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"La privatizzazione è un saccheggio delle risorse pubbliche, ma deve essere fatta passare come un salvataggio dell’economia, e i rapinati devono essere messi nello stato d’animo dei profughi a cui è stato offerto il conforto di una zuppa calda. Spesso la psico-guerra induce nelle vittime persino il timore di difendersi, come se per essere degni di resistere al rapinatore fosse necessario poter vantare una sorta di perfezione morale."

Comidad (2009)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 12/12/2006 @ 00:00:00, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 1933 volte)

Il colonialismo è una tecnica di dominio che si riproduce con precise costanti nel corso della Storia. Queste prime voci costituiscono l'avvio della stesura di un manuale a riguardo. Chi fosse interessato, può anche fornire il suo contributo. Comidad

5 - Lo sterminio degli Indiani dell'area caraibica

Con il secondo viaggio di Cristoforo Colombo ad Haiti, alla fine del 1493, diventano più chiari gli scopi e i metodi di questi viaggi d'esplorazione. L'occupazione in armi dell'isola, poi ribattezzata Hispaniola, messa in atto con l'arrivo di un'armada di diciassette navi e millecinquecento uomini segna l'atto inaugurale della colonizzazione europea che presto si abbatterà su tutto il continente americano con una ferocia inaudita.

La pratica coloniale deve essere sorretta da un discorso di gerarchizzazione ai danni dei popoli invasi; ecco quindi delinearsi le prime tracce di una ideologia che diventerà letteratura e che si rafforzerà proprio sostenendo la pratica coloniale. Già dopo il suo primo viaggio, Cristoforo Colombo scrive: "gli indigeni sono adatti ad essere comandati e a che li si faccia lavorare, seminare e portare a termine tutti gli altri lavori che si rendessero necessari, e a che si insegni loro ad andar vestiti e a prendere i nostri costumi".

In realtà gli Indiani accolgono molto bene gli spagnoli, ma questi li costringeranno a cambiare tipo di coltivazione per nutrirli, a costruire le case e le città per gli occupanti e soprattutto a lavorare per l'estrazione dell‚oro, attraverso un lavoro durissimo con un ritmo sproporzionato al modo vita e alle capacità fisiologiche del popolo di Haiti, che soccomberà velocemente. Un certo tipo di letteratura coloniale ci racconta che gli Indiani non furono capaci di adeguarsi a quell'ideologia del lavoro che gli occidentali chiamano civiltà, ma la pratica coloniale dimostra che il vero scopo degli Spagnoli era quello di costringere altri a lavorare al posto loro ovvero di ridurli in schiavitù.

D'altro canto, l'incontro con società meno gerarchizzate spinge gli Europei a produrre discorsi sulla mancanza di regolazione nella vita familiare e sessuale degli indiani, che se da un lato servono da giustificazione per l‚opera "civilizzatrice" dei conquistatori, dall'altro lato, surrettiziamente, garantiscono la possibilità di abusare di questi popoli.

Amerigo Vespucci, nel suo Mundus Novus, dimostrava quanto il mito del "buon selvaggio" trovasse già una sua prima formulazione, molto prima del romanticismo, e come fosse già funzionale al colonialismo: "Essi non hanno vestiti, né di lana né di seta, perché non ne hanno alcun bisogno. Non hanno beni che gli appartengono in proprio, ma tutte le cose sono in comune; vivono senza re, senza autorità superiore e ognuno è padrone di se stesso. Hanno quante donne vogliono, il figlio giace con la madre e il fratello con la sorella, e ognuno con la prima che si trova alla sua portata o che incontra. Ogni volta che vogliono, divorziano e non seguono alcun ordine a riguardo. Inoltre, non hanno chiese, non hanno leggi e non sono neppure idolatri..."

In realtà, gli Indiani Tainos di Haiti non corrispondevano affatto a questo modello arcadico, ma Colombo li descrive con gli stessi sogni in testa. Eppure, quando gli Indiani organizzeranno la resistenza, il giudizio su questo popolo cambierà completamente: se prima erano ritenuti uomini e donne pacifici, molto dolci e facili da convertire al cristianesimo - che, non dimentichiamolo, era l'unico scopo dichiarato di quei viaggi -, appena essi iniziano a combattere saranno considerati come perfidi, ladri, assassini o saccheggiatori. Le diverse popolazioni indiane erano capaci di accogliere degli stranieri per un certo tempo, ma non hanno mai pensato di concedere loro un diritto di occupazione permanente e ancor meno di lavorare sotto i loro ordini.

Nell'estate del 1494 tutta Haiti è in guerra. Nel marzo del 1495 gli Indiani sono schiacciati nella battaglia di Vega Real con perdite altissime. Da quel momento praticheranno la strategia della terra bruciata, ma saranno respinti sulle montagne e la maggior parte di loro morirà di fame. I sopravvissuti saranno costretti a lavorare in miniera o nei campi; le malattie epidemiche, in particolare il vaiolo, colpiranno organismi già debilitati da ritmi di lavoro forsennati. Le cifre danno in parte conto del massacro e di un regime che oggi si potrebbe definire concentrazionario. La stima più corrente della popolazione dell'isola all'arrivo di Colombo, e che richiama il rapporto dei dominicani del 1519, è di circa 1,1 milione di persone. Nel 1507, il tesoriere Juan de Pasamonte non ne conta più di 60.000. Nel 1520 c'era solo un migliaio di Indiani a Hispaniola e più nessuno a Porto Rico. La stessa catastrofe si abbatterà poi su Cuba, dove si erano rifugiati alcuni Tainos, sulla Giamaica e infine su San Juan de Porto Rico.

La rapida scomparsa della massa indiana che doveva servire da manodopera gratuita, spinge i colonizzatori a importare i primi schiavi neri provenienti dalla Spagna dove la schiavitù era ancora in vigore.

Il colonialismo pratica la guerra d‚aggressione, il saccheggio e lo sfruttamento contro i popoli che ne sono vittime, ma produce anche una sedimentazione di discorsi sull'inferiorità di questi popoli e sul primitivismo da cui bisogna emanciparli, discorsi che è possibile rintracciare ogni volta che il colonialismo entra in azione.

 
Di comidad (del 11/11/2006 @ 00:00:00, in Manuale del piccolo colonialista, linkato 4458 volte)

Il colonialismo è una tecnica di dominio che si riproduce con precise costanti nel corso della Storia. Queste prime voci costituiscono l'avvio della stesura di un manuale a riguardo. Chi fosse interessato, può anche fornire il suo contributo. Comidad

4 - Colonialismo e libero mercato

Uno dei miti capitalistici più resistenti è quello del libero mercato. È un mito caro al dominio perché offre a chi lo difende argomenti di concretezza darwiniana, mentre lascia ai suoi critici gli argomenti di un moralismo pauperistico. In realtà il libero mercato non è mai esistito.

Un esempio piuttosto interessante è quello dell'avvio della rivoluzione industriale negli Stati Uniti. Questa rivoluzione è cominciata nel settore tessile, e in particolare nella produzione di cotone che veniva prodotto a basso costo; e questo non certo a causa di "dinamiche di mercato", ma perché era stata sterminata la popolazione indigena ed erano stati introdotti gli schiavi. Genocidio e schiavitù sono quindi alla base del "libero mercato". Anche altri paesi che avevano tra le loro risorse il cotone provarono ad avviare la loro rivoluzione industriale, ma non andarono lontano perché l'Inghilterra aveva le armi e li bloccò con la forza.

L'Egitto, per esempio, aveva il cotone e aveva avviato la propria rivoluzione industriale intorno al 1820, circa all'epoca in cui l'avevano iniziata gli Stati Uniti. Ma la Gran Bretagna non tollerava concorrenti nel Mediterraneo orientale, così lo fermò con la forza.

Il Bengala è stato uno dei primi territori colonizzati dalla Gran Bretagna nel XVIII secolo, descritto dal colonizzatore Robert Clive come un vero paradiso. Dacca, diceva, è come Londra, e infatti era chiamata "La Manchester dell'India". Era ricca e popolosa, aveva cotone di alta qualità, agricoltura, industria avanzata e molte altre risorse. Il livello produttivo era paragonabile a quello inglese; sembrava proprio avviata verso un grande sviluppo. Guardiamo cos'è Dacca oggi: "la Manchester dell'India" è la capitale del Bangladesh, il simbolo del disastro totale. E questo perché gli inglesi hanno depredato e distrutto quel paese, esattamente come fanno oggi le "riforme strutturali" [le politiche della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che espongono il Terzo Mondo alla penetrazione e al controllo stranieri].

L'India era nei fatti un vero concorrente della Gran Bretagna. Nel decennio che va dal 1820 al 1830, gli inglesi impararono dagli indiani tecniche avanzate per produrre acciaio e, all'epoca delle guerre napoleoniche, in India si costruivano navi per la flotta inglese. Gli indiani avevano un'industria tessile ben avviata e producevano più ferro di tutta l'Europa messa insieme. Ma gli inglesi deindustrializzarono il paese con la forza e lo ridussero a una povera società rurale. Ecco in cosa consisteva la competizione del "libero mercato".

Nel 1845, gli Stati Uniti hanno annesso il Texas, e una delle ragioni principali era che volevano assicurarsi il monopolio del cotone, il petrolio del XIX secolo, che era il vero combustibile dell'economia industriale. Per questo motivo la leadership americana pensò che annettendo il Texas, che era il maggior produttore di cotone della zona, sarebbe stato possibile strangolare economicamente la Gran Bretagna.

[da N.Chomsky Capire il Potere, Tropea ed. 2002, Milano]

 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


05/12/2024 @ 07:59:52
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