze dell'epoca (Liggins), erano gli stessi funzionari
inglesi a distribuire gratuitamente l'oppio agli Indiani proprio per
creare un mercato, e quando i sostenitori di Gandhi organizzarono una
campagna contro l'alcol e l'oppio riuscendo, con la loro azione di
propaganda, a far scendere il consumo del 50% nella provincia di Assam,
il governo intervenne immediatamente per arrestare quarantaquattro dei
sessantatre oratori che percorrevano il paese.
Comidad (marzo 2007)
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